Struttura e sovrastrutture o solo struttura?

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Questo articolo che pubblico di seguito era inizialmente soltanto un commento in risposta a quello di un amico nell’ambito di un (bel) dibattito che si sviluppato su questo stesso giornale. Penso, data l’importanza del tema, che potrebbe forse essere di interesse anche per altri e per questo, come mi è successo altre volte, ho deciso di pubblicarlo come un vero e proprio articolo:
“Caro Bruno, provo a fare un ragionamento “terra terra”, come si suol dire, perché in genere sono sempre i più efficaci.
Ai tempi di Marx, il capitalismo era ancora in una fase espansiva (quantitativa più che qualitativa), anche se molto potente, ma non aveva certo raggiunto il suo apice (noi possiamo dirlo, oggi…). Tuttora noi non siamo in grado di sapere se lo abbia raggiunto o ne vedremo ancora delle belle, sempre come si suol, dire. Personalmente opto per questa seconda soluzione, basti pensare che siamo solo all’inizio dell’ era “eugenetica”, cioè della possibilità della manipolazione dell’umano, non sappiamo entro quali termini e soprattutto entro quali limiti (se ci saranno dei limiti…). Questo processo sta avvenendo in un mondo dominato dal Capitale e dalla Tecnica. Si è aperto un dibattito fra noi (abbiamo pubblicato un articolo su questo giornale che ha suscitato una bella discussione, te ne consiglio la lettura,anche dei commenti… https://www.linterferenza.info/attpol/solo-la-tecnica-ci-puo-salvare/ ) su chi sia il vero “gestore” di questo processo; il Capitale o la Tecnica? Secondo me, non è corretto porre la domanda in questi termini. La mia opinione è che siamo all’interno di grandi processi complessi all’interno dei quali però ci sono degli attori e anche dei registi (ciò che chiamiamo classi e gruppi dominanti con tutte le loro relative articolazioni economiche, mediatiche, militari, intelligence, culturali, scientifiche ecc. ) i quali operano appunto all’interno di una grande processo in un gioco continuo e costante di rimandi.
Personalmente non credo affatto al carattere impersonale del capitalismo, come sostengono alcuni, anche amici e compagni. Mi sembra una interpretazione parziale, così come altrettanto parziale sarebbe pensare che tutto sia determinato solo da una sorta di Spectre mondiale del capitalismo che ordisce e organizza complotti dalla mattina alla sera. A mio parere sono compresenti entrambi gli aspetti, proprio in virtù della complessità dei processi, all’interno dei quali ci sono i soggetti (gruppi sociali, economici, politici, più loro articolazioni…) che agiscono e che gli danno vita e viceversa. In parole ancora più povere, se non c’è dubbio che il capitalismo sia un grande processo (un rapporto di produzione, ma non solo…), è altrettanto dubbio che ci siano dei soggetti che lo animano e che prendono anche delle decisioni. Esempio pratico. Non è che l’aggressione alla Libia o all’Iraq o il colpo di stato in Ucraina (o qualsiasi altro evento, occupazione militare, colpo di stato, destituzione di questo o quel governo ecc.) siano il risultato di chissà quale processo impersonale. Tutt’altro. Sono atti politici e militari decisi a tavolino da gruppi di potere ben determinati che agiscono all’interno di quello stesso processo a cui contribuiscono a dar vita, appunto in un “gioco” costante di vicendevoli rimandi. Così abbiamo risolto, per quanto mi riguarda, la controversia tra i “complottisti” da una parte e i teorici dei processi o della loro complessità e “impersonalità” dall’altra.
Tutta questa premessa per arrivare al concetto di struttura e sovrastruttura.
Marx analizzava un capitalismo ancora relativamente “primitivo”, rispetto a quelle che sarebbero state le sue evoluzioni. Un capitalismo che non aveva, o aveva solo in misura ridotta, il problema di controllare la sfera psichica delle persone, e questo per una semplicissima ragione. Per il fatto cioè che la stragrande maggioranza delle persone erano inchiodate ad una macchina 14 ore al giorno (e chi non era inchiodato a una macchina era comunque inchiodato a qualcos’altro, un aratro, un piccone o qualsiasi altro utensile). Ed è ovvio che quando si è inchiodati, perché di fatto costretti, per 14 ore al giorno, a stare inchiodati ad una macchina, il sistema dominante (il Capitale, e ancora prima altre forme di dominio, naturalmente molto più rozze) non ha l’esigenza di sviluppare una forma più sofisticata di dominio, perché ha già il pieno controllo sulle persone e sulle classi subordinate attraverso il lavoro, l’organizzazione del lavoro, la fabbrica, il luogo fisico del lavoro (salariato ma di fatto coatto), oltre naturalmente ai mezzi coercitivi di sempre, cioè lo stato e le sue articolazioni (esercito, polizia, potere giudiziario ecc.); in altre parole attraverso il controllo della sfera pubblica degli individui. Il problema del controllo della sfera psichica ancora non si poneva nei termini in cui si porrà più tardi (oggi). L’aspetto coercitivo era più che sufficiente come deterrente e il vecchio sistema valoriale borghese (Dio, Patria e Famiglia), di cui le religioni organizzate erano “garanti”, anche’esso altrettanto sufficiente come “falsa coscienza” necessaria per poter garantire e sostenere ideologicamente il sistema e naturalmente a creare le condizioni per la sua riproduzione.
