Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Ci sono battaglie sociali che dovrebbero coinvolgere tutte e tutti, poi non succede perché ho tanto da fare, in fondo mica toccano me, non si può stare dietro a tutto, tanto non cambia niente perché è tutto un magna magna
Anche i radicali – storico motore socialriformista – hanno perso smalto per le lotte antiproibizioniste, la responsabilità civile dei magistrati e la situazione carceraria, senza più la guida carismatica di Marco Pannella sembra si concentrino sul fine vita (con la “costola” dell’ass. Luca Coscioni) lasciando un po’ indietro il resto.
Per fortuna a risvegliare le italiche coscienze arriva la sezione mantovana di Non Una Di Meno, che lancia la crociata contro la pubblicità violenta della ditta INTIMISSIMI.
È violenta perché è sessista, perché il corpo della donna viene usato per attirare l’attenzione, per far immedesimare la potenziale acquirente nell’immagine pubblicitaria, per lanciare il messaggio se vuoi essere come lei indossa anche tu il reggiseno magico; in sintesi per vendere, fine unico di ogni campagna pubblicitaria. Oltretutto vendere lingérie, orrore … è noto che negli anni ’70 la battaglia femminista si conduceva anche bruciando i reggiseni in piazza.
Ma chi è l’acquirente-tipo al quale si rivolge l’azienda?
Le simpatiche pasionarie di Non Una Di Meno sono mai andate in un negozio Intimissimi, o almeno hanno dato un’occhiata attraverso le vetrine?
Più o meno il 98% di donne a contendersi i saldi ed affollare le casse, il restante 2% di uomini sono mariti e fidanzati trascinati al centro commerciale, che non vedono l’ora di uscire da Intimissimi per tuffarsi da Decathlon.
Quindi sembra che sbaglino lettura (e non solo) le amiche mantovane: l’immagine della donna non viene usata a beneficio dei porci oppressori maschilisti, ma per far desiderare l’articolo a casalinghe invidiose, donne in carriera, adolescenti sognatrici e magari qualche portatrice sana di additivi anteriori al silicone.
Sono giornali femminili quelli che pubblicano le nuove collezioni del brand, mai per biasimare ma solo per enfatici complimenti (sempre dalla parte delle donne, ci aiuta ad essere più belle)
http://www.marieclaire.it/Moda/news-appuntamenti/Irina-Shayk-intimissimi-foto#1
http://www.iodonna.it/moda/news-eventi/2016/03/14/irina-shayk-torna-con-intimissimi/?refresh_ce-cp
http://aliceweddingplanner.com/blog/intimo-sposa-le-proposte-di-intimissimi-2017/
http://www.donnaclick.it/moda/179317/intimissimi-2017-nella-collezione-primavera-estate-trionfa-il-pizzo/
http://www.pianetadonna.it/moda/nuove-tendenze/intimissimi-collezione-primavera-estate-2017.html
Un errore frequente è quello di considerare violenza maschilista l’immagine di una donna commissionata da un’azienda che produce intimo per donne e quindi rivolta ad acquirenti donne.
È frequente perché figlio di un delirio che scarica sull’odiato maschio le colpe del mondo.
Quelle che esistono e pure quelle che non esistono, l’importante e vittimizzare il femminile in quanto oppresso dal maschile, sempre e comunque.
Le fotomodelle con poca stoffa addosso sono mezzucci che umiliano la donna … stratagemmi da due soldi per catturare lo sguardo usando il corpo femminile che quindi viene strumentalizzato ed asservito alla sottocultura maschilista.
Sintetizzando: chi usa l’immagine femminile poco vestita per catturare l’attenzione, offende tutte le donne e si piega all’oppressione maschilista dilagante.
Ok, prendiamo atto.
Ma allora sorprende la distrazione di Se Non Ora Quando in occasione di tutte le iniziative delle Femen, alcune volgarotte ma pittoresche, altre decisamente volgari e basta.
Il filo conduttore che le unisce non è tanto ideologico quanto formale, squallidamente formale.
Tette al vento.
