Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Cari compagni,
ho deciso di lasciare il Partito Socialista Italiano.
Lo faccio dopo l’appuntamento congressuale, presa visione delle direttrici del partito. Prima del congresso, dalle pagine de L’Avanti, avevo chiarito il mio pensiero. O si andava ad un rafforzamento del fronte del socialismo europeo, quindi alla creazione di un unico contenitore politico, o si faceva una scelta autonomista, che presupponeva una organizzazione diversa, meno territoriale, meno feudale, più ideologica e con un orizzonte ben definito in grado di dare risposte alle sfide del futuro.
Il congresso, invece, ha fatto l’unica cosa che non doveva fare: evitare di decidere. Si è iniziato con l’elogio dell’eterna e disgraziata rosa nel pugno, che non decollò all’epoca e non vedo perché dovrebbe decollare ora. Abbiamo proseguito, nel dibattito congressuale, beatificando quel “Campo Progressista” di Pisapia che è stato marginalizzato dalle scissioni del PD, che gli hanno tolto gran parte dello spazio politico. Abbiamo chiuso con un avvicinamento a dir poco incestuoso ai nuovi moderati di centro ex UDC. Cicchitto, intervenendo ai lavori, ha fatto bella mostra di sé, ricevendo i complimenti e l’interesse di gran parte del nostro gruppo dirigente. Ora, per quanto si cerchi di ciurlare nel manico della dialettica hegeliana, mascherando l’indecisione e la paura di scegliere auspicando una grande alleanza, per forza di cose attaccata con il nastro adesivo, “che vada dai Popolari Democratici al Campo progressista”, è evidente che la faccenda è utopica ed irrealizzabile al pari “dell’unica chiesa che va da Che Guevara a madre Teresa”. Insomma, per l’ennesima volta abbiamo perso tempo eludendo il vero nodo gordiano.
Mi rendo conto che, non avendo chiara la nuova legge elettorale, si cerchi di non sbilanciarsi. Ma uno straccio di posizione, nella vita, bisogna pure averla. Turati è una cosa, Don Abbondio un’altra.
Taluni dicono che questo congresso è stato un successo perché “crocevia di politica”. Faccio sommessamente notare che la politica si fa nell’Agorà, che è una piazza e non un crocicchio. Agli incroci, come ogni buon manuale di magia nera ci può dire, si evocano i demoni, che magari ti assecondano pure, ma poi vincono sempre loro, portandoti via l’anima…
Rimango basito perché il baricentro del partito è ancora la centralità degli amministratori locali. “Un sindaco che viene da noi” è valutato come un successo di capitale importanza. Va bene. Ma faccio notare che dei tanti “sindaci che sono venuti da noi”, la maggior parte ha preso un taxi per approdare altrove. Di tanti notabili “con i voti” che sono transitati sotto le bandiere del Psi, ben pochi sono rimasti, dopo aver fatto i loro comodi. Si persevera in un errore fatale. Dopo cento venti anni di storia ci riduciamo a lista civica. Mentre dovremmo essere un partito, che è un’altra cosa. Questo congresso ha di nuovo avallato la linea degli amministratori locali al centro. Perdiamo così in prospettiva politica e progettazione del futuro.
Resto della mia idea. Una scelta nella vita va fatta e bisogna agire di conseguenza.
Dopo tanto civismo e movimenti, presi, alla veneranda età di 42 anni, la mia prima tessera di partito. Quella del PSI. Il mio reclutamento avvenne su due direttrici precise, che mi enunciò, all’epoca, Gerardo Labellarte:
a) I socialisti sono SOLO ED ESCLUSIVAMENTE quelli iscritti al Psi
b) Il Psi è un partito di sinistra (è la sinistra) che non esce dal campo del socialismo europeo
Oggi, sentire dare del “compagno” a Cicchitto, che un tempo fu socialista, ma che è stato alla corte di Berlusconi per poi scoprirsi cattolico centrista, è deprimente. Scopriamo che i socialisti non sono più quelli iscritti al partito, ma esiste una rete trasversale di simpatie ed empatie. Non oso chiedere a cosa sia dovuta …
Faccio presente, inoltre, che l’alleanza con i radicali o con Campo Progressista rompe il fronte unitario del socialismo europeo. Questo è un fatto.
Io un minimo di spina dorsale me la ritrovo e faccio la mia scelta, etica e morale, non ravvisando più unità di intenti tra la mia coscienza, il mio modo di intendere il socialismo, e la “non linea” espressa dal congresso del Psi.
Fin qui le mie motivazioni politiche.
Ora i ringraziamenti perché, al di là delle divisioni e dei problemi, la mia esperienza nel Psi ha avuto anche molti lati positivi che vanno ricordati. Il primo va a coloro i quali mi sono stati compagni di attività, battaglie, discussione ed elaborazione teorica. Regina D’Eramo, Marco Andreini, Graziano Luppichini, Enrico Ricciuto, Roberto Bulgarini e a tutti quei compagni che hanno sostenuto il documento di Salerno e le sue conseguenze. Ringrazio il compagno Roberto Sajeva, con il quale dal fioretto siamo passati all’amicizia e i ragazzi della Federazione dei Giovani Socialisti. Sono loro il nostro futuro. Ringrazio i nostri parlamentari: Enrico Buemi, Pia Locatelli ed Oreste Pastorelli. Con Buemi abbiamo portato avanti la battaglia per salvare il Salone del Libro di Torino. Con la Locatelli abbiamo cercato di incidere sull’ultima legge finanziaria a favore dell’arte. Con Pastorelli si è fatto presente il gravissimo problema rappresentato dall’amianto a Civitavecchia. Tutte battaglie importanti. Sia lode, inoltre, al direttore dell’Avanti, Mauro Del Bue, e a tutta la redazione del nostro organo d’informazione. Per quanto scomode ed irriverenti siano state le mie posizioni esse hanno sempre trovato spazio sul nostro giornale on line. Grazie a Sandro Fontana per la sua saggezza. Grazie anche a tutti coloro i quali hanno, anche silenziosamente, condiviso e dibattuto le mie idee.
Oggi voglio stabilire anche un primato: sarò il primo che esce dal PSI senza parlare male di Riccardo Nencini. In lui ho trovato, al di là degli esiti delle scelte politiche, sempre attenzione e cortesia.
In ultimo voglio salutare coloro i quali godranno di questa mia scelta. Cari amici (compagni sarebbe troppo) ho cercato di farvi capire che la politica non è usare il bastone pesante: prima o poi arriva qualcuno che avrà un bastone ancora più pesante del vostro e ve lo suonerà in testa. In politica contano tre cose: i voti, le capacità organizzative e la visione intellettuale. Chi reputa la politica solo l’elezione di tizio alla carica amministrativa, scambia il PSI con un’azienda. Un partito che è solo capi area e forza vendita è destinato all’estinzione.
Così parlò Mario Michele Pascale
Fraterni saluti a voi tutti