Da molto tempo la festa dell’8 marzo è diventata come il Natale (anzi, peggio), ricorrenza religiosa ridotta per lo più a kermesse consumistica. La sola differenza fra le due consiste nel fatto che a Natale si compra il panettone mentre l’8 marzo si comprano le mimose. Altro non c’è.
Anzi c’è. Il 25 dicembre di duemilasedici anni fa pare che sia nato Gesù Cristo ma non ne siamo sicuri. Mentre, e a quanto pare ormai ne siamo certi, per lo meno stando alle ricerche di due storiche femministe, Tilde Capomazza e Marisa Ombra (a cui tributiamo onore e rispetto perché non è da tutti/e un simile tasso di onestà intellettuale) che hanno scritto un libro dal titolo “Storie, miti e riti della giornata internazionale della donna” (nuova edizione Jacobelli), sembra proprio che la ricorrenza dell’8 marzo, data scelta per la Festa internazionale della Donna, sia stata costruita su una bufala, su un falso storico.
Infatti, pare proprio che il famoso incendio della filanda di Chicago dell’8 marzo 1908 in cui sarebbero rimaste uccise 129 operaie non sia mai accaduto. Non solo, spiega la Capomazza, “ a fissare il giorno delle donne all’8 marzo, fu la Conferenza internazionale delle donne comuniste nel 1921 “per ricordare una manifestazione di donne con cui si era avviata la prima fase della rivoluzione russa“. La ricercatrice è ancora più netta (cito testualmente):” Niente da fare, quell’ incendio non esiste, non c’ è cronaca che lo registri. Possiamo ormai rispondere con certezza, non sono che montaggi, attribuzioni sbagliate, leggerezze di militanti troppo entusiaste. L’ 8 marzo in realtà non è che un’ invenzione. Insomma un “innocente imbroglio”.
Prosegue la Capomazza:“… Simone non ricordava, ma cercò e trovò quel libro. Mancò poco che non svenissi. Titolo ‘La journée internationale des femmes. La clef des énigmes, la verité historique’. Autrice Renée Coté , canadese del Quebèc, quindi di lingua francese. Era un libro farraginoso, ma ricco di riproduzioni, di citazioni, di appunti relativi alla confusa storia della Giornata, tutta interna al Movimento socialista internazionale e successivamente alla Internazionale comunista. Fu lì che scoprimmo che di incendio non si parlava affatto, ma decisiva fu la lettura degli atti della Conferenza internazionale delle donne socialiste a Copenaghen 1910 dove di Gdd si parlò ma non di incendi… La giornata, dopo vari tentativi fatti da Clara Zetkin fu poi approvata a Mosca nel 1921, definita giornata dell’operaia, e ispirata alla rivolta delle donne di Pietrogrado contro lo zarismo avvenuta il 23 febbraio 1917 ( corrispondente nel nostro calendario gregoriano all’8 marzo)“. E ancora:”Non resta che rivolgerci a Clara Zetkin – annotano stupefatte Capomazza e Ombra – consultiamo il testo della mozione, un testo che comparve sull’ organo di stampa delle socialiste tedesche il 29 agosto del 1910. Dell’ 8 marzo non c’ è traccia. Per di più quella risoluzione che la Zetkin pubblicò generosamente sul suo periodico non fu mai votata da nessuna Conferenza socialista. Sembra anzi che l’ ipotesi di una giornata delle donne non piacesse affatto ai suoi compagni di partito che la giudicarono un’ inaccettabile commistione con la borghesia internazionale”.
Lasciamo parlare le due coerenti e oneste (come poche/i) ricercatrici femministe intervistate dal quotidiano “La Repubblica” (che certo non può essere accusato di antifemminismo…):
Il giallo 8 marzo, ma quella data è un falso
La verità sull’8 marzo
Ma il punto non è tanto questo. Anche qualora il famoso incendio non fosse mai avvenuto (cosa di cui le ricercatrici, non sospette di simpatie maschiliste, sembrano essere certe) la questione, per quanto ci riguarda, non cambierebbe di una virgola: saremmo e siamo comunque solidali, a prescindere, con tutte quelle donne cadute (o sfruttate) sul lavoro in ogni angolo del mondo.
Il punto vero è un altro. E cioè che a morire sul lavoro in ogni angolo del pianeta (anche nel mondo islamico) sono, da sempre, pressoché solo e soltanto uomini, e poveri, perché non si sono mai visti banchieri, industriali, baroni o baronesse, burocrati, notai, cardinali o divi del cinema o della televisione, uomini o donne che fossero, finire schiacciati sotto una pressa o precipitare dal ponteggio di un cantiere edile. Solo in Italia gli uomini caduti sul lavoro sono circa il 97% del totale (dati Inail che tutti possono verificare), il rimanente 3% è composto di donne che muore per lo più in itinere, mentre si reca sul posto di lavoro, cioè per incidente stradale. Le percentuali sono più o meno le stesse nel resto del mondo (verificare per credere). Una tragedia di classe e di genere tutta o quasi al maschile. E’ un fatto, che tutti/e possono verificare. Avrà pure un significato, o è una semplice coincidenza? Sia chiaro, non vogliamo certo alimentare una guerra fra poveri né tanto meno fra i sessi (quella la fa il femminismo), ce ne guardiamo bene; si tratta solo di ristabilire la verità (dei fatti) al fine di una corretta e lucida (e non ideologica) interpretazione della realtà.
E invece il femminismo (che non deve assolutamente essere confuso con quelle donne comuniste che indissero quella data come “Giornata dell’Operaia”, come abbiamo documentato) ha scelto il tema della tragedia della morte sul lavoro, per celebrare la festa della donna (o la “sua” festa?…). Sembra quasi una beffa. Forse è una beffa.
Si poteva indire una festa per ricordare tutte le donne morte per aborto clandestino, ad esempio. Sarebbe stato molto più onesto e coerente e nessuno (di certo non noi…) avrebbe avuto nulla da eccepire, anzi. Oppure, che so, tutte le donne morte per infibulazione, peraltro praticata esclusivamente da donne su altre donne (e non ci venissero a raccontare che si tratta di donne che agiscono in quel modo perché hanno interiorizzato la cultura maschilista e patriarcale e che non hanno alcuna responsabilità per i loro atti e per tutto ciò che di brutto accade nel mondo, perché ciò significherebbe considerarle delle minus habens, e noi non ci prestiamo a un’ operazione così ipocrita e falsa).
E invece che si fa? Si prende un dramma che da sempre è tutto maschile (e di classe) e lo si sceglie simbolicamente per celebrare le donne. E’ quanto meno contraddittorio per non dire beffardo. E’ un po’ come se si fosse scelto il monumento al milite ignoto, ai milioni e milioni di uomini crepati come bestie nella merda e nel sangue delle trincee, per celebrare la festa della donna…
La mia opinione è che quando e se metteremo la parola fine a questa ridicola e soprattutto sessista e interclassista (del tutto funzionale al sistema dominante) guerra fra i sessi scatenata dal femminismo vecchio e nuovo contro il genere maschile, a prescindere, non sarà mai troppo tardi. Avremo sicuramente fatto un fondamentale passo in avanti verso la costruzione di un nuovo soggetto sociale e politico antagonista e alternativo all’attuale sistema capitalista.
E domani, come sempre, come ogni anno, secondo copione, tutti a mangiare il panettone… chiedo scusa, a regalare mimose…