L’impossibilità di identificarsi in simboli condivisi che rappresentino un’idealità non meramente individualistica o materialistica è divenuta prassi quotidiana. Nel contempo, il dissenso nei confronti della classe politica ha raggiunto livelli inauditi. Quanti di noi non si sentono in alcun modo rappresentati dai politici contemporanei? A giudicare dal numero di coloro che non votano, o votano senza essere affatto convinti, o votano con motivazioni di basso profilo, siamo tantissimi. Il numero aumenta in maniera esponenziale se consideriamo anche gli elettori che, negli ultimi anni, ed ancora oggi (sia pure per partiti diversi), hanno proiettato la loro fiducia su gruppi politici che si sono mostrati poi del tutto inadatti a sostenere il ruolo che molti si aspettavano che loro assumessero.
In questo quadro storico, credo sia dunque legittimo distogliere lo sguardo dalla classe politica e rivolgerlo al cosiddetto “popolo” degli elettori. Si tratta di un’operazione necessaria, poiché occorre pensare e sostenere con forza l’idea di un filo di continuità non staccabile fra classe politica e cittadini. Dunque, se sono venuti meno gli elementi di identificazione collettiva nei partiti e nei leader politici, tutto questo non può non avere una causa importante all’interno dello stesso tessuto socio-culturale del nostro Occidente.
Mi sembra, pertanto, del tutto ovvio e necessario porre la domanda che ritengo decisiva in questo preciso momento storico. Tanto più importante ove si consideri che la situazione di crisi della rappresentanza non riguarda – appunto -, soltanto il nostro paese, ma attraversa in maniera diffusa e trasversale l’intero mondo occidentale. E la domanda è la seguente: che cosa uscirà dall’immenso spazio vuoto che si sta aprendo e dilatando sempre più nel mondo socio-politico contemporaneo? Il vuoto di senso attraversa da parte a parte un mondo politico che oscilla dal “politicamente corretto” della sinistra, spesso ipocrita e vassalla dei grandi potentati della finanza europea e mondiale, alla xenofobia aberrante e ottusa della destra, assolutamente povera di contenuti che non siano reattivi e spesso assolutamente sciocchi, per non parlare di gruppi ondivaghi ed opportunistici che non sanno neppure loro a quale santo votarsi, sta raggiungendo livelli che assai a fatica possono essere tollerati da una coscienza individuale, a sua volta, sempre più sofferente.
Con la loro collocazione strategica e la connessa incapacità di dare un senso concreto ai bisogni reali degli uomini, questi schieramenti stanno sottoponendo le comunità occidentali ad una prova che non ha alcun precedente storico. E la situazione è tanto più grave in quanto il tutto è ammantato da una retorica fastidiosa e ideologica che vanta la libertà come un elemento decisivo dei nostri sistemi politici.
In questo quadro, mi chiedo, quanti sono fra noi coloro che, consapevoli di tutto questo, ma impediti dal fare alcunché, saranno destinati a subire, come tutti gli altri i danni e le conseguenze, della colossale stupidità contemporanea?
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