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La violentissima repressione con cui il presidente turco Erdogan ha reagito al tentativo – fallito – di golpe non deve essere considerato il delirio d’onnipotenza di un dittatore fuori controllo ma, al contrario, trova la sua matrice ideologica nella faida interna alla galassia islamista neo-ottomana. I gruppi che rivendicano il controllo della società turca fanno capo alla setta Nasksibendi, da cui proviene lo stesso presidente, contrapposti ai seguaci del magnate Gulen: la meno conosciuta Organizzazione Terroristica di Fetullah.
I devoti del miliardario Gulen, attraverso una costante attività d’infiltrazione, sono giunti ad occupare i posti più importanti dello Stato: un lento lavorio basato sulla corruzione e l’inganno iniziato – secondo il leader del Vatan Partisi, Dogu Perincek – nel 1973. Nel 2016 – scrive Il Sole 24 Ore – il giro d’affari legato all’imam ultra-capitalista ruota attorno i 25 miliardi di dollari. Le informazioni sopra Gulen scarseggiano in Italia, ma il sito sinistra.ch del marxista Partito comunista del Canton Ticino, ci aiuta a ricostruire le sue attività negli Usa e il quadro che ne esce è opaco. Possiamo parlare – senza esagerare – di una sorta di Donald Trump islamico a capo di una Opus Dei iper-integralista: ‘’Stando poi alle rivelazioni rese pubbliche nel novembre 2015 dal giornale statunitense “Daily Caller”, vi sarebbero legami finanziari fra Gülen e la campagna presidenziale di Hillary Clinton, con tanto di donazioni dell’imam turco alla ex-segretaria di stato statunitense. Lo stesso presidente Barak Obama non sarebbe del tutto escluso dalla vicenda, come sembrerebbero testimoniare dei contatti fra lui e il gülenista Gokhan Özkok, presidente del “Turkish American Business Development Council”, membro dirigente del “Turkish Cultural Center” e attivista proprio della “Clinton Global Initiative”’’ 1. Il pieno coinvolgimento di Obama è una eloquente testimonianza del fallimento, su scala mondiale, della (neo) cultura liberale ormai autoridottasi a strumento ideologico del neocolonialismo.
Il fondatore della moderna Turchia, Mustafa Kemal Ataturk, dopo essersi alleato con l’Unione Sovietica sciolse tutte le tarikat, ossia le sette religiose. Ataturk si mosse su due piani del tutto complementari: (a) liberò la Turchia dal giogo imperialistico rendendola indipendente e sovrana. Per portare a termine questo ambizioso progetto adottò i piani quinquennali sovietici, espropriando la borghesia compradora delle sue, illegittime, proprietà; (b) mise al bando l’Islam politico che, già nei primissimi anni del ‘900, era un’arma del colonialismo britannico per sedare e disinnescare possibili processi rivoluzionari nelle ‘’periferie’’. In occidente, la sinistra ‘’imperiale’’ considera questo “maestro” della realpolitik alla stregua di un cinico dittatore precursore del fascismo mussoliniano ma, nel 1920, l’Internazionale Comunista e i marxisti Josè Carlos Mariategui e Karl Radek, elogiarono la sua risolutezza annoverando la rivoluzione kemalista fra i movimenti di rottura con l’ordine imperialistico a guida britannica.
Fetullah Gulen, in funzione anti-kemalista, è riuscito ad unire le due sette rivali ‘’quella denominata Nur del mistico sufi Said Nursi (deceduto nel 1960), che – clandestinamente – fu maestro di Fetullah Gülen; e quella dei Nasksibendi, il cui leader carismatico sarà l’imam Mehmet Kotku e i suoi seguaci saranno non solo Erdogan, ma anche gli ex-primi ministri Necmettin Erbakan e Turgut Özal. Quest’ultimo in particolare fu il fautore delle riforme neo-liberiste dell’economia turca’’ ( Fetullah Gülen: l’islamista che voleva sostituire Erdogan, sinistra.ch, 20 luglio 2016 ).
