Premessa vincolante
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Con il solo e semplice occuparsi della scarsità di maschi nella scuola si dichiara implicitamente ma incontrovertibilmente che esistono differenze intrinseche tra F ed M, tali per cui c’è qualcosa che le une possono dare/fare mentre gli altri no e viceversa. Appunto. Lamentare la femminilizzazione scolastica e al tempo stesso affermare che non esistono differenze naturali sessuate (genderismo), significa mentire candidamente a se stessi per poter mentire spudoratamente agli altri.
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Il fatto
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La scuola d’Infanzia (ex Materna) è monopolio femminile sin dalla nascita (1968). Nelle elementari era presente una visibile quota di maschi fino all’inizio degli anni ’70. Poi sono virtualmente scomparsi. Qui dunque il fenomeno risale a decenni orsono. Questi due fatti indicano che le cause vanno ricercate anche nel diverso orientamento, nelle specificità relazionali-educative dei due sessi, nelle diverse “vocazioni”, come conferma il fatto che nei primi gradi scolastici le donne sono presenti in modo monopolistico o preponderante in quasi tutti i paesi. Fatto sul quale non ci sarebbe gran che da dire, se non fosse che la femminilizzazione si è estesa alle medie e sta conquistando le superiori. Le donne si occupano dunque ormai dell’intero processo formativo, subentrando ai maschi anche nell’educazione degli adolescenti, terreno sul quale invece si era sempre esercitata la prevalenza formativa maschile.
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Di nuovo i numeri: nella scuola d’infanzia i maschi non ci sono F = 100% (99,8), elementare F=96%, media 78%, superiore 62%. Il trend in corso accentua la deriva, come si è visto con le recenti assunzioni. La prospettiva di una scuola globalmente targata F al 90-95% non è fantapolitica.
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Le cause possibili e quelle …immaginarie.
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Mi rifaccio all’eccellente commento di Fabrizio Marchi in risposta a G. Verdi nell’ambito dell’articolo https://www.linterferenza.info/interferenza/la-squola/ . Il fatto non è stato programmato da nessuno e nessun governo, nessuna forza politica può esserne accusata direttamente. Tutti invece possono essere accusati (ivi compresi gli intellettuali silenti) di non aver fatto nulla per frenarlo e invertirne il corso e/o, peggio, di averlo favorito indirettamente con loro dissennate azioni (e inazioni) senza che da ciò si possa risalire ad una loro cosciente e mirata volontà in tal senso. Così va letta anche l’ultima trovata sulle assunzioni, folle sotto tutti gli aspetti, promossa dal Renzi, che dell’ulteriore spinta alla femminilizzazione non si è nemmeno posto il problema. Vi è dunque un insieme di concause, remote, prossime, immediate, dirette e indirette, interne ed esterne alla scuola, economiche e sociali, artificiali e naturali, tutte convergenti e canalizzate da scelte tecniche e amministrative che sembrano finalizzate scientemente (ma non è così) al medesimo scopo: eliminare i maschi.
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Il sistema di reclutamento infatti, con la sua evoluzione nel corso dei decenni, si direbbe elaborato precisamente per allontanare gli uni e favorire le altre. Quella del precariato, ad esempio, è una condizione che si possono permettere molto più facilmente e molto più a lungo le femmine dei maschi (giacché “homo sine pecunia imago castitatis”, certo, ma non solo per questo). Dal precariato per decenni è stata assunta “ufficialmente” la metà degli insegnanti, con il c.d. “doppio canale”, di fatto ben più della metà (a). L’altra quasi-metà veniva pescata dai concorsi, ai quali si presentava una quota di maschi significativa solo per le medie e le superiori, ciò per ragioni estranee sia alla scuola che allo stesso sistema di reclutamento. C’è da chiedersi: la quota dei maschi vincitori di concorso rispondeva a quella dei concorrenti o le femmine prevalevano pure qui? Non ho mai trovato dati al riguardo. Ma se si tiene conto dei risultati scolastici generali e si pone mente a ciò di cui si sostanzia un concorso (siamo a livelli di puro nozionismo), non sarà azzardato ricavarne che a prevalere fosse la parte F su quella M. Per chiarire il concetto: 70 candidate e 30 candidati sì, ma con 90 vincitrici e 10 vincitori. Se non è così, quanto ne siamo lontani? De facto, il metodo di reclutamento inevitabilmente favoriva e favorisce le femmine e ogni sua modifica non ha fatto altro che peggiorare le cose. Ma questo è solo il terminale di un processo poli-con-causale sostanzialmente esterno alla scuola.
