Pannella, la (falsa) coscienza infelice del sistema

Risultati immagini per Pannella immagini

Foto: www.newspedia.it

Che quella di Marco Pannella fosse una personalità complessa, è fuori di dubbio. Parlo di quella politica, naturalmente. Complessa e, aggiungo, ambigua. O forse no. Coerente. Molto coerente.

Un cosa è sicura. Pannella non era di certo un uomo “antisistema”, nonostante l’immagine che molto abilmente si era costruito, né poteva esserlo per la semplice ragione che ne faceva parte, e a pieno titolo, da liberale e liberista qual era e dichiarava orgogliosamente di essere. Personalmente credo che sia giunto il momento di mettere seriamente in discussione l’equazione liberalismo=liberismo, che ormai fa acqua da tutte le parti, perché la storia ci ha detto con molta chiarezza che il capitalismo può affermarsi sia in presenza che, ancor meglio, in assenza di diritti, nonostante quello che vorrebbero millantare i suoi cantori, di destra o di “sinistra”. Ma questo è un altro discorso assai complesso e che dovrà essere affrontato con un articolo ad hoc.

E da liberale e da liberista qual era Pannella è stato sicuramente un uomo coerente. Di questo gliene va dato atto. In tutto e per tutto, anche e soprattutto nelle evidenti, macroscopiche e inevitabili contraddizioni, anche se la cosa può apparire apparentemente paradossale, che quella stessa coerenza impone e che hanno caratterizzato la sua vita e le sue scelte politiche.

Si può infatti lottare per il riconoscimento de diritti dei detenuti in Italia e nello stesso tempo appoggiare incondizionatamente uno stato, come quello israeliano, che viola costantemente, fra gli altri, anche i diritti delle migliaia e migliaia di prigionieri politici palestinesi detenuti nelle sue carceri, come peraltro documentato da tante associazioni, non certo invise al mondo occidentale, come Amnesty International o Human Rights Watch?

Ci si può battere per i diritti civili, fare professione di “pacifismo” e nello stesso tempo invocare e farsi portabandiera di guerre imperialiste, seppur camuffate da interventi “umanitari”, che hanno causato centinaia di migliaia di morti, feriti, lutti e sofferenze di ogni genere in tanti paesi del mondo?

Per il liberale e liberista Pannella non solo era possibile ma del tutto coerente. Né più e né meno, sia chiaro, di tanti altri liberal-liberisti.

Ecco, il ruolo di uomini come Pannella, fra le altre cose, era anche quello di confondere le acque, di mescolare le carte o di rigirare la frittata, che dir si voglia, e quindi spacciare una guerra imperialista e/o neocolonialista come una sorta di “guerra etica”, necessaria per portare democrazia e diritti a tutti quei popoli soggetti a tirannia, vera o presunta che fosse. Peccato che anche Pannella fosse colpito da strabismo e avesse visto tiranni solo dove li vedevano Washington, Londra o Tel Aviv . Il suo “pacifismo”, infatti, decisamente a senso unico, non è mai entrato in rotta di collisione con le politiche delle grandi potenze occidentali, a partire naturalmente dagli USA e da Israele di cui, come già detto, era grande amico e sostenitore.  Indimenticabile, fra gli altri, il suo strenuo impegno per portare pace e diritti umani nella ex Jugoslavia, naturalmente schierato dalla parte dei “buoni”, cioè la NATO e i suoi alleati in loco, fra cui anche noti e riconosciuti massacratori – come ad esempio il croato Tudjman – eredi dei vecchi “ustascia”, collaboratori dei nazifascisti durante la seconda guerra mondiale. Neanche il suo vecchio amico Adriano Sofri (anche se quest’ultimo non praticava il digiuno) è stato tanto solerte.

Fin qui, in estrema sintesi, la storia della sua militanza “pacifista” e in favore dei popoli del mondo.

Ma Marco Pannella è stato anche altro, molto altro. E’ stato uno dei principali interpreti di quel metaforico passaggio di consegne tra una “falsa coscienza” e un’altra, cioè tra il vecchio impianto ideologico “vetero borghese”, fuori tempo massimo per raggiunti limiti di età, che doveva essere messo in soffitta o meglio nel ripostiglio (dove, qualora ce ne fosse la necessità, è sempre pronto all’uso…), e la nuova ideologia “liberal (o radical) politicamente corretta”, sicuramente più funzionale in questa fase storica alle esigenze del sistema capitalista che voleva e doveva disfarsi di ogni laccio o lacciuolo, sia di ordine pratico (cioè politico o economico) che ideologico, in grado di costituire un ostacolo alla sua illimitata riproduzione.  In realtà, anche in questo caso, non inventò nulla, non fu un apripista, come si suol dire. Fu soltanto molto abile, anche perché dotato di una indiscussa verve, di una notevole abilità dialettica (retorica?) e anche di un notevole carisma personale, a farsi interprete di processi che erano già in corso e che avrebbero avuto il loro naturale epilogo, indipendentemente dalla sua personale volontà. In tema, fece storia il suo (molto breve e, per la verità, assai funzionale) arresto per essersi fumato uno “spinello” sulla pubblica piazza; una provocazione nell’ambito della “battaglia” per la liberalizzazione delle droghe leggere.