Sia Erdogan che Gulen militarono nella setta dei Naksibendi, ordine mistico-religioso in cui – in un periodo storico non definito – entrò a far parte l’ex numero due del leader baathista irakeno Saddam Hussein: Izzat Ibrahim al Douri. Secondo il giornalista de Il Sole 24 Ore, Alberto Negri, in quest’aspetto completamente sconosciuto della vicenda, si trova la risposta allo spinosissimo quesito: perché Erdogan si proposto come Gran Califfo ovvero padrino di Daesh? 2
Negli anni ’90, le strade di Erdogan e Gulen, camminano parallelamente. Gulen si afferma come uomo d’affari coniugando nella sua produzione ideologica ‘’capitalismo’’ ed ‘’islamismo’’; Erdogan milita nei gruppi di estrema destra, anti-comunisti ed anti-patriottici, non disdegnando lo squadrismo di bande di delinquenti delle periferie di Istanbul. Il futuro presidente turco entrò nel gruppo Millî Görüş – letteralmente Visione Nazionale – pan-turchista che si proponeva la ri-islamizzazione della società. Legato ad una ideologia molto simile al sionismo israeliano, il leader dell’AKP proclamò il primato della ‘’razza turca’’, l’Islam venne completamente stravolto a partire dalla sua anima dialogante di matrice sufista e trasformato in un’arma ideologica nella mani d’una borghesia corrotta e sciovinistica.
In occasione del 20° anniversario della Fondazione per la Gioventù e l’Educazione, Türgev, il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha pronunciato queste inquietanti parole: ‘’Lo affermo chiaramente (…) La nostra discendenza deve essere incrementata (…) Ci parlano di contraccezione, di pianificazione familiare. Una famiglia mussulmana non può avere una simile mentalità (…) Dobbiamo andare nella direzione che Dio e il nostro caro profeta ci hanno indicato (…) E in tale ambito, il primo dovere spetta alle madri’’ 3. La guerra demografica dell’AKP nel giro di pochissimo tempo è diventata una guerra politica contro le minoranze curda ed alevita, il presidente – non per nulla – ha irresponsabilmente esortato i giovani ad aderire alla lotta contro il ‘’terrorismo’’. Le analogie fra l’energumeno di Ankara e Netanyahu, il leader sionista che vuole completare la pulizia etnica della Palestina, sono molte ma, per fortuna, non sfuggono agli osservatori provvisti di onestà intellettuale come il francese Thierry Meyssan 4. Per Erdogan i veri ‘’turchi’’ appartengono alla razza ‘’turco-mongola’’ e sono musulmani sunniti; per Netanyahu i veri ebrei sono di derivazione azhkenazi – quindi non semiti in quanto appartenenti ad una antica tribù ungro-finnica – e seguono il razzista Talmud di Babilonia.
La setta Milli Gorus è molto diffusa in Germania, ma anche l’Italia tollera le sue comunità – concentrate, soprattutto, nella provincia di Milano 5 – attivissime nell’organizzazione di iniziative in sostegno della ‘’sovversione islamista’’ contro la laica Siria baathista. Domanda: Erdogan è disposto ad appoggiare la jihad connection contro i paesi europei?
Se Fetullah Gulen è, in tutto e per tutto, un ascaro degli Usa, l’attuale presidente turco persegue la creazione di un polo imperiale islamico. La matrice ideologica di entrambi – Gulen ed Erdogan – è l’islamismo radicale, una sorta di rilettura (pseudo) musulmana del Talmud sionista, tanto russofobo quanto anti-europeo. La Turchia non si avvicinerà – come erroneamente crede il Vatan Partisi – alla Russia capitalista ma, al contrario, ci sono molte possibilità che diventi il terreno di scontro fra differenti fazioni jihadiste consolidando, negli anni a seguire, il progetto, tanto statunitense quanto israeliano, di una sua wahabizzazione. In Siria, gli analisti vicini al Ba’th, hanno ben spiegato tutto ciò fin dalle primissime ore successive il fallito colpo di Stato mentre in Europa gli ‘’osservatori internazionali’’ continuano a peccare di scarsa lucidità. Come mai?
La patria di Mustafa Kemal, Nazim Hikmet e Deniz Gezmis può salvarsi dalla furia jihadista? La risposta sta nella capacità della classe operaia turca di organizzarsi rispondendo sul terreno della lotta di classe al più vile dei terrorismi, quello di Stato, da sempre impunito e, vergognosamente, assolto.
http://www.sinistra.ch/?p=5240
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-07-17/turchia-ecco-perche-golpe-e-fallito-ruolo-dell-amico-nemico-gulen-e-rottura-rapporti-gli-usa–120252.shtml?uuid=ADBlKDu
http://www.voltairenet.org/article192000.html
http://www.voltairenet.org/article187881.html
http://www.cai-milano.it/milli-gorus-italia-rende-laid-al-adha-unoccasione-dincontro/