Mi capita spesso di essere definito un “vetero” quando nelle mie modeste riflessioni cito Marx o faccio riferimento al suo pensiero.
Ora, al di là del fatto che, a mio parere, proprio la realtà in cui ci troviamo nostro malgrado a vivere conferma l’attualità di quel pensiero (che naturalmente deve essere contestualizzato e storicizzato e non considerato una sorta di religione infallibile, immutabile ed eterna), non si capisce (si fa per dire, perché si capisce perfettamente…) perché questa critica venga mossa solo quando si cita o si fa riferimento a Marx.
Infatti, quando mi è capitato di citare Aristotele o Kant o qualsiasi altro filosofo, anche e soprattutto precedente a Marx, nessuno mi ha mai “accusato” di essere un “vetero” o un nostalgico fuori dal tempo e dalla storia. Eppure non c’è dubbio che il pensiero di Aristotele o, che so, Platone, Cartesio e tanti altri ancora, sia senz’altro più datato e sicuramente meno attuale di quello di Marx.
Ciò dimostra che il problema non è il tempo ma il contenuto. Marx è un autore tuttora considerato molto scomodo (e ne hanno ben donde…) e proprio questa scomodità è la conferma della sua attualità. Naturalmente tale scomodità non può essere ammessa perché equivarrebbe ad ammettere la sua attualità (sillogismo aristotelico, vedete a cosa serve la filosofia?… 🙂 ) e allora si ritiene molto più funzionale considerarlo un vecchio arnese arrugginito fuori dal tempo, buono tutt’al più per essere gettato in una soffitta e consegnato alla “critica roditrice dei topi” (utilizzo non a caso una frase utilizzata dallo stesso Marx in una sua celebre opera …).
L’obiettivo strategico di questi escamotage ideologici è sempre lo stesso: convincere le persone che lo status quo è immutabile e intrasformabile, che il capitalismo non è una forma storica dell’agire umano (quindi con un suo inizio e una sua fine) ma una condizione ontologica dalla quale non si può prescindere e alla quale ci si deve rassegnare.