La situazione da allora è completamente mutata, come tutti possiamo vedere, per lo meno nel cuore della metropoli capitalista occidentale. Tant’è che è qui che si sono sviluppati i processi più sofisticati per quanto riguarda l’evoluzione del complesso sistema di controllo e dominio sociale. Anche nel Ghana, nel Ciad, in Arabia Saudita, nelle Filippine o nel Malawi c’è il capitalismo, se è per questo, ma è evidente che in quei contesti non c’è necessità di sviluppare meccanismi tanto sofisticati di controllo e dominio sociale. Se andassimo a parlare di “ideologia politicamente corretta” o di “controllo della sfera psichica” in quei contesti, neanche ci capirebbero, ovviamente e giustamente. Non saprebbero neanche di cosa stiamo parlando, verremmo presi per dei marziani o degli svitati.
Ma noi non siamo in quei contesti, siamo nel cuore del capitalismo occidentale che per poter riprodursi e continuare a perpetrare il proprio dominio (anche indirettamente in quegli altri contesti) ha avuto necessità di costruire (questo invece è un processo complesso e certamente non un “complotto” ordito a tavolino…) all’interno della sua stessa cabina di comando, diciamo così, dei meccanismi estremamente più sofisticati. Ed è qui che entra in ballo la famosa “sovrastruttura”, se vogliamo ancora chiamarla così, e cioè tutto ciò che ha a che vedere con il controllo, il dominio e la manipolazione delle menti.
Esempio pratico. Ai tempi di Marx il valore di una merce era determinato dal valore d’uso, cioè dalla quantità di lavoro necessaria a produrla (più plusvalore, assoluto e relativo ecc. tutte cose che non devo certo spiegare a te…). E questo per ovvie ragioni, in primis per il fatto che il valore di un bene era effettivamente dato dalla sua utilità o necessità e ovviamente e soprattutto dalla sua disponibilità. Di conseguenza l’antichissima legge dell’utilità marginale era quella che determinava il suo valore e quindi il prezzo. Il valore di scambio era quindi necessariamente collegato al valore d’uso (mi rendo conto di stare facendo un ridicolo bignamino ma ci capiamo…). Oggi, obiettivamente non è più così, o meglio, non è più soltanto così. Intanto perché la quantità di lavoro necessaria a produrre una merce si è ridotto in misura esponenziale fin quasi a raggiungere in alcuni casi quasi lo zero (con tutto ciò che questo comporta sul lavoro, sull’occupazione, sul salario, ecc. ecc.) e poi perché il valore di una merce (e quindi il valore di scambio) può essere determinato anche indipendentemente dal valore d’uso.
Per spiegare questo concetto porterò un esempio ancora più banale del mio ragionamento e naturalmente iperbolico, ma forse efficace.
Siamo ormai in un mondo in cui se le grandi strutture di manipolazione di massa del consenso decidessero di lanciare una gigantesca campagna per sostenere che la pipì dei gatti giapponesi, per una determinata congiuntura geografico atmosferica, ha delle particolari doti che fanno bene alla pelle, eliminano la cellulite, fanno crescere le tette oppure aumentano la virilità perduta dei maschi, noi assisteremmo alla produzione e alla vendita (e forse al boom…) di creme tonificanti all’estratto di pipì di gatto giapponese.
L’esempio è un assurdo (e non ne sono tanto sicuro al punto in cui siamo arrivati…) ma ci capiamo…
Se le cose stanno così (potrei portare tanti altri esempi, magari meno iperbolici…), è possibile considerare ancora il controllo della sfera psichica solo come una sovrastruttura determinata dalla struttura (economica)? Tu potresti rispondermi:”Si, ma lo scopo di quel controllo psichico, nella fattispecie, la vendita di estratto di pipì di gatto giapponese, è finalizzata all’accumulo di plusvalore”. Vero, ma se quella “sovrastruttura” ha quella potenza di condizionamento e di penetrazione psichica profonda, a tal punto da determinare la produzione di una merce piuttosto che un’altra (così non era ai tempi di Marx semplicemente perché il problema non si poneva), diventa difficile continuare a sostenere che quella sia una sovrastruttura determinata da una struttura. Tendo piuttosto a pensare che siamo di fronte a due strutture che interagiscono insieme.
In conclusione, Marx ebbe un’intuizione geniale, per l’epoca, perché fu capace di svelare la menzogna che si celava dietro l’ideologia dominante all’epoca, cioè il fatto che quella ideologia (sovrastruttura) fosse il prodotto dei rapporti di produzione (struttura). Oggi, a mio parere, quella relazione (struttura-sovrastruttura) deve essere rivisitata, alla luce delle considerazioni di cui sopra. Naturalmente il discorso è tutt’altro che esaurito, anzi, direi che è appena sommariamente accennato, ma per esigenze “giornalistiche”, cioè per non appesantire la lettura, mi fermo, per riprenderlo successivamente e dare la possibilità a chi lo volesse di dare il proprio contributo di idee”.

