Il risultato elettorale francese non ci sorprende affatto. Direi anzi che era abbastanza scontato. L’unica indecisione poteva essere rappresentata dalla competizione interna allo schieramento moderato, quella cioè fra il candidato “gollista” Fillon e quello “indipendente” Macron. Ma trovare delle differenze sostanziali fra i due è veramente questione di lana caprina. Tutto ciò che si può dire è che Macron, leader di un partito che è una sorta di sintesi fra “blairismo” e “renzismo” è stato in grado di interpretare meglio lo spirito della nuova destra liberista ed europeista “postmoderna” rispetto alla tradizionale destra gollista francese, ormai in fase calante. Altro, obiettivamente, non c’è.
Sull’altro versante (si fa per dire..), ancora più scontata l’affermazione del FN di Marine Le Pen, da tempo ampiamente annunciata. La mia personale previsione – ma posso sempre sbagliarmi – è che lo schieramento neomoderato, forte dell’appoggio della destra conservatrice storica e di parte di ciò che rimane dell’elettorato socialista (che, turandosi il naso, continuerà a perseguire nell’errore, e a votare per Macron) finirà per prevalere sul FN ma di misura, non con quel 62% e oltre che già i sondaggi gli attribuiscono.
Siamo quindi di fronte ad uno scontro fra due destre, una “europeista” e l’altra nazionalista e favorevole ad uscire dalla UE. Per lo meno a parole, perché la storia ci insegna che c’è sempre un fossato fra ciò che si afferma in campagna elettorale e le scelte che poi si faranno una volta al governo, in caso di vittoria. Del resto, abbiamo visto che fine ha fatto il presunto “non interventismo” di Trump a distanza di tre mesi dalla sua elezione…
Ma il punto non è questo. Ammettendo la “buona fede” e tutta la coerenza di questo mondo da parte della Le Pen, resta la natura reale del suo partito che è quella di una forza politica interclassista che ha come baricentro la vecchia borghesia nazionale declassata e spodestata dal grande capitale trans e multinazionale. Quella vecchia borghesia che ha perso centralità ed egemonia politica e che aspira a riconquistarla. Da qui la nostalgia per lo stato-nazione e la “grandeur”, cioè per la Francia grande potenza colonialista e imperialista (e infatti non era certo sulla politica estera il dissenso con Hollande bensì su come affrontare gli effetti, cioè l’immigrazione, della sua politica estera neocolonialista). Naturalmente per fare questo ha necessità di conquistare consensi fra i ceti popolari (lavoratori e piccola borghesia) impauriti e impoveriti dalla crisi economica e dall’immigrazione massiccia vissuta come una minaccia, non tanto sul piano culturale quanto su quello economico e sociale. In ogni caso, relativamente al FN, rimando a questo articolo che pur essendo datato resta tuttora valido per quanto riguarda l’analisi di quel partito: https://www.linterferenza.info/editoriali/francia-vittoria-scontata-per-la-destra/
Sarebbe dunque un errore liquidare la crescita del FN con le solite scomuniche e le solite scontate griglie interpretative adoperate dalla “sinistra” politicamente corretta e anche dello schieramento neomoderato e conservatore: populismo, neo fascismo, razzismo ecc. Il FN è sicuramente anche una forza populista e razzista (“tecnicamente” parlando non sarebbe corretto definirla fascista, ma forse da un certo punto di vista è anche peggio) ma una buona parte di quell’elettorato che l’ha votato non lo è ed è formato appunto da quei settori popolari privi di una seria, autorevole e reale alternativa di classe e socialista. Anche se oggi, finalmente (ma era troppo tardi, bisognava cominciare a muoversi prima…), qualcosina si è mosso e Melenchon, il candidato della “France Insoumise”, cioè per semplificare della Sinistra cosiddetta radicale, presentandosi all’elettorato con un programma tutto sommato credibile (anche se non privo di contraddizioni…) e comunque assai distante dalla solita scontata brodaglia “di sinistra”, ha riscosso un ottimo 19,6% prosciugando quasi completamente il serbatoio elettorale del Partito Socialista, ormai in via di estinzione. Un’ estinzione assolutamente auspicabile, per quanto ci riguarda, vista la totale subalternità e organicità di quel partito (come di tutti o quasi gli altri partiti di “sinistra” europei…) al sistema capitalista e all’ordine sociale dominante.
Ora Melenchon, se vuole essere credibile e se veramente ha intenzione di costruire una Sinistra seria e coerente in grado di riconquistare con il tempo e con un paziente lavoro il consenso dei ceti popolari”, non deve assolutamente cadere nella trappola del “turarsi il naso” e votare per Macron, cioè per la destra modernista e liberista in funzione anti Le Pen. Questo sarebbe un errore interpretativo e politico gravissimo che minerebbe alla radice la sua credibilità e la possibilità di ricostruire quel soggetto politico di classe che costituisce oggi il vero grande assente della scena politica. Al contrario, Melenchon deve avere il coraggio politico e morale di dire le cose come stanno, e cioè che siamo di fronte ad un ballottaggio che vede protagoniste due forze antipopolari e di destra (se fosse finito al ballottaggio il candidato del PS avremmo detto la stessa cosa…), pur se culturalmente e ideologicamente diverse fra loro, e che qualsiasi sarà il risultato che uscirà dalle urne fra due settimane, sarà comunque una sconfitta per i lavoratori e i ceti popolari francesi. Anche se ovviamente, anche in questo caso, ci saranno i soliti noti che faranno il tifo più o meno palesemente per la Le Pen (così come hanno fatto il tifo per Trump per poi nascondersi sotto terra alla prima – e certamente non ultima – salva di missili sparata contro uno stato “canaglia”…) perché considerata “non organica” al sistema. Del resto la madre dei gonzi è sempre incinta e non si può fare più di tanto per impedirle di partorire…
Mutatis mutandis, e con le dovute differenze, lo scontro fra Macron e Le Pen assomiglia in fondo a quello fra Clinton e Trump. Due destre che si contendono la “governance” e che non potranno che assecondare i desiderata dei padroni del vapore dietro le quinte. E come si è ammorbidito Trump si ammorbidirà anche la Le Pen, qualora risultasse vincente. La quale le Pen, non essendo una ingenua ed essendo anch’ella figlia del “postmodernismo” politico e ideologico, ha da tempo iniziato il processo di sdoganamento che compete a tutti i candidati premier dei paesi europei, cioè la “lunga marcia” verso Israele http://www.ilpopulista.it/news/20-Aprile-2017/13338/le-pen-israele-unamicizia-che-passa-da-milano.html?refresh_ce
Ben altra e molto più lunga è la strada per minare la struttura economica, politica e ideologica del sistema che ci “governa”. E non ci sono scorciatoie.
Fonte foto: Lookout News (da Google)