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Di fronte al fenomeno ecco le spiegazioni che vengono ripetute sistematicamente.
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Spiegazione n. 1: “I maschi hanno lasciato la scuola a causa dei bassi stipendi”. E vediamoli finalmente questi stipendi di cui tanto si parla (e che nessun insegnante mai rivela…). Lo stipendio medio di un insegnante (medie e superiori) oscilla attorno ai 1650 Eu./mese netti. Iniziale 1.365 (primi 8 anni), finale 1850 ca. (dopo 35 anni). Adesso viene la domanda: questi stipendi sono bassi rispetto a quali altri? A quelli medi di un lavoratore dipendente? Di un impiegato del pubblico o del privato? O forse lo si confronta con quello dei magistrati? O si fa riferimento a quelli degli altri paesi? Se si fa riferimento a questi, si tiene anche conto del diverso costo della vita o lo si ignora volutamente? Si considerano anche gli stipendi delle altre categorie in quei paesi o ci si concentra solo sugli insegnanti?
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Restando in Italia, si potrebbe dire che lo stipendio dei docenti è basso solo se quello (medio) delle altre categorie fosse più alto. E quali sono queste categorie meglio pagate? Io non ne conosco alcuna. La lamentela sui bassi stipendi degli insegnanti, che i miei colleghi definiscono “da fame” è (quasi) universale. Persino ministri (demagoghi e seduttori) di diversi governi lo hanno “amaramente riconosciuto”. Ma che razza di riconoscimento è? Stipendi bassi rispetto a che? A quelli di chi? Sono bassi sicuramente rispetto a quel che erano nel passato. Questo è certo. Ma bisognerebbe anche quantificarne la differenza, per evitare di esagerarla.
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Andiamo ora all’estero. Con gli stipendi stranieri il confronto può essere fatto solo sul lordo in quanto non si può sapere a cosa esso corrisponda nel netto per ragioni ovvie. Iniziale-finale lordo: Italia 21.000-33.000, Francia 25.000-47.000, Spagna 33.000-46.000, Germania 42.000-57.000, Irlanda 33.000-60.000, Grecia 11.000-22.000. Qui il confronto è davvero choccante. Troviamo in quasi tutti i paesi stipendi iniziali pari o addirittura ben superiori a quelli finali in Italia. Stupiscono in particolare Spagna e Irlanda, paesi di livello economico paragonabile al nostro. In Grecia invece pare che stiano peggio che da noi. Ma quanto vale là effettivamente (potere di acquisto) uno stipendio, diciamo, di 700 Euro? E gli altri stipendi in Grecia a quanto ammontano?
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Gli uomini dunque avrebbero disertato la scuola a causa dei bassi stipendi. Se il confronto è interno, è necessario elencare le categorie rispetto alle quali si fa il paragone, indicando – finalmente – anche lo stipendio medio di ciascuna. Magari si scoprirà che interi settori con stipendi inferiori sono occupati da maschi. E allora cosa si dirà? Se il confronto è sull’estero, va notato subito che la scuola è femminilizzata ovunque, sia pure in misura variabile (1), anche là dove gli stipendi sono alti o altissimi. Ne ricavo questo, che il livello degli stipendi non ha nulla a che vedere con la femminilizzazione della scuola, né altrove né qui.
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Spiegazione n. 2: “I maschi hanno abbandonato la scuola perché questa ha perso prestigio”. Vuol dire che sta perdendo prestigio anche la magistratura visto che anche da lì i maschi se ne stanno andando. Sono ancora quasi la metà, ma tra i nuovi le FF sono il 75% (2). Basta dunque attendere. In Francia le FF magistrate sono già oltre il 70% e nei nuovi ingressi oltre l’82%. Bassi stipendi e perdita di prestigio pure là? La mia ipotesi è semmai speculare: la scuola ha perso prestigio anche perché gli uomini vi stanno scomparendo. Ma come si fa a dimostrarlo?
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Spiegazione n. 3: “L’educazione è un onere che i maschi hanno preferito lasciare alla femmine”. E’ una delle spiegazioni più smaccatamente femministe. Commentatela voi.
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Spiegazione n. 4 sui “bassi” stipendi: “Gli stipendi sono bassi perché il pregiudizio sociale e i maschi al potere svalutano il lavoro femminile”. Aspettiamoci dunque una diminuzione imminente degli stipendi dei magistrati e, in prospettiva, di quello dei medici. Deiezioni femministe che appunto per questo sono adottate da tutti.