17 commenti per “Struttura e sovrastrutture o solo struttura?

  1. armando
    20 Giugno 2015 at 12:44

    Discussione fondamentale, da approfondire. Mi limito a porre alcuni interrogativi a questo scopo.
    1)La rottura del nesso valore di scambio valore d’uso, mi sembra ponga un problema proprio alla teoria del valore.
    2)Le classi come definite da Marx sono tali, come agenti sociali, solo quando esprimono anche la perseità. Elemento che, mi sembra, sia venuto a mancare non solo dal lato del proletariato ma anche da quello della borghesia. Sembra che tutti si sia finiti in un calderone indistinto (soggettivamente indistinto). Ne consegue, che almeno dal lato delle classi subalterne, entra in crisi anche il concetto gramsciano di egemonia, non essendoci più il soggetto agente. Con ciò sbiadisce la lotta di classe, come vediamo.
    3)Poichè però le contraddizioni immanenti al capitale non sono venute meno, allora si manifestano, almeno oggi, in altro modo e con altri soggetti. Capire quali è fondamentale.
    4)Struttura/sovrastruttura. Se è cambiato il loro rapporto, questo pone un problema “filosofico” al materialismo storico. Forse quel rapporto non è mai stato come Marx lo descriveva? Ma allora anche il concetto di falsa coscienza sarebbe da riconsiderare. Ne discendono conseguenze di grande importanza anche per l’azione politica. Penso ad esempio al ruolo delle tradizioni religiose.
    Mi fermo quì. Di questi temi ne sto scrivendo anch’io in questi giorni.
    armando

  2. armando
    20 Giugno 2015 at 12:48

    Ho letto solo ora la tua ultima risposta nell’articolo Il capitalismo all’offensiva etc. in cui spieghi in parte il tuo punto di vista anche su alcuni dei quesiti posti sopra. bene,C’è materia di discussione.