Per tutto, per contestare il Papa a Roma, Berlusconi a Milano, Putin a Parigi, Marine Le Pen a Grenoble, l’arresto di Amina in Turchia, l’omofobia a Berlino, contestazioni a politica, clero e multinazionali in dozzine di luoghi diversi …
Il morbo maschilista – dicono – è incistato nella cultura collettiva, quindi il nuovo femminismo di cui sia Femen che Se Non Ora Quando incarnano lo spirito, recita: ferma condanna all’uso del corpo femminile, peggio se con esposizioni galeotte da spacchi e scollature, o pose provocanti, o espressioni ammiccanti, etc.
Alle masse forse non è del tutto chiara la mission del gruppo Femen, ma la strategia nudista che hanno scelto ha fatto si che passasse in primo piano come protestano, rispetto a perché protestano.
Chiedete in giro: Femen? Ah, si, quelle che si spogliano.
È difficile incontrare chi dica: ah si, quelle che polemizzano col presidente ucraino.
Eppure la performance contro Yanukovich dovrebbe essere abbastanza nota perché tra le più volgari in assoluto: per esprimere disprezzo gli hanno metaforicamente pisciato in faccia.
Neanche poi troppo metaforicamente.
Con le immancabili tette al vento (è la divisa operativa delle Femen) cinque attiviste danno vita al flash mob: sistemano su di un marciapiede parigino altrettante foto di Yanukovich, vi si accucciano sopra, giù le mutandine … e la politica della vescica entra nella storia.
Non solo la minzione pubblica è strumento di protesta targato Femen, lo sono anche i falli finti sia nella tradizionale versione in gomma, sia nella neonata versione lignea crocifisso-vibratore lascivamente esibita in piazza San Pietro.
altro picco di finezza
Però, sia chiaro, le Femen aborrono goliardia e volgarità, loro rivendicano un ruolo alto e nobile, quello di divulgare un messaggio squisitamente politico.
Ma almeno ce la fanno a colorare tutte uguali le bandiere del “messaggio politico”?
Siete voi, brutti ignoranti, che pensavate fossero tette esposte per richiamare l’attenzione dei passanti ma soprattutto di fotografi e giornalisti. Vergognatevi.
È chiaro che si tratta di politica profonda e coinvolgente, di fronte alla plin-plin collettiva il pensiero corre veloce da De Gasperi a Nilde Iotti, mentre grazie a quelle che mimavano il coito col crocefisso l’afflato politico sale a livello internazionale e la prima immagine che viene in mente non può essere che Martin Luther King. Le iniziative politiche delle Femen sono parecchie, ma serve una carrellata di statisti per arrivare al livello della giovane buzzicona sorridente che palpa la statua di Trump.
L’accanimento di Se Non Ora Quando sulla pubblicità dell’intimo, messo a confronto con la curiosa distrazione sulle nudità di casa loro, è indicativo di una contraddizione di fondo del new feminism
Il messaggio quantomeno contraddittorio: se si spoglia una Femen è politica, se si spoglia una modella è violenza di genere[1].
Quindi qualcuno si arroga il diritto di decidere cosa è violenza e cosa no, cosa è opportunismo e cosa no, cosa è sfruttamento del corpo femminile e cosa no.
Perché, sia chiaro, le scritte sulla pelle nuda invece che su magliette e cartelli servono solo a rafforzare il messaggio politico, non certo ad attirare l’attenzione.
Nessuno dica che serve a strappare una foto in più o un articoletto in più, a far girare una testa in più, a far fermare una persona in più …
È la povera modella in reggiseno ad essere sfruttata per attirare l’attenzione, mica la Femen senza reggiseno.
Un tantino nazista pretendere di imporre cosa si può fare e cosa no, anzi, cosa si può pensare e cosa no.
Comunque ho imparato una lezione: sbagliano strategia le aziende che pubblicizzano intimo, costumi da bagno, creme, saponi, collant, etc.
Se fotografano una al mare è violenza, ma se si strappa il costume, si tira addosso vernice rossa e si abbraccia una foto di Giovanardi diventa un profondo messaggio politico e nessuno rompe più le scatole.
[1] Ma quella di Intimissimi, nota bene, è più vestita di qualsiasi Femen