Queste sue doti di abilissimo e intelligente affabulatore, unite ad una dose di smodato narcisismo, anche in questo caso sopra la media (ma oggi c’è chi lo supera senza però avere il suo carisma e la sua personalità, anche questo va riconosciuto) lo hanno portato a cavalcare e a rappresentare storiche battaglie, come quelle per il divorzio e per l’aborto, che in realtà furono portate avanti, sostenute e vinte grazie alla spinta di milioni e milioni di persone e di grandi movimenti di massa all’interno dei quali il Partito radicale rappresentava soltanto una esigua e sparuta minoranza.

Complice il sistema mediatico che di fatto lo ha sempre sostenuto e celebrato nonostante lui stesso lamentasse di continuo di essere oscurato, riuscì perfino a diventare il paladino delle battaglie degli ultimi, dei “rifiuti”, dei reietti della società, come si suol dire, cioè dei carcerati. Non che non si sia fatto promotore di iniziative pregevoli da questo punto di vista – ciò che è giusto va ricordato e sottolineato – ma ci si dimentica sempre di dire che quei diritti che i detenuti, fra cui molti politici, riuscirono a conquistare nel corso del tempo furono innanzitutto il risultato di lotte durissime, condotte in condizioni difficilissime e pagate a un prezzo salatissimo, ben prima che Pannella cominciasse ad interessarsene. Qualcuno di voi ricorda le rivolte nelle carceri, specie negli anni ’70, con i detenuti che salivano sui tetti o si barricavano all’interno dei bracci, rimanendoci talvolta per settimane, per protestare contro le disumane condizioni di vita a cui erano sottoposti? Questi numerosi episodi di ribellione ad un sistema ingiusto e immotivatamente ultra repressivo, niente affatto isolati (al contrario, fu una stagione di lotte che portò alla nascita di un vero e proprio movimento dei detenuti), terminavano sempre nella stessa maniera: irruzioni della polizia e talvolta delle forze speciali all’interno dei penitenziari, pestaggi brutali, isolamento, trasferimenti di massa, divieto di incontrare i parenti, inasprimento delle misure restrittive e delle già durissime condizioni detentive, e altre pesantissime sanzioni. Ma tutto ciò è caduto, o meglio è stato fatto cadere nell’oblio, a differenza dell’astro di Pannella, che ha sempre continuato a brillare nel firmamento (si fa per dire…) della politica italiana.

Una politica all’interno della quale il “nostro” si è barcamenato, stringendo alleanze a destra e a manca, nel senso letterale del termine.

Fanatico liberista in ambito economico, insieme ai suoi compagni e alle sue compagne di partito, in primis Emma Bonino, è stato uno dei più autorevoli ideologi del processo di “liberalizzazione”, leggi precarizzazione del lavoro. Celebri i suoi strali contro la cosiddetta “sindacatocrazia” e contro la “partitocrazia”.  Il contributo di Pannella è stato determinante, dal punto di vista ideologico, per distruggere la Prima Repubblica con i suoi partiti di massa che, con tutte le loro contraddizioni, in qualche modo rappresentavano una cerniera fra la cosiddetta società civile e il “Palazzo”. Crollato il muro di Berlino, i padroni del vapore (che Pannella ha sempre servito) non avevano più necessità di tenere in piedi quella complessa e costosa macchina di mediazione sociale che era appunto il “sistema dei partiti”. Bisognava liberarsene e servivano gli uomini giusti, in ogni ambito, per farlo. Pannella ha recitato il suo ruolo alla perfezione e, forse, in questa materia specifica, è stato un anticipatore, contribuendo fattivamente alla disaffezione nei confronti della politica e alla costruzione di quel sentimento diffuso che oggi prende appunto il nome di “antipolitica”.

Ancora più importante, sempre dal punto di vista ideologico ma soprattutto comunicativo, è stato il suo lavoro finalizzato allo smantellamento del sistema di garanzie, tutele e diritti conquistati dai lavoratori in tanti anni di lotte, interpretati come legacci che impediscono alle imprese di crescere (leggi fare profitti), e di muoversi liberamente e agilmente sul mercato (leggi libertà di assumere e licenziare a piacimento e di stabilire le condizioni di lavoro).