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Alla base della lamentazione sui presunti bassi stipendi, vi è l’assunto che se fossero più alti, se fossero “decenti”… succederebbe qualcosa. Che cosa? Gli interessati lavorerebbero meglio e di più, diventerebbero più efficienti, più preparati, più competenti, più tecnologizzati; più sensibili, attenti e pazienti in aula e dunque la scuola migliorerebbe, gli allievi imparerebbero di più e meglio e via elencando altre infinite sciocchezze. Ne segue che i prof irlandesi sono molto più bravi degli italiani, mentre di quelli greci, vista la paga, non vale la pena parlare.
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L’idea malsana da cui si parte è dunque questa: l’educazione, la formazione e l’istruzione sono fondate sulla materia. Le nuove generazioni si formano tanto meglio quanto maggiore è la quantità di denaro che vi ci si investe e che si dà ai prof.
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La scuola non ha bisogno di denaro e gli insegnanti non hanno bisogno di altri soldi: la scuola ha bisogno di prestigio, gli insegnanti hanno bisogno di riavere e riconquistare il valore ormai perduto della dimensione educativo-formativa. La perdita di valore della formazione e dell’apprendimento, e quindi del ruolo dell’educatore-istruttore, maschio in primis, ecco cosa è accaduto e che non doveva accadere. Così l’intero processo è svuotato di senso dal di dentro e la professione di insegnante è diventata quasi un’occupazione come un’altra. Un “posto” che dà un reddito.
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Non basta: questa professione diventa sterile e tradisce i suoi fini se non include il carattere di missione, di dono adulto ai nuovi arrivati nel mondo. Se lo spirito muore, non ci sono soldi che tengano. E chi il è latore del dono? Chi è il portatore dello slancio fallico verso l’alto? Chi è vocato allo spirito che dà forma alla materia? Il maschio. Lo slancio non ha più soggetto perciò si affonda nella melmosa materia.
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Adesso la domanda clou: il maschio se n’è andato o ne è stato espulso? Nessuno ha apertamente programmato quella espulsione, ma il dato sociostorico è granitico e inoppugnabile: ne è stato cacciato. Da quale forza? Da quella oggi vincente.
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Note e osservazioni.
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Le precisazioni e le osservazioni laterali da svolgere rispetto a quanto ho scritto sono molte e di vario genere, giacché ho toccato solo concetti-base, lasciando da parte i dettagli.
A- Ad es. si sarà notato che 1.650 non è la media esatta tra 1850 e 1365. E’ ovvio: i giovani sono in numero inferiore ai vecchi e gli insegnanti italiani delle medie e superiori sono i più vecchi del mondo (media 54 anni), mentre sulle assunzioni (a) bypasso perché il discorso diventa tecnicamente complesso e noiosissimo. Ci sono altre cosucce simili nascoste nelle argomentazioni. Non ci perdiamo però in quisquilie che grondano ovvietà.
B- La dinamica del reclutamento tocca anche la secolare Questione Meridionale, come si è visto appunto con le recenti stabilizzazioni. Ma l’argomento è di tale ampiezza da non poter neppure essere sfiorato qui.
C- Livello degli stipendi. A scanso di equivoci, preciso che il mio stipendio è quello minimo e tale resterà: 1.365 Eu mese (cui vanno aggiunti i 55 netti del “bonus” del demagogo fiorentino ora al governo). Nondimeno, ed anzi proprio per questo, sostengo apertis verbis che non vi è alcuna ragione per aumentare gli stipendi degli insegnanti. Non più, anzi meno, di quanto sia necessario aumentare le pensioni sotto i 1.000 etc. etc. Tra l’altro non deve sfuggire che in quella casa dove c’è un insegnante con 1650, c’è anche qualcun altro con uno stipendio uguale o superiore. Infatti, parlare “degli insegnanti” è del tutto fuori luogo: si deve finalmente parlare “delle insegnanti”. E le donne, come regola base hanno questa, che non si associano a uomini di rango-reddito inferiore ma viceversa, uguale o superiore. Anche su questo lascio i dovuti chiarimenti ad altra occasione.
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(1)Si veda a pag. 122 di questo pdf: http://eacea.ec.europa.eu/education/Eurydice/documents/key_data_series/134IT.pdf
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(2) Per chi è curioso e maligno, in fondo a questo articolo si spiega perché i ruoli del PM sono ancora massicciamente “presidiati” dai maschi mentre quelli dei giudici sono già a maggioranza femminile.
http://www.giustiziami.it/gm/la-donna-e-toga-il-66-dei-magistrati-praticanti-sono-femmine/