Foto: AsiaNews (da Google)
Il capitalismo occidentale ha ingaggiato una vera e propria guerra contro i popoli africani. La sinistra globalista ha fatto proprio il progetto neoconservatore del caos creativo, mentre la destra propone di risolvere il problema dell’immigrazione costruendo lager per migranti. Alla fine destra e sinistra neocon si ritrovano dalla stessa parte: l’imperialismo distrugge l’Africa e gli immigrati diventano carne da macello dopo essersi visto devastato il proprio paese.
Il capitalismo pianifica, il processo di concentrazione dei capitali porta alla creazione di luoghi in cui la borghesia occidentale decide il da farsi. Quindi ci sono due progetti che pendono sulla testa degli immigrati, uno di destra (neofascista) ed uno di “sinistra” (globalista), complementari e cinici entrambi. Che cosa dicono? La ‘’sinistra’’ vorrebbe – utilizzando le ONG, emanazione del gran capitale privato transnazionale – sbudellare gli Stati nazionali (le cui Costituzioni sono figlie della lotta contro il nazifascismo) creando tante comunità etnicamente orientate in contrasto fra loro, e questo permetterà alle oligarchie finanziarie di continuare ad accumulare profitti sulla pelle dei lavoratori. La destra (questa volta senza virgolette) chiude i migranti in campi da macello, utilizzandoli per loschi esperimenti burocratici e repressivi, in pieno stile neonazista. Tanto la sinistra globalista quanto la destra neofascista non disdegnano di consegnare i diseredati del mondo, vittime del sistema capitalistico occidentale, in pasto alle mafie africane, ben manovrate dai servizi di intelligence israeliani e statunitensi, come la spietata Ascia Nera nigeriana. C’è un grande assente in difesa dei popoli africani: il movimento operaio e i movimenti di liberazione nazionale anticolonialisti e antimperialisti (la sinistra radical chic bolla come ‘’terroriste’’ le poche guerriglie rimaste…). Quale sarà, dunque, il futuro di questi popoli con un grande passato di lotte alle loro spalle? Un antimperialista europeo dirà ‘’Dobbiamo far saltare il progetto etnicista di Soros integrando gli immigrati nei movimenti anticapitalisti, anti-NATO ed anti-UE, così li terremo fuori dal letame delle ONG, veri nemici della lotta di classe’’. Tutto giusto, però nel breve periodo quale soluzione possiamo dare a questa gente dato che i tempi di radicalizzazione non sono – come la gruppettistica trotskista sostiene – sempre brevi. Una speranza per l’Africa viene proprio dallo Stato ‘’socialista’’ cinese. La Cina non è più quella di Mao Tse Tung, malgrado ciò chi scrive si ostina ad attribuirgli una carica progressiva e progressista. La spinta rivoluzionaria del 1949 fu uno scossone enorme per la borghesia e l’imperialismo, sconfitti ed umiliati dal genio politico e militare di Mao. In una certa misura, quella spinta non si è esaurita ed ovunque il gigante asiatico penetri, favorisce un processo di modernizzazione complessiva. Pechino è attualmente il nemico numero uno del gendarme USA, quindi in questa fase svolge un ruolo molto importante.
