Normalmente razzismo e xenofobia vengono confusi o sovrapposti ma in realtà sono due fenomeni in larghissima parte diversi. La xenofobia è la paura dell’altro e in questo caso è possibile “guarirla”. Perché con i fatti si può far capire che non c’è nessuna ragione per avere timore di un’altra persona o di gruppi di persone soltanto perché appartenenti ad un’altra etnia o ad un’altra razza. La xenofobia può avere cause diverse ma è assolutamente superabile. Anzi, è doveroso impegnarsi per convincere le persone a superarla e a liberarsene, con il confronto e con la dialettica.
Il razzismo, invece, è tutt’altro. E’ la concezione in base alla quale una etnia o una razza (o anche un singolo uomo) presume di essere superiore ad un’altra o a tutte le altre e per questo si sente in diritto e in dovere di sottometterla/e.
Il razzismo ha trovato la sua massima espressione, dal punto di vista ideologico, nel nazismo, ma era ampiamente presente e diffuso (anche se non ideologicamente codificato e in alcuni casi formalmente stigmatizzato) nell’Occidente liberale, cristiano (cattolico o protestante che fosse) e capitalista che per secoli ha assoggettato i popoli di tutto il pianeta, dall’Africa alle Americhe, dall’Asia all’Oceania. La deportazione e la riduzione in schiavitù degli africani negli USA è emblematica in tal senso, ma gli esempi potrebbero essere decine se non centinaia. La dominazione coloniale perpetrata per secoli dalle potenze occidentali (tutte, nessuna esclusa) ma anche da alcune potenze asiatiche (il Giappone) su tutti i popoli del mondo non sarebbe stata possibile senza un supporto ideologico fondamentalmente razzista (“Siamo qui per portare civiltà, progresso e per affrancarvi da uno stato di arretratezza e di barbarie…”) che serve a giustificare tale dominazione. Il popolo sottoposto a dominazione coloniale è quindi di fatto ma anche formalmente considerato inferiore perché barbaro e selvaggio. E’, dunque, evidente, come le radici del razzismo siano ben antecedenti al nazismo (e al fascismo), che non ha fatto altro che portarle alla luce in modo chiaro, lampante, fino alle loro estreme conseguenze, senza compromessi di nessun genere, in fondo senza ipocrisie, potremmo anche dire. E’ (anche ma non solo) per questo che c’è una continuità storica, ideologica e politica fra il nazifascismo e il liberalismo, anche se questa mia affermazione farà scandalizzare sia i liberali che i fascisti. Ma è un fatto. I nazisti non avevano nulla da invidiare ai razzisti americani (ai quali infatti si ispiravano…) e gli americani hanno trattato i neri e i pellerossa né più e né meno di come i nazisti hanno trattato le razze considerate inferiori (ebrei, russi, slavi, zingari). Lo stesso discorso, naturalmente, vale per gli inglesi, i francesi, i belgi, gli olandesi, i portoghesi, gli spagnoli e gli italiani nei confronti dei popoli sottoposti a dominazione coloniale e naturalmente vale oggi per gli israeliani nei confronti degli arabi.
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Il razzismo, dunque, non si converte ma si combatte, né più e né meno di come l’Armata Rossa o i partigiani combatterono contro i nazisti e né più e né meno di come i movimenti di liberazione nazionale in tutto il mondo hanno combattuto contro le occupazioni coloniali. Naturalmente in forme diverse a seconda dei contesti e delle circostanze storiche e sociali. Ma il senso è quello.
Personalmente, per tornare alle faccende di casa nostra, non penso affatto che la maggioranza degli italiani (e anche degli elettori della Lega) siano razzisti. Al contrario, penso che siano persone per lo più sprovviste di coscienza di classe, che hanno interiorizzato, anche a livello psicologico, la sconfitta e il dominio del capitale e delle classi dominanti, e per questo rifiutano l’idea di dover spartire la già striminzita fetta di torta che è stata loro lasciata, con gli immigrati. Dal momento che, come già detto, non hanno più un barlume di coscienza di classe, invece di prendersela con quelli che quella torta se la sono già pappata e continuano a papparsela, cioè i padroni del vapore, se la prendono con quelli (che stanno molto peggio di loro) con cui dovrebbero dividersi le briciole.
Ma questo non ha nulla a che vedere con il razzismo e in fondo neanche con la xenofobia, direi piuttosto con una miscela di paura (non di tipo xenofobo bensì legata alla perdita di sicurezza), e di egoismo sociale e individuale che è il risultato di quella interiorizzazione della sconfitta e del dominio sociale e umano a cui sono sottoposti, dato per scontato, come se fosse una condizione naturale e quindi inevitabile e non superabile.
Poi esiste anche il razzismo, che sarebbe sbagliato sottovalutare, ma che a mio parere è largamente minoritario. E questo, come già detto, non si può “convertire”, si può e si deve solo combattere con tutti i mezzi che le circostanze, di volta in volta, impongono.
Naturalmente l’assenza di coscienza politica e di classe, l’interiorizzazione della sconfitta e del dominio sociale capitalistico vissuto ormai come condizione ontologica e non superabile, costituiscono l’humus anche per la crescita del razzismo. Quell’egoismo sociale, quella paura e quegli aspetti xenofobi, se opportunamente alimentati, possono sfociare nel razzismo e per questo è sbagliato abbassare la guardia.
Penso che questa questione (immigrazione/razzismo/xenofobia/egoismo sociale), e la capacità di spiegare alle persone quanto sopra ho molto sinteticamente cercato di spiegare, sia tra le più importanti sfide che una potenziale nuova forza di classe e socialista si troverà ad affrontare. Un compito a dir poco arduo ma al quale non ci si può sottrarre. Alternative o scorciatoie non ce ne sono. E’ bene saperlo.
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