Altrettanto celebri i suoi scioperi della fame che non lo hanno indebolito (evidentemente era di fibra robusta…) e non gli hanno impedito di arrivare alla non più tenerissima età di 86 anni, tutto sommato in buona salute.  Altri che hanno scelto di praticare quella stessa forma di protesta, penso ad esempio ai militanti indipendentisti irlandesi, pur essendo anch’essi di fibra robusta e molto più giovani di lui, sono morti o si sono lasciati morire di fame e di sete in quelle carceri speciali britanniche dove erano sepolti vivi.

In conclusione, Pannella ha rappresentato una sorta di falsa autocoscienza o di (falsa) coscienza infelice, del sistema dominante. Una funzione di fondamentale importanza per una forma di dominio sociale così complessa quale quella attuale. Che lui fosse in buona fede o meno – e secondo me lo era, nel senso che credeva veramente nelle sue idee e nel sistema che lui voleva “riformare” o “modernizzare” – è del tutto irrilevante ai fini del discorso che stiamo facendo, perché ciò che conta, drammaticamente, in politica, è ciò che storicamente e concretamente si determina. E in virtù o a causa di ciò lui, da questo punto di vista, è stato sicuramente un vincitore. Purtroppo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4 commenti per “Pannella, la (falsa) coscienza infelice del sistema

  1. armando
    23 Maggio 2016 at 15:03

    In gran parte d’accordo col contenuto dell’articolo, segnalo questo contributo di Rodolfo Quadrelli alla comprensione del fenomeno radicale, che risale addirittura al 1979.
    http://www.ilcovile.it/scritti/COVILE_904_Quadrelliana_6_Radicali.pdf
    Il concetto fondamentale da sottolineare, e che mi sembra vada nella stessa direzione dell’articolo di Fabrizio (nonostante l’opposta matrice culturale e altre importanti differenze) è che il radicalismo pannelliano è stato tutt’altro che un cuneo nel sistema. Al contrario, le tematiche che ha sempre agitato erano tutte dentro il disegno modernizzatore del capitale, peraltro condiviso a destra e sinistra, seppure con opposti e simmetrici mal di pancia. Alla base c’è una concezione dell’individuo come atomo, portatore di un concetto di libertà assoluto, sganciato da ogni riferimento sociale e/o comunitario (nelle diverse forme che tale riferimento è suscettibile di assumere: di solidarietà sociale o di classe o di legame religioso). Inutile riaffermare qui che quella concezione d’individuo è la stessa del capitale, per la quale i legami fra i soggetti sono primariamente legami mercantili nei quali ognuno cerca di realizzare il maggior beneficio individuale e quindi realizzarsi come persona. L’insistenza ossessiva dei radicali sui diritti individuali e “civili”, nasce da qui e si concretizza nell’utopia che l’ eguaglianza formale e giuridica , mediata poi dal mercato e dalla legge di domanda e offerta, basti a se stessa e sia sufficiente per arrivare alla Giustizia. Da qui anche la sua concezione formalistica e procedurale della democrazia, e l’insistenza sulla legalità (peraltro dai radicali stessi violata quando lo ritenevano opportuno). Come si legge nell’articolo segnalato, i radicali sono sempre stati un piccolo partito perché, nell’opera di modernizzazione sociale del capitale, hanno sempre avuto la vista più lunga, diciamo che sono stati l’avanguardia non comprensibile dai vecchi partiti ancora alle prese con concezioni “stantie”. Sempre piccoli, ma questa è stata ed è la loro funzione: agitare temi e argomenti troppo avanti per gli altri, ma che col tempo hanno finito per colonizzarli culturalmente, tanto a destra che a sinistra. Altro che antisistema!Detto ciò. in questo quadro, è pur vero che alcune loro battaglie sono state condivisibili. Ne cito una sola: l’anagrafe pubblica degli eletti, che sarebbe servita non certo a scardinare alcunché ma almeno a rendere meno opaca la vita politica italiana. Diciamo insomma più somigliante a quella USA, dove le lobbies agiscono alla luce del sole, dove è manifestamente chiaro, ammesso e dichiarato il potere del denaro nella vita politica. Che poi si tratti di un sistema che tende alla “perfezione” capitaliastica e che sia catastrofico dal punto di vista del popolo è evidente, ma è altro discorso.