  3. Bruno
    20 Giugno 2015 at 14:56

    Una risposta veramente da meditare.
    Concordo sul discorso del capitalismo impersonale versus teorie del complotto: il capitalismo non è mosso da una cupola occulta che si muove di nascosto, ma è fatto di persone, CdA e tutto ciò che conosciamo bene; che poi le costanti che lo regolino siano impersonali, ovvero siano meccanismi prodotti dall’uomo ma che poi viaggiano per conseguenza interna, sono d’accordo.
    Sul resto, io rifletterei attentamente sul valore d’uso, la pongo come semplice spunto senza voler avere in mente di essere nel giusto, ci sto pensando anche io adesso a botta calda.
    Spesso il valore d’uso non è così ‘naturale’, ma dettato da una cultura e da una tradizione: se io mi metto a produrre e vendere sedie a popoli che sono usi mangiare seduti a terra su un tappeto, quella sedia non ha valore d’uso a meno che io non li convinca della bontà del mio prodotto.
    L’esempio parossistico che porti è molto simile: io, manipolando le menti, instillo una cultura (vera o falsa che sia), e il fatto che detta cultura sia artificiale, anzichè sviluppata su direttrici storiche ‘naturali’ (usoo questo termine per semplificare, con tutto ciò che le semplificazioni comportano come imprecisione, visto che il concetto di naturale è molto dilatato), dipende proprio dal discorso -peraltro davvero molto molto interessante, soprattutto sul tempo di lavoro e sulla metropoli- che tu fai sul grado di sviluppo del capitalismo complesso odierno.
    Epperò, io sto sempre introiettando la suggestione di un valore d’uso (fasullo quanto si vuole) per renderlo valore di scambio ed estrarne plusvalore, per cui a me la distinzione classica struttura/sovrastruttura sembra rimanere calzante. Semmai, dal mio punto di vista, aumenta il potere di incidenza della sovrastruttura sulla struttura, ma faccio un po’ fatica a considerarle due strutture parallele.

    • Fabrizio Marchi
      20 Giugno 2015 at 15:33

      Non sono parallele ma interconnesse e interrelate, agiscono insieme. In ogni modo, date anche le interessanti osservazioni di Armando che però non condivido o condivido solo in parte, risponderò più avanti. Prima vediamo se ci saranno altri interventi nel merito…

      • Bruno
        20 Giugno 2015 at 21:36

        Hai ragione: parallele non rende, giusto dire interconnesse: ero in veloce pausa dal lavoro e ho poco meditato i termini, tuttavia, a parte questo errore, la sostanza della questione mi sembra permanere.
        Per ora anche io mi fermo qua: aspettiamo altri interventi, poi il tuo e semmai dirò anche io la mia sugli interventi di Armando.

  4. armando
    20 Giugno 2015 at 18:08

    Su valore d’uso e di scambio, potremmo intanto partire dall’esaminare la differenza fra lo schema MDM e DMD. Mentre nel primo il processo si conclude con M, ossia una merce che soddisfa un bisogno e che è l’obbiettivo dello scambio, nel secondo si conclude con D, ossia con Denaro. L’obbiettivo è intrinsecamente diverso, non avendo D alcun valore d’uso che soddisfi un bisogno (certo, quello di soddisfare la cupidigia, ma allora il discorso si chiude in quanto tutto è bisogno). Da quì origina la possibilità che fra valore d’uso e di scambio si operi una cesura. Parlo di possibilità, ossia di potenza, per realizzare la quale occorrono poi altre cose. Dell’argomento ne scrisse diffusamente Jean Baudrillard, mente brillante e acuta. Ne dovremo riparlare.

  5. Giacomo
    21 Giugno 2015 at 12:46

    E’ una cosa che medito da almeno 10 e più anni. Struttura e sovrastruttura. Di certo esiste la Struttura nei termini di mondo fisico esterno, esistenza di limiti e uso delle risorse, necessità, bisogni primari, rapporti di produzione. La struttura è natura che si fa poi artificio con l’opera umana. Per questo anche districare cosa è natura e cosa è cultura è estremamente difficile. La Struttura di certo precede in un ordine gerarchico la sovrastruttura. Ma due cose vanno notate: innanzi tutto anche io, o noi, che ne parliamo qui usiamo il linguaggio e quindi la semantica che è un oggetto sovrastrutturale: questo a volte è causa di confusione. La seconda cosa è che la natura è fondamentalmente indeterministica, lascia a noi scegliere molte cose e tra queste come usare le risorse, come stabilire cose come appunto il valore d’uso di un oggetto. Ma anche la forma della società, delle classi (checché ne dicano i semplicistici fautori della “fine della storia”). Ed è qui che la sovrastruttura può avere, soprattutto a livello psicologico quello che io chiamerei un feedback sulla struttura, modificando quello che la natura lascia indeterminato e dando a volte l’apparenza dell’illimitato, anche attraverso il linguaggio, perché di mondi possibili (e impossibili) se ne possono concepire tantissimi, ma solo alcuni sono reali, solo qui i veri rapporti di forza emergono. E questa realtà è tanto più facilmente occultabile controllando la sfera psichica piuttosto che la sfera materiale. Il complottismo come l’anticomplottismo (l’impersonale) giocano sul tavolo psicologico nascondendo una realtà complessa fatta di tanti gruppi che in realtà giocano partite contrapposte e le cui alleanze sono momentanee o strumentali al gioco del mantenere il potere. Braudel in una celebre intervista (alla quale assistevano scioccati Fanfani e Pietro Ingrao) disse che nella lunga durata l’individuo era irrilevante, non contava nulla, le forze della storia erano assolutamente impersonali. Aveva ragione? Si per la maggior parte del tempo io credo che sia così, ma esistono momenti di crisi (quelle che i matematici chiamano biforcazioni o catastrofi) in cui la decisione di un singolo (o di pochi) può alterare tutto quello che accadrà a venire.

