Foto: Studio legale Mariano Summa (da Google)
Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Ai tempi di Marx il proletariato era di ordine prevalentemente materiale, nel senso che la società era sostanzialmente determinata dai mezzi e dai rapporti di produzione. Oggi i mezzi di produzione sono in gran parte smaterializzati (l’informazione, l’immagine sono il cuore dell’economia), quindi il proletariato consiste più che nell’indigenza (c’è abbondanza di beni che si autoproducono, anche se ovviamente distribuiti in modo ineguale) nell’essere cittadini di serie B, socialmente inutili non essendo più necessario l’essere umano alla produzione.
Nella società dell’informazione, dove la maggior parte di noi vive ancora sopra il livello di sussistenza, quella condizione è legata principalmente alla mancanza di funzione sociale degli uomini.
Il Capitale Globale, che pretende di incarnare il migliore dei mondi possibili, ha appannato soprattutto il ruolo dei maschi nella società, sempre astratto, fragile e precario. Nel lavoro, che con nuove forme di sfruttamento svilisce la loro dignità come in altri ambiti, in cui potrebbe dare un significativo contributo alla collettività.
Ma è solo la narrativa consumistica a non vedere un senso in tutto questo, o meglio a non volere che gli uomini lo vedano. Anche spinti dalla necessità, gli uomini stanno lentamente ma risolutamente sviluppando una nuova coscienza.
Il ruolo dell’uomo contemporaneo è quello di incarnare una rivoluzione –non-violenta – e fondare un mondo migliore. In un’epoca in cui tutto è smaterializzato, anche il lavoro e i mezzi di scambio, questa rivoluzione si situa essenzialmente nel campo delle idee.
Per promuovere il consumismo, secondo uno schema già teorizzato da Saint-Simon, il Capitale dissolve i valori fondanti della società e governa col caos. Dobbiamo volgere questo a nostro vantaggio.
Un sistema basato sul caos non ha coerenza interna per durare; la vera rivoluzione consiste nell’immettere nel sistema dei fattori di stabilità e vivibilità. E anche di diversità, essendo il pluralismo un altro nemico della grigia monocultura consumista.
Il disordine alimenta il caos, quindi il sistema, che ama le barricate al punto da crearne di false se mancano. Teme invece moltissimo che la gente si associ, perché agire insieme è un primo fattore di stabilità che dà forza al popolo.
Il primo passo da compiere è dare intelligibilità al caos creato dal sistema, che ad uno sguardo più attento rivela un alto grado di coesione e di unità: come intuì Ellul, la propaganda richiede la sinergia di tutti i mezzi di comunicazione e la regia degli eventi sociopolitici, è l’intera cultura in azione.
Già dare un senso alla sovrabbondante informazione in cui siamo immersi è un formidabile colpo al sistema, che con essa ci mantiene in uno stato di apatia ed impotenza.
Questo aiuterà a sviluppare una piena coscienza maschile e civile.
Il passo successivo è quello di creare realtà sociali alternative, pacifiche e vivibili, modello della società futura che prenderà il posto dell’attuale, quando imploderà per le sue contraddizioni interne.
Sarebbe un errore perdere tempo ad assumere il controllo dei declinanti apparati di potere. Quando dei manifestanti occuparono la prefettura di Milano, Togliatti rispose: “E adesso che ve ne fate?”
Il governo è sempre una relazione con il popolo, intercettare le correnti vitali di una società creando un adeguato ambiente a servizio della collettività.
Esistono già diverse realtà che cercano di ideare un mondo a dimensione più umana, fondato su eguaglianza e giustizia sociale. Cominceremo da lì?