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Troppi, e non solo a sinistra, aspettano con impazienza il 4 dicembre, pensando che ci liberi dell’ingombrante presenza del venditore di pentole e di Etruria Boschi. Ma a decidere non sono costoro, e forse non sono neppure a conoscenza dei veri progetti di chi li ha messi al governo e li comanda a bacchetta. Per capire il nocciolo del problema citeremo due scritti, espressioni dirette delle multinazionali e dell’alta finanza.
Il 4 luglio 2013, sul Wall Street Journal, apparve un editoriale non firmato che diceva:
“Gli egiziani sarebbero fortunati se i loro generali avessero la tempra del cileno Augusto Pinochet, che arrivò al potere in pieno caos ma seppe coinvolgere dei riformatori liberali e introdusse una transizione democratica. Se il generale egiziano Abdel Fattah al-Sissi cercherà di ripristinare il regime di Hosni Moubarak, gli toccherà lo stesso destino di Mohamed Morsi.”
Chiarissimo il messaggio del capitale finanziario al generale Sissi: o fai il boia o ti cacciamo. E Sissi non se lo fece ripetere due volte.
Nel maggio 2013, Jp Morgan, storica società finanziaria (con banca inclusa) statunitense, pubblicò un documento che diceva tra l’altro: “I sistemi politici dei paesi europei del Sud e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano caratteristiche inadatte a favorire l’integrazione. C’è forte influenza delle idee socialiste” Il messaggio è: liberatevi al più presto delle vostre costituzioni antifasciste.
Due diktat, che i governi dovevano eseguire senza discutere, e l’ambasciatore USA non esita a strappare il velo ipocrita della diplomazia per ricordarlo agli italiani.
Cosa preme all’alta finanza? Liberarsi di una costituzione che, sarà pure la più bella del mondo, ma, salvo l’art. 12, non è stata assolutamente attuata? No, il problema vero è togliere l’agibilità politica e sindacale ai lavoratori, preparare catene per chi lotta effettivamente, e forse anche liberarsi del peso dei sindacati ufficiali, che sono diventati troppo costosi.
Se vince il no, Renzi verrà mandato dai suoi padroni a fare il sindaco dell’isola di Montecristo, per l’occasione separata dal comune di Portoferraio. Ma il piano esposto da Jp Morgan andrà avanti, con le buone o con le cattive. I continui rinvii del giorno del referendum molto probabilmente non derivavano da incertezze dell’esecutivo, ma dall’esigenza di preparare il dopo referendum. E’ improbabile che ci facciano trovare i carri armati nelle strade, ma ci potrà essere un nuovo governo, “suggerito” da oltre oceano, che porterà avanti un pacchetto di provvedimenti che, se lasciato passare senza lotta, metterà i ceppi per anni ai lavoratori. E non è escluso che questo nuovo governo, per ingraziarsi l’opinione pubblica, e per celare le misure vessatorie dietro una cortina di fumo, si proclami il difensore della costituzione e dica peste e corna di Renzi e compagni di merenda. Niente di nuovo. Quando la protesta della piazza travolse il governo Tambroni, appoggiato dai fascisti, la DC, coinvolta assai più dello stesso MSI, tirò fuori Fanfani, per l’occasione riverniciato da “sinistro”. Per dividere i lavoratori, si aumentarono gli stipendi agli insegnanti, fino ad allora tenuti a stecchetto, e per gli operai si riesumò il vecchio Scelba e i suoi famigerati manganelli. E fu il successivo governo Fanfani IV a reprimere la rivolta di Piazza Statuto a Torino.