  6. 21 Giugno 2015 at 17:33

    A proposito di “Strutture e sovrastrutture o solo strutture?” di Fabrizio Marchi

    Non ho avuto modo di seguire il dibattito, perciò è inevitabile che sfondi anche porte aperte. Affronterò solo alcuni argomenti .
    La merce deve avere un valore d’uso, soddisfare un bisogno umano, ma “la natura di questi bisogni, per es. il fatto che vengano dallo stomaco o che provengano dalla fantasia non cambia nulla” (“Il Capitale, vol. I, sez.1, Cap. 1). Questi bisogni non sono necessariamente salutari, possono essere dannosi, come l’oppio e l’assenzio al tempo di Marx, e in seguito l’eroina (scoperta Bayer!) o la cocaina. Anche nel caso della massima assurdità del bisogno indotto – si pensi agli arnesi sado-maso, alle bottigliette con l’acqua di Lourdes, o alle biografie inventate di cantanti, attori o politici – si può parlare di consumi inutili e dannosità sociale, non di mancanza di valore d’uso. Certo questa mancanza la si può ritrovare nel capolavoro della chiesa, che ora tuona contro il mercato, ma un tempo smerciava posti in paradiso, con la famigerata vendita delle indulgenze.
    Quasi tutti i bisogni umani hanno un’origine artificiale. Il grano in natura era immangiabile, e alcuni tipi di frutta, come pesche e mandorle, velenosi, per cui occorse una sapiente selezione per trovare il prodotto commestibile.
    L’uomo ha trasformato animali e piante, e ci opponiamo agli OGM non perché sono artificiali, ma perché finalizzati agli interessi delle multinazionali, che se ne infischiano delle conseguenze sull’ambiente e sulla salute. In un diverso contesto sociale, con la garanzia di una lunga sperimentazione per accertarne la non pericolosità, simili tecniche potrebbero essere ricuperate per ottenere prodotti migliori.
    La produzione crea il consumo: “La produzione non produce solo l’oggetto del consumo, ma anche il modo di consumo, non solo oggettivamente, ma anche soggettivamente. La produzione crea quindi il consumatore. La produzione fornisce non solo un materiale al bisogno, ma anche un bisogno al consumatore” Marx fa l’esempio: “L’oggetto artistico- e allo stesso tempo qualsiasi altro prodotto- crea un pubblico sensibile all’arte, e capace di godimento estetico”.(Introduzione alla “Critica dell’economia politica) Ai giorni nostri una certa produzione di filmati, riviste, libri, può creare un pubblico capace di digerire qualsiasi porcheria, anche se vi è una produzione minoritaria di altro segno.
    L’industria crea i bisogni. 30 anni fa, nessuno pensava al telefonino tascabile, allo smartphone, al computer tascabile, creazioni dell’industria con relativi bisogni indotti, e corrispondente ideologia che tende a presentarli come indispensabili. Una volta, i passeggeri di un treno ciarlavano o leggevano. Ora, salvo qualche vecchio, sono tutti assorti a guardare o ad ascoltare programmi trasmessi da qualche aggeggio elettronico. Non c’è più bisogno della torre d’avorio per isolare l’individuo.
    Marx analizzava un capitale ancora relativamente “primitivo”? Il Capitale non è una riflessione sul capitalismo inglese, ma, salvo le parti storiche, è un’opera di astrazione scientifica, in cui esistono solo le tre classi pure del capitalismo, proprietari terrieri, imprenditori (agricoli e industriali) e proletari. Contro gli economisti borghesi, che attribuivano gli inconvenienti e le crisi al permanere delle classi precapitalistiche (artigiani, piccoli agricoltori, negozianti…), Marx dimostra che un capitalismo puro sarebbe ancora più insostenibile. La società descrittavi non è il capitalismo dell’ottocento, ma quella che – speriamo- non si raggiungerà mai, perché travolta dalla rivoluzione proletaria.
    Marx parla di una società dominata dai monopoli nell’epoca del pieno trionfo del libero scambio, registra in Inghilterra la diminuzione degli operai di fabbrica e l’aumento del settore terziario (allora soprattutto camerieri, maggiordomi, vetturini…) e prevede una società in cui il numero dei disoccupati sarà tale da costringere la classe dirigente a mantenerli, anziché esserne mantenuta. Parla della fabbrica automatica che opera con soli sorveglianti e della tendenza storica a superare la legge del valore, perché il lavoro umano è sostituito sempre più da macchine. Prevede lo spostamento del centro economico dall’Europa agli Stati Uniti e dall’Atlantico al Pacifico, cose avvenute nel ‘900 o addirittura in corso.
    Quanto al controllo della sfera psichica, neppure questo è un problema nuovo, ma è vecchio quanto le classi sociali. Platone, soprattutto nelle “Leggi”, ma anche altrove, parla di censurare l’arte, a cominciare dai canti, di controllare la vita sessuale, con punizioni per i celibi. Chiede la lotta contro l’ateismo, la prigione per gli “empi”; di instillare nei giovani determinati miti, allo scopo di far ritenere ineluttabile la divisione sociale in caste.
    Credo, poi, che sia difficile persino oggi raggiungere un controllo della sfera psichica paragonabile a quello della chiesa nel medioevo, quando anche gli oppositori, i cosiddetti eretici, credevano nello stesso dio e nello stesso Cristo. Difficilmente uno psicanalista può raggiungere un controllo psichico paragonabile a quello del confessore sul fedele, se questi, pur ritenendo l’uomo che sta dietro la grata inadeguato o persino indegno come individuo, crede che nelle sue mani, in quanto sacerdote, stiano le chiavi del paradiso o dell’inferno.

