Foto: Eunews (da Google)
Le elezioni presidenziali in Venezuela hanno riconfermato il presidente uscente, Nicolas Maduro, malgrado le banditesche minacce dell’imperialismo USA. Il popolo venezuelano – contrariamente ai boriosi intellettuali da salotto occidentali – si è dimostrato colto e consapevole; il paese sudamericano attraversa un momento di grave crisi economica, ma il maggior responsabile sta a Washington; CIA e Pentagono meritano di finire sul banco degli imputati. Le sanzioni ed il terrorismo della destra neoliberista rischiano di sbudellare il tessuto sociale della nazione, i primi ad esserne consapevoli sono proprio gli operai, i contadini e gli abitanti dei quartieri poveri di Caracas disprezzati in quanto populisti dai giornalisti nostrani prezzolati di La Repubblica e Il Fatto Quotidiano (e più o meno tutti gli altri…). C’è poco da gioire, il governo deve reagire mostrando all’oligarchia il pugno di ferro.
Il presidente Maduro ha dimostrato di avere la schiena dritta, dobbiamo riconoscerlo rendendogli il dovuto merito, non cedendo, a differenza d’altri, alle minacce dell’imperialismo. Detto questo, i sostenitori sinceri della Rivoluzione venezuelana debbono prendere atto dell’assurdità di qualsiasi compromesso con i settori meno terroristici dell’oligarchia, in primis quella religiosa, prima evangelica ed ora cristiana. La stessa boli-borghesia rappresenta un baraccone corrotto, lontanissimo dalle istanze popolari. Andrebbe messa in condizioni di non nuocere, possibilmente con le buone oppure – obtorto collo – con metodi più incisivi.
Fa bene uno studioso marxista come James Petras, ad indicare almeno due problemi:
- Il socialismo non può costituirsi in una nazione relativamente isolata quindi è necessaria l’esportazione – quanto meno su scala regionale – del processo rivoluzionario. Il patriottismo anti-occidentale bolivariano è un modello di sviluppo antimperialistico sostenibile per una parte importante dell’universo post-coloniale, quindi una sua declinazione ‘’nazionalistica’’ – il contrario di ciò che teorizzò Chavez – sarebbe tanto inopportuna quanto inspiegabile.
- Il sistema socio-economico va diversificato quindi la transizione da un regime neo-liberista fallito ad uno Stato sociale dinamico presenta diverse e molteplici declinazioni del conflitto di classe. In questo momento la contraddizione principale è fra il patriottismo anticolonialista e l’oligarchia ‘’vendi patria’’ al servizio di Washington. Ci si può fidare dei mediatori europei? Zapatero – giustamente sbeffeggiato da Chavez – non è l’interlocutore ideale per chi vorrebbe chiudere con le ruberie capitalistiche.
La democrazia venezuelana, messa a punto da Hugo Chavez, è una delle più avanzate del mondo; partecipata, popolare, il sistema elettorale (seguendo Jimmy Carter) è trasparente, rende impossibili ‘’brogli’’ ed altri trucchi di bassa lega. Maduro è il presidente eletto, però la sua elezione merita una duplice analisi. Leggiamo il sociologo marxista James Petras: “la participación bajó a 48 o 49%” y “si analizamos los abstencionistas, están concentrados en los barrios acomodados, donde la abstención alcanzó el 80 y 90%”. Pero “incluso la abstención en Venezuela es mucho menor que la abstención en Estados Unidos, donde vota un 30 o 35% de los electores”, destacó. Al mismo tiempo dijo que “el voto fue contra (Donald) Trump, contra las oligarquías, contra los golpistas” o sea “fue un voto democrático, nacionalista, más que otra cosa”. Por lo tanto, “debemos estar muy satisfechos por un lado por la amplia participación” y por otro “esperamos mejores prácticas económicas por parte de Maduro, una rectificación sobre algunos aspectos económicos y más esfuerzos en involucrar al pueblo en la diversificación de la Economía” 1. Ci sono diversi errori – alcuni anche gravi – da correggere: (1) il fascismo della destra deve essere messo al bando. La Guardia Bolivariana concentrerà i suoi sforzi nella protezione dei quartieri realmente proletari?; (2) il Venezuela ha la possibilità di sviluppare una economia mista, facendo leva su differenti settori produttivi. Il petrolio è importante, ma non è tutto.
