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Consiglio vivamente a tutti di leggere questa interessante e dettagliatissima analisi di Michele Nobile relativa al recente voto negli USA che ha visto Trump vincente, con tanto di dati, numeri, flussi, percentuali e quant’altro: http://www.sinistrainrete.info/estero/8441-michele-nobile-trump-vince-perdendo-meno-voti-di-hillary.html
Infatti, oltre alle analisi lucide e serie come quella già segnalata, in questi giorni ne ho lette e sentite di tutte e di più. Da una parte i richiami enfatici al senso di appartenenza di un popolo, allo spirito identitario, alla terra e addirittura al sangue, da parte ovviamente delle varie destre neopopuliste e dai variegati ambienti “rossobruni” (che poi oggi l’etichetta di “rossobruno” venga automaticamente appiccicata a chi si pone in una posizione critica rispetto all’ideologia politically correct è altro discorso…), tutto sommato scontati. Dall’altra però la vittoria di Trump è stata salutata altrettanto enfaticamente, anche da molti che obiettivamente sarebbe arduo collocare a destra (anche se poi finiscono inevitabilmente per collocarvisi) e anche da diversi comunisti (!), come una sorta di riscossa popolare antiglobalista, anticapitalista (quanto meno anti finanza mondiale) e addirittura antimperialista.
Personalmente dubito assai – per non dire che ne ho la certezza – che Trump andrà mai contro gli interessi del grande capitale (di cui lui è parte organica) e della grande finanza mondiale, né tanto più che verrà meno alla “vocazione” imperialista degli USA, necessitata dai fatti e dalla “struttura”, oltre che dalla storia, del suo paese. Certo, è altamente probabile che la sua amministrazione farà respirare un pochino gli Stati Uniti, dopo quasi trent’anni di interventismo, di guerre ininterrotte (Yugoslavia, Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, Yemen), di aggressioni e di occupazioni militari che cominciano a farsi sentire, soprattutto perché in alcuni contesti – vedi la crisi siriana – la “strategia del caos” americana comincia a mostrare la corda e anche i suoi limiti. E questo – come già avvenuto ai tempi della guerra del Vietnam – non può non comportare ripercussioni anche sugli umori della cosiddetta “opinione pubblica” interna. Ma in fondo questa alternanza di amministrazioni più o meno “interventiste” e più o meno “isolazioniste” (e comunque tutte interne alle logiche imperialiste) c’è sempre stata nella storia americana. Nulla di nuovo, quindi.
A me pare, anche e soprattutto studiando i dati elettorali, che tutta questa enfasi sia largamente immotivata e che chi celebra ideologicamente l’affermazione di Trump sia in errore. Leggendo i dati, infatti, ci accorgiamo come quella lettura del voto, basata sulla riscoperta da parte del “popolo” americano” di chissà quali radici o identità smarrite che Trump avrebbe dissotterrato e rivitalizzato, sia largamente priva di fondamento (i numeri non mentono…). Inviterei quindi tutti a una maggior cautela e moderazione nell’interpretazione dei fatti, in particolare quegli amici e quei compagni che hanno salutato con grande soddisfazione il risultato delle urne.
Andiamo a dare un’occhiata anche se, ripeto, è bene che lo facciate voi stessi.
Osservando quei dati scopriamo, dunque, che Trump ha preso meno voti dei suoi predecessori repubblicani negli ultimi 15 anni; meno di Bush jr, di MCain e di Romney. Il fatto è che la Clinton ne ha persi ancora di più di lui, rispetto a quanti ne ottenne Obama sia nel 2008 (quando fece il pieno) che nel 2012 (dove ebbe un sensibile calo ma uscì comunque vincente).
E’ ormai evidente e conclamato che una gran parte degli elettori che si erano espressi in favore di Sanders non hanno poi (legittimamente, a mio parere) confermato il loro appoggio alla Clinton. Se a ciò aggiungiamo il voto degli operai della cosiddetta “cintura della ruggine” del Midwest, tradizionalmente una roccaforte dei democratici e che stavolta hanno optato per Trump (anche questo dato, è del tutto comprensibile per le ragioni che abbiamo spiegato in questi articoli ( https://www.linterferenza.info/contributi/white-mirror/ https://www.linterferenza.info/editoriali/trump-exit/ https://www.linterferenza.info/contributi/trump-popolo-sanders-lalternativa-alloligarchia-democraticorepubblicana/ ), abbiamo ampiamente spiegato le ragioni della sua affermazione senza ricorrere ad improbabili analisi sulla riscoperta dell’identità e delle radici perdute dei “nativi” bianchi americani (che poi i veri nativi sono ben altri, o meglio, erano ben altri… ma lasciamo stare, non è ora questo il punto…). Che poi esista un’America di “pancia”, bigotta, razzista, identitaria, provinciale, chiusa, nessuno lo nega. Ma questa c’è sempre stata e forse nel passato era anche più diffusa, profonda e radicata rispetto a quanto non lo sia oggi. Di certo, i numeri ottenuti da Trump non ci parlano di chissà quale effetto trascinamento. Ci dicono invece, con molta evidenza che più che di vittoria di Trump si deve parlare di sconfitta della Clinton. Può sembrare una sottile distinzione ma non lo è affatto.