    • Fabrizio Marchi
      21 Giugno 2015 at 21:05

      Posto anche qui la risposta che ti ho già dato su FB:
      Caro Michele, intanto ti ringrazio del tuo prezioso contributo e ti chiederei di condividerlo anche direttamente sul giornale per far si che anche altri possano leggerlo.
      Mi limito a dire che sono senz’altro in linea di massima d’accordo con quanto hai scritto. Peraltro chi scrive, il sottoscritto, è un marxista, che crede nell’attualità dell’approccio interpretativo marxiano, proprio paradossalmente nell’era della sua presunta “inattualità”. Quindi non c’è necessità di ricordarmi le facoltà previsionali di Marx, e la sua capacità di leggere il futuro (senza per questo essere un veggente o un semidio…).
      Mi chiedo però – appunto – anche e proprio in virtù delle tue considerazioni, se il controllo della sfera psichica, se non addirittura la vera e propria costruzione di una sfera psichica, diciamo così, pubblica e intersoggettiva (se mi passi la semplificazione), possa essere considerato una sovrastruttura.
      Tu stesso hai evidenziato come fin dai tempi della Grecia classica (ma anche prima) fino al ruolo della Chiesa nel Medioevo (ma l’elenco degli esempi potrebbe essere lunghissimo…), il dominio della sfera psichica sia stato fondamentale per la perpetrazione del dominio di classe nelle sue varie forme storiche. A mio parere (ma si tratta appunto di un‘opinione, ho voluto infatti aprire una riflessione senza avere la pretesa di chiuderla…) penso che proprio per l’importanza strategica di questo aspetto, non possa essere considerato un elemento sovrastrutturale, quindi in qualche modo succedaneo. Ritengo altresì, ma anche questa è un’opinione personale, che oggi il controllo di questa sfera, sia ancora più strategico e fondamentale per la perpetrazione della attuale forma di dominio capitalistico (rispetto ad altre forme storiche di dominio sociale). Non solo. Credo addirittura che il controllo di quella sfera possa influire in modo determinante (e questo lo sosteneva anche Marx, per la verità) sui rapporti di produzione e sulla stessa economia, fin quasi (e questo invece lo sostengo io, o meglio, avanzo l’ipotesi) a rovesciare il paradigma in taluni casi e a “imporre”, o meglio a determinare le politiche e anche le strutture economiche.
      Mi chiedo allora se, alla luce di tutto ciò, il dominio della sfera psichica possa essere considerato un fattore sovrastrutturale, anche nell’accezione marxiana del termine. Il che non toglie nulla, come ripeto, all’approccio scientifico di Marx. Ma proprio e anche la scienza, in quanto tale, come sappiamo, è suscettibile di rivisitazione, laddove necessario, ovviamente. Non essendo uno scienziato a nessun livello,ma soltanto un uomo che riflette, osserva la realtà (con i propri occhi) e la interpreta (e cerca nel suo piccolissimo di trasformarla), non sono personalmente in grado di valutare appunto scientificamente la questione (e in tuta sincerità, penso che siano veramente in pochissimo a poterlo fare…). Posso solo permettermi di aprire una riflessione che ritengo necessaria, per una semplicissima ragione, e cioè perché la “sinistra” è malata di economicismo, sociologismo e politicismo, quando va bene (quando va male non ne parliamo neanche) e c’è una sostanziale refrattarietà se non una vera e propria chiusura aprioristica ad esplorare altri territori (appunto la sfera psichica) che a mio parere sono invece altrettanto fondamentali, come l’economia, la sociologia e la politica (quest’ultima oggi veramente sotto i tacchi…).

