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Facebook è un mezzo importante per discutere di cose serie collegialmente, per allargare la propria rete di contatti, per fare delle battaglie di principio ma ha i suoi limiti. Uno di questi è il troppo repentino cambio di umore di alcuni che non riflettono troppo sulla realtà delle cose. E’ il caso della rivista Charlie Hebdo di cui molti autori di spicco sono stati brutalmente assassinati da dei fanatici che non meritano nessuna comprensione. Ieri in molti si sono detti per Charlie Hebdo, oggi gli stessi la gettano nel secchio senza tener conto di alcune cose. La vignetta sul terremoto del centro Italia ed i nostri terremotati è rivoltante ed anche io la condanno senza se e senza ma. Questo però, a mio avviso, non è un buon motivo per gettare fango su tutta la rivista e rimangiarsi ciascuno la propria solidarietà passata. Andiamo con ordine. Nell’attentato del 2015 che ha scioccato anche me, infatti, è stato ucciso anche Georges Wolinski, che non era un pessimo autore ma un ottimo autore (suo per esempio è il personaggio di Paulette disegnato da Georges Pichard negli anni ’70 che è uno dei migliori e più interessanti fumetti di tutti i tempi). La verità, se interessa ancora a chi frequenta Facebook, è che al suo posto ed al posto delle altre vittime sono entrate altre leve più recenti, meno brave, più scorrette e sicuramente con molto meno buongusto. Con Wolinski non credo che sarebbe uscita questa pessima vignetta sull’Italia. Perché lo spirito di Charlie Hebdo era dissacrante di tante cose inattaccabili per molti ma non stupidità pura e semplice. Qualcosa è cambiato, questa è la verità. Io però preferisco ricordare più che la linea di Charlie Hebdo, che non ho mai condiviso del tutto ma mai nemmeno condannato del tutto, la figura e le battaglie del povero Georges Wolinski, che celebrava la classe operaia, criticava i padroni e faceva battaglie di principio come quella fondamentale contro la caccia. Sempre con quello spirito intelligente e graffiante che ancora mi manca e che qualcuno ha deciso di zittire per sempre.
Per cui viva la satira, quella vera e viva Georges Wolinski, che non c’è più.