La Cina non è un paese capitalistico nel senso tradizionale del termine, e non c’è mai stata nessuna controrivoluzione “neoborghese” come quella avvenuta nel 1989 nell’URSS (tragedia per la classe operaia mondiale). Come spiegò Leon Trotsky ‘’non si può girare il film del riformismo al contrario ‘’. Il capitalismo viene restaurato dall’imperialismo, non dalla burocrazia interna. Questa è la grande lezione di Trotsky purtroppo cestinata dai ‘’trotskisti’’ che opportunisticamente abbandonarono la sua direttiva sulla difesa incondizionata (con il dovere politico di formare milizie popolari ed antifasciste) dell’Unione Sovietica. Cos’è oggi la Cina in politica estera? Si tratta di uno stato sub-imperialista antiamericano che, a differenza dei predoni USA, preferisce costruire rapporti di scambio e cooperazione con gli stati ex coloniali. Il capitalismo, come sappiamo, non funziona esattamente così, per questa ragione le sue dinamiche espansionistiche hanno uan loro specificità. Di base, non amo l’espansionismo nazionale, ma in assenza di movimenti rivoluzionari africani non vedo altre soluzioni. Bisogna appoggiare la penetrazione cinese in Africa con la finalità di strappare il vecchio continente al Fondo Monetario Internazionale, agli imperialismi occidentali ed alla stessa borghesia stracciona italiana. Le contraddizioni di classe (e il conflitto di classe), piaccia o no, in questa fase storica, si sono declinati anche sul piano “geopolitico”: c’è chi non vuole un mondo multipolare (USA, GB, Israele ed i loro alleati europei, neofascisti compresi) e chi vuole democratizzare le relazioni internazionali. Non si tratta soltanto di grandi nazioni, come Russia e Cina, ma anche della Cuba socialista (malgrado il processo di burocratizzazione in corso), il Venezuela chavista e anche diverse guerriglie antimperialiste come, ad esempio, le FARC-EP. Il problema della migrazione va risolto dentro questo conflitto prediligendo l’asse degli Stati non allineati. La “sinistra cosmopolita” – al contrario – consegna i migranti fra le braccia di Soros, il ‘’mago imperialista’’. La Nigeria, se davvero volesse combattere la mafia dell’Ascia Nera (fomentata da Soros), dovrebbe allearsi con l’Iran, ma la borghesia compradora preferisce farsi meretrice dell’Arabia Saudita. Gli iraniani, oltre a garantire il diritto d’asilo politico ai profughi afghani, irakeni, siriani e palestinesi, sono campioni mondiali di lotta alla criminalità organizzata. Non mi sembra poco.
La Cina ha stretto accordi vantaggiosi col sud del mondo mettendo alla porta l’imperialismo USA; il suo modello anti neoliberista verrà esteso all’Africa? Questo dato è di buon auspicio: ‘’Il governo cinese ha deciso di intraprendere una campagna sistematica su larga scala di eliminazione della povertà già dal 1986. Il numero di cinesi indigenti è crollato da 250 milioni del 1978 ai 26,1 milioni del 2004’’ 1. La Cina è una speranza? Vedremo, se saprà offrire a questi popoli un futuro più prospero, libero dal neoliberismo e dall’imperialismo occidentale. Gli africani hanno il diritto/dovere di difendere la loro terra prendendo a calci nel sedere le multinazionali affamatrici. L’Italia stessa è un paese imperialistico, le sue imprese statali agiscono per conto della classe capitalistica transnazionale – non hanno nulla da dividere con il “sogno borghese” di Enrico Mattei, sono meretrici delle ‘’sette sorelle’’ – e ovunque arrivino i militari italiani la libertà viene strangolata. Sostenni nel 2004 i Resistenti irakeni quando colpirono anche i militari italiani, ma in assenza di una resistenza sul modello di quelle islamiche debbo – rischiando di beccarmi l’accusa di ‘’campismo’’ – guardare alle strategie geopolitiche di Pechino come ad una istanza progressista, in questa fase indispensabile. Non ci sono alternative, c’è una scelta di classe ed un’altra geopolitica da fare. Bisogna avere il coraggio di fare delle scelte politiche mettendo da parte l’ipocrisia della “sinistra politicamente corretta e compatibile”, vera rovina della Sinistra di classe. Le lotte di classe antimperialiste e socialiste torneranno, spero presto, sulla scena, ma questa fase di transizione, più o meno lunga, ci impegna a ridefinire il quadro delle relazioni e delle alleanze internazionali. L’est ed il sud del mondo sono in questa fase gli alleati tattici, l’imperialismo occidentale e dei suoi alleati in loco è il nemico.