      • Bruno
        22 Giugno 2015 at 0:22

        Una serie di interventi illuminanti, in particolare, primus inter pares, Michele Basso a parere mio personale.

        Fabrizio, a me pare che a ben vederci sia quasi più una questione terminologica che una divergenza concettuale.
        La sovrastruttura non è un qualcosa di accessorio o accidentale come parrebbe, ma è semplicemente il prodotto culturale dell’uomo che vive in società, ma in quella precisa società storica fondata su rapporti di produzione precisi e precise tensioni sociali, e che non può che partire da qua per confermarla o esserne antagonista.
        Un esempio: il discorso che tu affronti sul neofemminismo non sarebbe nemmeno pensabile in una società medioevale, mentre uno che vivesse come un cavaliere medioevale, non solo nel look ma in tutto il suo codice di valori, finirebbe probabilmente sotto TSO. Forse le domande filosofiche metafisiche di fondo sull’individuo sono più universali, ma anche queste prendono la forma, diciamo si declinano, a seconda della cultura e dei rapporti che si sviluppano. diciamo della temperie di una società.
        E dunque il controllo psichico, o come si vuol chiamarlo (a me piace più ‘architettura mentale’ che esiste come arma delle classi dominanti da sempre ma che oggi ha forme sicuramente inedite e più forti, che andrebbero studiate dalle scienze che citi), è oggi un elemento importantissimo, ma il fatto che sia sovrastruttura non gli da un rango inferiore, sbaglia chi crede che la struttura abbia una importanza maggiore: senza la loro ideologia (=sovrastruttura) i bolscevichi non sarebbero stati capaci di prendere in mano la rivoluzione e approfittare del giusto momento a livello strutturale (sfaldamento dei rapporti di classe durante una carneficina mondiale, in una società contadina che stava iniziando alcuni sviluppi dell’industria pesante).
        E pure qua concordo con voi sulle capacità di universalizzazione dei concetti storici di Marx: quando nel feticismo della merce Marx dice che la merce è ideologia sta sì parlando della società in cui l’operaio lavora 14 ore per produrre merci e poi quando le compra crede che il suo valore abbia un valore assoluto, per così dire imperscrutabile e calato dal cielo, perchè il processo produttivo è scisso da quello distributivo e ad esso occultato generando una forma di alienazione nel proletario, ma dice anche -e qui, nel metodo e nello schema è la dinamicità marxiana- qualcosa di fondamentale di tutto il capitalismo e che ci parla pure oggi in cui la nettezza delle differenze di classe è mutata insiem alle mutazioni intrastrutturali del capitalismo. Pure quando tu, Fabrizio, dici che il capitalismo sta cercando di distruggere finanche la maschilità per mercificare vieppù i rapporti, stai dicendo esattamente quel che diceva Marx, e dello stretto legame tra struttura e sovrastruttura e del loro reciproco, dialettico, compenetrarsi.
        Ecco, a me sembra proprio che la distinzione tra la struttura, ovvero i rapporti di produzione, e la sovrastruttura, cioè tutte le ideologie che questi rapporti producono, che siano concordi o in antitesi fino ad incidere a trasformare la realtà, sia uno schema logico che ancora tiene.
        L’errore che tu imputi alla fine, quello di trascurare alcune parti del sapere, deriva dal dare un valore determinista al rapporto tra struttura e sovrastruttura come furono alcune interpretazioni di Marx sin dai primi tempi in cui si iniziò a studiarlo a livello internazionale, ma a me non sembra mettere in discussione lo schema.
        Certamente se si vuol dare alla sovrastruttura un valore di secondarietà per così dire assiologica, allora il discorso cambia e sarebbe corretta la tua ipotesi di due strutture ‘interconnesse e interrelate’, ma io penso che l’errore che tu sottolinei riguarda più questa interpretazione che lo schema marxiano stesso.