I media di regime contro il governo venezuelano
L’isolazionismo di Trump si è rovesciato nell’anacronistico rilancio della Dottrina Monroe, facendo della politica sudamericana una sorta di ‘’pendolo’’; dal progressismo al conservatorismo e, dopo qualche anno, viceversa. Stiamo assistendo alla restaurazione conservatrice, conseguenza diretta del neo-monronismo di Washington. La giornalista Stella Calloni ha rivelato, con un eccellente articolo, il piano segreto del SouthCom per rovesciare la Repubblica Bolivariana del Venezuela. Il documento, pubblicato dalla Rete Voltaire, mette a nudo l’ipocrisia dell’Alt Right ‘’yankee’’ e dei suoi sprovveduti sostenitori. La Calloni dà una autentica lezione di giornalismo agli analisti fasulli italiani: ‘’Nel documento si analizza la situazione attuale, si ratificano la guerra contro il Venezuela e lo schema perverso di una guerra psicologica che utilizzerà mezzi come la persecuzione, le molestie, le infamie, non solo per farla finita con i dirigenti politici, ma anche per prostrare la popolazione’’ 2. Continuando la lettura capiamo perfettamente perché il ‘’giornalismo di regime’’ è sfacciatamente, rendendosi molto spesso ridicolo, filo-USA: ‘’Se si vuole andare più a fondo nell’arte della perversione contro-rivoluzionaria, basti leggere la parte del documento in cui si raccomanda di «diffamare il presidente Maduro, di ridicolizzarlo e presentarlo come esempio di goffaggine e incompetenza, un fantoccio agli ordini di Cuba».’’; ‘’Si suggerisce anche di esacerbare le divisioni tra i membri del gruppo al potere, di rivelare le differenze fra il loro livello di vita e quello dei loro sostenitori, di fare in modo che queste differenze si accentuino’’. La lotta contro la manipolazione della verità è parte integrante del conflitto di classe. In questa guerra – cyber-guerra? – TeleSur ed HispanTV agiscono da perfette avanguardie popolari; dall’avanguardia partitica alla cyber-avanguardia ‘’virtuale’’. Chavez comprese quest’aspetto, atipico ed un tempo inimmaginabile, della conflittualità sociale nel ventunesimo secolo.
I colpi di Stato si fanno coi carri armati, ma il ‘’giornalismo di regime’’ è un’arma da guerra quasi più efficace delle dittature militari:
‘’In quanto alla propaganda mediatica, il piano vuole incrementare la diffusione nel Paese, nei media locali e stranieri, di messaggi costruiti su testimonianze e pubblicazioni dal Venezuela, usando qualunque mezzo, inclusi i social network, per disseminare messaggi che «veicolino attraverso i media la necessità di mettere fine a questa situazione, ormai insostenibile».
In uno degli ultimi paragrafi del documento si parla di garantire, o addirittura di mostrare, l’uso da parte della dittatura di mezzi violenti, per acquisire l’appoggio internazionale, utilizzando «tutte le competenze dell’esercito degli Stati Uniti nella guerra psicologica».
In altri termini si tratta di costruire scenari fondati su menzogne, montaggi di notizie, foto e video truccati, insomma di utilizzare tutti i mezzi già usati nelle guerre coloniali del XXI secolo’’
La CIA, senza scribacchini come Saviano, funzionerebbe male; il Giornalismo Venduto e l’Intelligence Corrotta diventano tutt’uno, la dipendenza è reciproca. Senza costruzioni fantasiose e svincolate dalla realtà le guerre partirebbero accompagnate dal malcontento popolare, chi dirige la danza non saprebbe gestire contestazioni ‘’in eccesso’’. La Fondazione Clinton vuole colonizzare la rete, Israele la segue a ruota; il mondo antimperialistico – Venezuela in testa – sta reagendo nel miglior modo possibile. Il merito della vittoria, un autentico trionfo popolare, se lo dividono i barrios e TeleSur (aggiungerei anche Aporrea); gli ultimi d’un tempo, adesso persone colte e consapevoli, ed i maestri del giornalismo investigativo. L’Italia, a causa della sua sudditanza nei confronti dell’alleanza atlantica, riempie gli ‘’albi professionali’’ con spacciatori di bufale salariati.
Il popolo venezuelano ha confermato il PSUV, ma questa vittoria dovrà affermarsi nel lungo periodo nela direzione di una svolta radicale in senso pienamente socialista, troppe volte rimandata.
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