  2. 23 Maggio 2016 at 19:28

    Geograficamente lontano dall’arena e dagli spalti dove il carattere in questione si e’ esibito, posso solo giudicare da quel poco che ho visto in Internet, letto su giornali e (adesso), nei coccodrilli.
    Di caratteri come il compianto il mondo pullula, ma ogni tanto, tramite le insondabili combinazioni della sorte, qualcuno arriva alla ribalta. Sostenere o difendere Israele è di per se’ un certificato di malafede. Sostenere la distruzione della Yugoslavia per conto del paese eccezionale e’ ideologia criminale. E da quanto leggo, scrivere al papa dandogli del tu sposa il narcisismo alla ruffianeria.
    Anni fa, in un momento di spensieratezza, ho acquistato da un oscuro libraio un’edizione dell’Abate Lavater, svizzero. Il quale, negli anni 1780 sostenne, con ampia documentazione grafica, che poco meno di 7000 espressioni descrivono tutte le possibili combinazioni di carattere degli uomini.
    E’ vero che le istantanee possono spesso distorcere l’ “espressione neutra” che meglio caratterizza l’individuo. Ma, sia pure con le dovute limitazioni nell’applicare teorie non comprovate ufficialmente dalla scienza, ci sono sufficienti riproduzioni del carattere in questione, per confermarne il narcisismo. Qualità – il narcisismo – di valore perlomeno dubbio.
    Quanto al carisma, dovrebbe essere insegnato a scuola, perchè può spesso servire a nascondere il nulla – quindi permettendo di ottenere il tutto con il niente.
    Tuttavia, nelle circostanze, la critica non è tanto per il soggetto, ma per quanto ha rappresentato. Come Pier delle Vigne rimproverava a Dante, “…”Perché mi scerpi?
    non hai tu spirito di pietà alcuno?” (INF XIII, 35)

  3. Rino DV
    23 Maggio 2016 at 21:17

    Anche il “‘avvenimento Pannella” dovrebbe venir letto come caso particolare di un intera classe di fenomeni, come si dovrebbe fare sempre di fronte a vicende biografiche (=idiografiche) le quali dovrebbero esser ricondotte (nella misura del possibile) a leggi generali (=nomotetiche, per usare il linguaggio forbito dei “filosofi”).
    .
    1-Come valutare l’azione politica di un soggetto?
    2-Come valutare la sua personalità? (in quanto e per come si è manifestata pubblicamente).
    3-Esiste una relazione tra i due aspetti? e se c’è, di che tipo è?
    4-Eventuali incoerenze interne al primo livello e/o tra questo ed il secondo, come vanno valutate?
    5- Etc. etc.
    .
    Esempi: c’è una relazione tra la personalità di un Benito Mussolini e la sua azione politica?
    C’è una relazione tra la personalità di un Gandhi e la sua azione politica?
    .
    Il giudizio sul caso particolare dipenderà necessariamente da quello che esprimiamo in senso generale relativo ai rapporti tra le due dimensioni, oltreché sull’azione politica presa in sé stessa.
    .
    Applicando a Pannella quel giudizio che esprimo sulla tipologia generale cui appartiene, la mia valutazione (per quel che vale) è davvero bassissima.

  4. Giacomo
    23 Maggio 2016 at 21:35

    Concordo con i commenti di Fabrizio e Armando. Vorrei annotare un altro punto: il c.d. “liberalismo” di Pannella che lo era fino a un certo punto. Il liberalismo classico non è liberismo e nemmeno libertarismo, ma la presenza di istituzioni forti che tutelino le minoranze nella distinzione chiara tra quelle che erano destra e sinistra in senso tradizionale. Pannella preconizzava invece la “fine della storia” anche prima di Fukuyama. L’idea di prendere tessere di più partiti, lo sdoganamento del vecchio repubblichino, la migrazione costante dei suoi proseliti verso gli altri partiti, il definirsi “compagno”. il dialogo con tutti. In questo senso io lo ritengo un autentico liberista (in tal senso definirlo “compagno che era liberale” non è corretto) che forse autenticamente credeva che la storia finisse con il crollo del muro e che dopo ci si sarebbe ritrovati tutti in un unico calderone dominato dal capitale all’ennesima potenza che vediamo dispiegarsi ora pienamente, con le nostre individualità del tutto staccate dalle altre e in lotta perenne per emergere. Devo anche credere che lui ritenesse ineluttabile questo sistema e che anche una lotta che poteva sembrare giusta come quella contro la fame di fatto non metteva in alcun modo in discussione il modello di sviluppo ma solo il superficiale e alquanto retorico appello ai ricchi, individui o paesi, di fare l’elemosina ai poveri (magari creandone le condizioni per lo sviluppo con un bel sistema “neocoloniale”). In questo e altri sensi Pannella era oltre, avendo in questo il merito di esasperare certi aspetti, per es. dei diritti umani, da farceli vedere ora in una luce molto più ambigua e meno disponibile dell’età della “fine della storia” di una ventina di anni fa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.