Il marxista Samir Amin ci ha spiegato che: ‘’L’ambizione del popolo cinese, sostenuta dal suo Stato dal 1950 fino ad oggi, è di vedere la Cina giungere al livello di potenza indipendente, rispettata, attore attivo nel forgiare il mondo, offrire al suo popolo condizioni di vita onorevoli rese possibili dal progresso della scienza moderna. Questa ambizione è legittima e deve essere sostenuta da tutti i popoli del Pianeta’’ 2. L’Africa – seguendo l’autorevole marxista egiziano – avrebbe, così facendo, una doppia ragione per seguire il modello antimperialista cinese. Si tratta di un modello per tutta la sinistra terzomondista, come scrive James Petras:
‘’L’esperienza della Cina offre lezioni ai futuri governi di sinistra latinoamericani. Innanzitutto, la Cina sottolinea la necessità di una crescita economica equilibrata, al di là dei benefici a breve termine derivanti dal boom delle materie prime e dalle strategie consumistiche. In secondo luogo, la Cina dimostra l’importanza dell’istruzione tecnica professionale e dei lavoratori per l’innovazione tecnologica, al di là della scuola del business e dell’educazione “speculativa” non produttiva, così pesantemente enfatizzate negli Stati Uniti. In terzo luogo, la Cina bilancia la spesa sociale con investimenti nelle attività produttive principali; competitività e servizi sociali sono combinati. Crescita e stabilità sociale della Cina, l’impegno per l’apprendimento e a superare le economie avanzate hanno importanti limiti, specialmente nelle aree dell’uguaglianza sociale e del potere popolare. Qui la Cina può imparare dall’esperienza della sinistra dell’America Latina. I progressi sociali del Presidente venezuelano Chavez sono degni di studio ed emulazione; i movimenti popolari in Bolivia, Ecuador e Argentina, che hanno espulso i neo-liberali dal potere, potrebbero intensificare gli sforzi in Cina per superare il nesso business-saccheggio e fuga di capitali. La Cina, nonostante i limiti socio-politici ed economici, ha resistito alle pressioni militari statunitensi e le ha persino ‘rovesciate’ avanzando in occidente.’’ 3
Una soluzione per l’Africa: più Chavez, più Mao Tse Tung e fuori la “sinistra cosmopolitista e sorosiana”. L’evoluzione del conflitto di classe porterà a smascherare questa “sinistra” ponendo dalla stessa parte i lavoratori europei e i settori più avanzati degli immigrati. Il conflitto di classe non ha nulla a che vedere con un antifascismo ipocrita e di maniera della “sinsitra” liberale e politicamente corretta. La destra vorrebbe alzare il livello dello scontro realizzando il progetto neocon della “guerra di civiltà’’, ma questi delinquenti razzisti e neofascisti non si rendono conto che questa politica scellerata porterà a far scoppiare fra le loro mani la bomba sociale da loro stessi costruita. Con le poltiche repressive e razziste da essi proposte che scavano un fossato incolmabile con i popoli coloniali o ex coloniali, addio “vacanze esotiche” dei turisti occidentali che potrebbero a quel punto trasformarsi in un incubo.
La Cina, con la sua politica estera e il ruolo che obiettivamente si sta ritagliando a livello mondiale, potrebbe oggi portare ad un riequilibrio dei rapporti di forza e anche contribuire con il tempo, direttamente e indirettamente, alla risoluzione di talune quesitoni, fra cui anche quella dell’immigrazione.
La ‘’sinistra globalista’’ vorrebbe tante micro-comunità etniche e s-politicizzate, il suo obiettivo è quello di foraggiare uno scontro fra ‘’comunitarismi organicistici’’ disorientati. Questo progetto esiste, negarlo sarebbe controproducente quindi ritengo – malgrado i tabù esistenti a sinistra su questo tema – che un governo popolare di emergenza dovrebbe democratizzare il diritto internazionale (questo significa rinunciare al militarismo ed alla repressione indiscriminata, senza dismettere il controllo democratico del territorio) garantendo il diritto all’asilo politico mediato con le esigenze dei lavoratori autoctoni. L’antirazzismo è fondamentale, e proprio per questo è ancor più fondamentale uscire dalla NATO, perno delle guerre imperialiste che generano la tanto discussa, immigrazione incontrollata (dannosa prima di tutto per chi emigra, sia chiaro…). La Cina è, alla luce di queste considerazioni, un partner necessario da cui non possiamo prescindere. Ne vale il futuro dei lavoratori di tutto il mondo e dell’indipendenza delle nazioni, in particolare di quelle aggredite o sotto la minaccia di aggressione da parte del neocolonialismo.
http://www.resistenze.org/sito/os/mp/osmp7g06-001792.htm
http://www.resistenze.org/sito/te/pe/dt/pedthn04-019758.htm
https://aurorasito.wordpress.com/2018/01/12/perno-della-cina-verso-i-mercati-mondiali-perno-di-washington-verso-le-guerre-mondiali/