La differenza tra noi e loro

La differenza essenziale tra noi nuovi comunisti e loro, tutti loro (tutti quanti), è che al di là di qualsiasi altra questione PER NOI ACCETTARE un lavoro che ci occupa per 8-9-10-11-12 ore al giorno non è una benedizione, non è una cosa che dobbiamo cercare (come succede paradossalmente in questa fase di crisi capitalistica, con gli schiavi che rivendicano addirittura con violenza il loro posto da schiavi), non è una cosa che desideriamo chinare il capo alle regole che ci privano della libertà più grande che è la libertà di disporre a piacimento del tempo di vita personale.
Chinare il capo ci costringe ad una occupazione, magari anche ben retribuita, che ci toglie ogni spazio di esistenza autentica, che peraltro quasi sempre non ci appassiona, non ci piace, che serve solo a rigenerare un sistema ingiusto ed a far accumulare soldi a qualcun altro, a qualcuno che ha avuto la fortuna di uscire da una fica alto borghese piuttosto che da una fica proletaria; adeguarsi senza ribellarsi SIGNIFICA PORGERE I POLSI alle catene della schiavitù contemporanea, SIGNIFICA chinare il capo alla logica dello sfruttamento e della più grande forma di ingiustizia esistente, ossia quella che ci impedisce di crescere come creature senzienti e curiose, quella che ci ottunde i sensi e la ragione, quella che ci impedisce di coltivare noi stessi e le vere relazioni interpersonali, quella che ci fa trascurare i figli, che ci fa invecchiare anzitempo e ci rende infelici, quella, in breve, che ci impedisce di farci i cazzi nostri di persone nate libere, come e dove vogliamo senza dover rendere conto a nessuno se non a leggi giuste fatte per vivere tutti in pace e serenamente, non avvelenati da una competizione economico-sociale che serve solo a far arricchire coloro che tirano nell’ombra i fili di questa falsa democrazia, insomma, senza doversi alzarsi ogni stramaledetta mattina per vendere qualcosa, una parte di noi o fosse anche solo la gran parte del nostro tempo di vita.
Possiamo anche farlo per necessità, per ricatto, e questo accade e sempre accadrà se le leggi sui rapporti di produzione continuano a rimanere queste, come Marx ha ben evidenziato, ma allo stesso tempo dobbiamo lottare per liberarci dalle catene e rovesciare tutte le parole d’ordine, tutti i luoghi comuni di questa cultura imperante, tutti gli slogan della sinistra e del comunismo del passato che si fondavano per l’appunto sull’etica del lavoro. L’etica può essere solo quella del vivere appieno questa vita così breve in armonia con la natura e con il prossimo. Insomma, dobbiamo rovesciare il mondo e rimetterlo nella giusta prospettiva, questo grande insegnamento Marx ci ha lasciato sopra tutto. O il comunismo diventa la ricerca e l’applicazione della giusta etica, oppure è niente.
Che l’imperante etica ipocrita e balorda si fotta, rimettiamo le cose al loro giusto posto o sarà la fine dell’umanità, prima morale e poi fisica. E non fa alcuna differenza che questa etica dell’iperproduzione e dell’iperconsumo si fondi sullo stakanovismo di matrice russa, sul capitalismo comunista di matrice cinese o sull’ideologia di una collettività da formiche (leggi bordighismo), o come nel capitalismo privato che pretende il sacrificio nostro e dei nostri figli sull’altare di un impegno teso al perfezionamento di merci superflue e dannose….ma cosa cazzo ce ne fotte di tutte le cazzate superflue che vogliono venderci? Mandiamo a fanculo il loro modello di benessere e riprendiamoci la nostra vita!
Questo è il punto di identità peculiare che ci deve contraddistinguere, sempre, senza il quale non siamo niente e tradiamo la nostra missione per l’unico futuro possibile: salvare non solo le nuove generazioni, ma addirittura l’equilibrio dell’ecosistema globale, le risorse naturali del pianeta e di conseguenza la nostra specie da una serie di guerre come non si sono mai viste.

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