Disquisizione personalissima.
Pochi giorni fa ho visto (non ricordo su quale tv) un (fin troppo) lungo servizio dedicato ad Antonello Venditti. Di fatto una lunghissima intervista intervallata con i video dei suoi concerti.
Spontaneamente mi è sorta una riflessione (so di urtare la sensibilità di molti ma non posso farci nulla perché è quello che penso). E cioè: masse umane che si entusiasmano per le musiche (e i testi…) di personaggi come Antonello Venditti, Claudio Baglioni e Renato Zero, che si ammassano in centinaia di migliaia ai loro concerti e alzano lo smartphone (una volta erano gli accendini) mentre intonano le loro canzoni, potranno mai fare nella vita non dico una rivoluzione (parolone…) ma qualcosa che pur lontanamente (e sottolineo, lontanamente) gli assomigli?
La risposta è, desolatamente: NO.
Sarà un discorso da vecchio, me ne rendo conto (non è che l’essere giovani garantisce di essere nel giusto, sempre e comunque…) ma ai miei tempi (i “famigerati” anni ’70) molti giovani si entusiasmavano per i concerti dei Clash o dei Pink Floyd, ai quali peraltro cercavano di entrare senza pagare il biglietto perché ritenevano che quello di ascoltare della buona musica, (e quella lo era senz’altro…) fosse un diritto non commerciabile. Esattamente come il diritto alla salute o all’istruzione, ma erano altri tempi…
Migliori di quello attuale, su questo non c’è dubbio, anche se pure questo è un altro discorso da vecchi. Ma, anche in questo caso, non è affatto detto che lo scorrere del tempo sia sempre e necessariamente sinonimo di progresso…
Foto:In Media Rex (da Google)