Fonte foto: Huffington Post (da Google)
La vulgata italiana, ma direi anche europea, delle primarie rappresenta uno strenuo tentativo di rianimare una democrazia sempre meno tale poiché omologata nell’unico agire.
Il “pensiero unico”, così come spesso viene definito, è mascherato di “estetica democratica”, ma è antidemocratico nella sua essenza, poiché non può vantare alcun confronto ideale e, semmai una dialettica ancora esistesse, risulterebbe del tutto marginale, tanto da non entrare in alcun modo nella possibile competizione elettorale. Gli agenti della comunicazione, infatti, ne impediscono totalmente la diffusione, schernendone la credibilità nel nome della tecno-finanza dispiegata.
Questo nostro presente, come tu hai tante volte ben sottolineato, è un ritorno ad un passato medievale ove la convivenza sociale era scandita dalle classi. Ora non sono più – è vero – i titoli nobiliari a determinarle ma la ricchezza finanziaria. Si ripresenta pertanto – in questa sorta di rifeudalizzazione della società – la sclerosi perfetta del mondo sociale: la società appare immobile, cancellando nel profondo il possibile avanzamento e la stessa eguaglianza – ciò che rappresenta le caratteristiche irrinunciabili della democrazia.
Ecco perché le primarie, a mio avviso, senza un ideale alternativo interno e dialettico da “mettere in conflitto”, sono solo uno strumento che continuano a giustificare l’esistente. Esse danno la sensazione di partecipare ad una scelta che di fatto non c’è, poiché non c’è alcuna differenza tra i competitori.
Inoltre, si vanifica del tutto la militanza politica che, sempre a mio avviso, è anch’essa l’essenza stessa della democrazia, poiché i Partiti sono i portatori di un’idea di società. Se quest’ultimi vengono vanificati, e restano delle scatole vuote, allora essi sono del tutto funzionali a quella triste finzione retorica e ideologica di cui – appunto – parlavo.