Trump prende il 25,8% sul totale degli aventi diritto al voto, rispetto alla Clinton che lo supera di strettissima misura ottenendo il 25,9% (ma in virtù della legge elettorale in vigore negli USA è uscita comunque sconfitta). In totale la percentuale di coloro che hanno votato è stata del 56,8% con un drastico aumento dell’astensionismo: 9 milioni di elettori in meno rispetto alle elezioni del 2008 e 6 milioni rispetto a quelle del 2012.
Quindi, come possiamo verificare, si conferma che non c’è nessun “effetto valanga” da parte di Trump né una sua particolare capacità di mobilitazione di energie e di ampliamento del tradizionale bacino elettorale repubblicano e conservatore. I suoi predecessori hanno fatto molto meglio di lui in tal senso. Quello che tutt’al più si può dire – ed è giusto sottolinearlo – è il fatto che l’elettorato tradizionale conservatore (e ancor più quello, sia pur minoritario, ex democratico, che lo ha votato), non si è creato problemi nel dare il proprio consenso a un candidato con quelle determinate caratteristiche ideologiche e “culturali”. Il che spiega, a mio parere, non tanto o non solo una “radicalizzazione di destra” dell’elettorato repubblicano o una massiccia ondata reazionaria e revanscista in corso, quanto il fatto che la retorica “politicamente corretta” non ha fatto breccia, o comunque non è stata sufficiente a convincere l’elettorato democratico, specie quello più radicale, a fare muro contro Trump. Le ragioni della sconfitta della Clinton – ribadisco – sono tutte qui. E’ altamente probabile che un altro candidato avrebbe potuto farcela, magari anche solo a convincere la parte dell’elettorato democratico più radicale a turarsi il naso, e noi saremmo qui a fare altri ragionamenti. Naturalmente quando parlo di un altro candidato non mi riferisco a Bernie Sanders, per la semplice ragione che è impossibile e impensabile che un autentico socialdemocratico possa mai diventare presidente degli Stati Uniti. Sarebbe stato sufficiente un personaggio meno screditato della Clinton e non proprio espressione diretta delle lobby, del grande capitale e dei gruppi di potere, parte dei quali ha comunque sostenuto Trump anche se lui è stato abilissimo nel costruirsi l’immagine – noi diremmo – dell’uomo “anticasta” dalla parte del “popolo”…
I dati ci dicono anche un’altra cosa. E cioè che la retorica femministarda della “prima donna, in quanto donna, alla Casa Bianca” non ha funzionato. La candidatura di Obama in quanto nero a suo tempo si rivelò invece efficace ed ebbe un poderoso effetto di “trascinamento”. La sua candidatura suscitò entusiasmo, alimentò speranze, aspettative, e in fondo è anche del tutto comprensibile. Che poi siano state tradite o che fossero fasulle fin dall’inizio, è altro discorso. Ma la proposta di un nero alla casa Bianca – sia pure come copertura ideologica priva di un effettivo riscontro nella realtà, come i fatti successivi alla sua elezione hanno ampiamente dimostrato (lo stillicidio di neri uccisi dalla polizia è proseguito a ritmi vertiginosi, così come naturalmente sono proseguite le politiche neoliberiste e guerrafondaie degli USA) – è stata accolta e riconosciuta dalla maggior parte dell’elettorato, tanto che il tasso di partecipazione al voto nel 2008, pari al 61,6%, fu il più alto dal 1972.
Inoltre, la candidatura di Trump, anche se altra rispetto al tradizionale entourage repubblicano, è pur sempre nata all’interno di quest’ultimo. Che poi lui sia stato abile a sbaragliare gli oppositori interni è altro discorso. Ma dubito assai che la maggior parte degli elettori (anche quelli repubblicani) avrebbe votato in modo massiccio per un candidato di estrema destra, espressione di un altro partito politico, fino ad eleggerlo alla presidenza degli Stati Uniti. Con questo non voglio sottovalutare in nessun modo il fenomeno del revanscismo neo populista di destra ma solo evidenziare quanto questo sia da tempo molto più crescente (pericoloso e preoccupante) in Europa ancor più che negli States. Nei vari paesi europei, infatti, non siamo di fronte a leader cresciuti all’interno dei partiti conservatori tradizionali il cui obiettivo è spostare ulteriormente a “destra” il baricentro politico del partito a cui appartengono, ma a formazioni politiche autonome ultra reazionarie e il più delle volte con venature ideologiche decisamente razziste e potenzialmente eversive (in senso reazionario…). Non è una differenza da poco, a mio parere, senza per questo voler sottovalutare il caso americano che comunque fa e farà “tendenza” anche e soprattutto in Europa.
In conclusione, non posso che ribadire, anche se può apparire scontato a chi ormai ci segue da tempo, quanto ho avuto modo di dire in tante altre occasioni. E cioè che la crescita della nuova destra populista e razzista è dovuta all’assenza di una Sinistra credibile e alla esistenza di una falsa “sinistra” del tutto funzionale e organica al sistema dominante. Ergo, per combattere efficacemente questa destra bisogna contestualmente liberarci dell’attuale “sinistra” di cui un personaggio come la Clinton è degna rappresentante, e prosciugare così il brodo di coltura della destra (che in buona parte è oggi, paradossalmente, quello che dovrebbe essere della Sinistra). Questo potrà essere possibile solo se e quando si ricostruirà un nuovo grande e potente soggetto politico di classe adeguato ai tempi. Mi pare di poter dire che rispetto a qualche tempo fa, siamo forse relativamente (ho scritto relativamente, perché siamo sempre molto pochi…) più numerosi a lavorare in questa direzione.