Nelle parole di ieri di Bersani ci sono tutte le “ragioni” della scissione. “Non è più la Ditta”, “con Renzi non mi prendo umanamente”, “l’addio potrebbe non essere definitivo”, “credo nel centrosinistra”. Il Pd, per la componente non veltroniana degli ex Ds, nasce per prolungare, con altri mezzi, l’Ulivo a base socio-liberista ed europeista dei primi anni Novanta.
Non capiscono che il discorso del Lingotto fatto da Veltroni prefigura un partito interamente a base politica liberista, che abbandona anche i residui di solidarismo welfaristico e laburista che ancora sopravvivono in una piattaforma da economia sociale di mercato corretta con reminiscenze socialdemocratiche blande. Credono che il veltronismo non abbia la forza di conquistare il partito, che sia un fenomeno contingente che può essere distrutto con la sconfitta elettorale del 2008 e la susseguente cacciata dalla segreteria di Veltroni operata, con forza, da D’Alema. Non si accorgono che negli anni pezzi rilevanti della stessa base sociale sulla quale è stato costruito il Pd cambiano pelle.
Quel ceto medio istruito e riflessivo che negli anni Novanta forniva la base di consenso all’Ulivo chiedendo un liberalismo moderato da reti di sicurezza in caso di caduta, una ideologia dell’efficienza e della correttezza nella gestione della Cosa pubblica, un cosmopolitismo visto come motore di opportunità, esprimendo una ideologia di governismo, cioè di capacità di compromesso anche molto forte pur di rimanere dentro i meccanismi del potere, con la crisi economica degenera. L’ideologia del governismo si trasforma, con la paura di precipitare nella povertà, in conservatorismo difensivo. L’originario liberismo condito da elementi di solidarismo e l’efficientismo nella gestione degli affari e delle finanze pubbliche si trasformano in accettazione delle forme più radicali di neoliberismo, pur di rimanere agganciati al treno del potere, nel momento in cui l’Europa ci impone tale svolta.
In questa deriva, nasce il fenomeno di Renzi. Giovanilismo e rottamazione sono gli scalpi che il renzismo offre al popolo piddino per tagliare definitivamente i ponti con l’interpretazione ulivista di una sinistra moderata e di governo degli anni Novanta, ed entrare definitivamente nell’era “nuova”, senza pesi né ostacoli imbarazzanti, che potrebbero compromettere, con ricordi sbiaditi di socialdemocrazia, il nuovo “format” con il quale rimanere agganciati a potere e privilegi residui. I Sinistrati Dem, semplicemente, non capiscono la fase. Credono di essere ancora utili “coprendo” a sinistra questa operazione di svolta a destra, cercano un compromesso di sopravvivenza con il fiorentino trionfante. D’Alema, checché ne dica oggi, cerca il posto di Mr. Pesc, per uscire dalle diatribe italiche. Bersani e gli altri semplicemente una assicurazione di rimanere in pista alle elezioni. Il ragionamento della copertura a sinistra filerebbe anche, ma si scontra con la personalità, con evidenti tratti di sociopatia, tipica di Renzi. Incapace di immaginare un compromesso politico con i suoi interlocutori, Renzi vive dentro una dimensione psicologica personale di tipo salafita. Inseguendolo senza caprine la natura, i sinistrati perdono faccia, credibilità e seguito. L’unico a salvarsi parzialmente è D’Alema che, più sottile intellettualmente, capisce in anticipo l’antifona e si colloca rapidamente su una posizione di contrasto al fiorentino. Mentre Bersani ci regala le sue ineffabili metafore balbettando sul che fare al referendum, D’Alema già da mesi lavora per il No, prendendosi quella fetta i elettorato ex-Ds delusa da Renzi e rimasta ad una connessione affettiva con quell’idea di sinistra pallida che i Ds ancora incarnavano, nella loro discendenza, più attuale che effettiva, con il PCI.
Adesso, messi con le spalle al muro da un Renzi che vuole assolutamente tornare in sella, incapaci di finirlo con una strategia di logoramento che Renzi ha evitato con il congresso anticipato (mostrando peraltro più coraggio personale di loro, dimettendosi sia dal Governo che dalla segreteria) sono costretti ad uscire. Portandosi dietro le loro carabattole di sempre: l’Europa buona da riformare, gli immigrati da accogliere in quote stabilite con Juncker, l’Ulivo, il centrosinistra che fa le liberalizzazioni selvagge però, attenzione, mette in campo la social card. Sono morti che camminano, e la decomposizione gli fa perdere qualche pezzo non appena si muovono (vedi Emiliano che torna a coda bassa nel Pd). Qualcuno, magari altri morti come gli ex SEL scottiani che sognano ancora il compromesso assessorile di governo, dia loro degna sepoltura, perché in fondo per una parte della storia del Paese sono stati anche utili. Non adesso, però.