    • armando
      22 Giugno 2015 at 16:22

      Prima una precisazione: il punto non è se esiste o meno un valore d’uso sotteso ad uno di scambio. Se l’ho detto o lasciato intendere me ne scuso perchè non quello volevo dire (salvo che il D dei due circuiti mercantili MDM DMD). E’ a) se il valore di scambio sottende un valore d’uso ad esso precedente, o b) se è esso stesso in grado di crearlo, il valore d’uso, che è simile a dire che tutti i bisogni sono indotti o artificiali. In questo modo, però, si esalta e si nega al tempo stesso ogni ontologia umana. L’uomo sarebbe l’unico essere vivente con bisogni potenzialmente illimitati ancorchè, per lo stesso motivo, illimitatamente sconosciuti. Cosa significa questo?
      Ad un animale è perfettamente inutile proporre un cellulare, all’uomo si può proporre di tutto, e quel tutto diverrà un suo bisogno da soddisfare. Allora, mentre l’animale è interamente detrminato dalla sua biologia, l’uomo non lo sarebbe per niente. Interamente indeterminato e quindi interamente manipolabile. E’ questo che intendeva Marx colla definizione di essere umano come “ente generico”? Ossia che non sarebbe possibile rintracciare in esso una radice ontologica, una sua natura di uomo che lo differenzia all’origine dall’animale? Non credo volesse dire questo, ma se fosse per me sbagliava. Ammettiamo però che sia così: i bisogni sono tutti indotti, tutti artificiali, l’offerta crea sempre la domanda, il valore d’uso non esiste in sè ma è sempre, ed è sempre stato, una creazione del valore di scambio. Quali conseguenze?
      Chi sarebbe abilitato a decidere cosa produrre e quindi quali bisogni creare?
      a) Un gruppo di “ottimati” che sa cosa è giusto per l’umanità? Ma è il ritratto della società isituzionalmente artistocratica e oligarchica, nella migliore delle ipotesi.
      b) Gli uomini stessi, ma allora quale miglior giudice del “mercato”? Alcuni prodotti riceveranno miglior successo di altri. Vorrà dire che il loro inventore è stato più bravo a intercettare i bisogni potenziali, oppure che è stata migliore l’azione di marketing/prodotto. Questa è la rappresentazione e l’esaltazione dell’economia di mercato allo stato puro, stile american dream. Accomodatevi, non è il mio dream.
      c)Nella peggiore è quella di una società apparentemente democratica ma diretta dietro le quinte da un gruppo di ottimati che sa cos’è il bene per tutti, o più facilmente conosce bene il proprio “bene” e lo persegue. Sarebbe una commistione realistica fra a) e b). Questo è ciò che viviamo in concreto ma anche in questo caso non è il dream.

      Mi si potrebbe obiettare che gli uomini potrebbero decidere in altro modo, democraticamente riuniti, quali cose produrre e quindi quali bisogni maggiormente utili o graditi creare. Diciamo che somiglierebbe a piani quinquennali democraticamente decisi. Non un grande successo, mi pare. E le minoranze escluse? E le difficotlà tecniche a farlo?
      Non se ne esce. O si ammette che esista una ontologia dell’essere umano, una sua natura intrinseca che lo limita certamente, ma costitiusce anche un limite per intrusioni esterne (bisogni fasulli). e quindi che esista una verità non relativa, non storica, oppure l’economia capitalistica diventa automaticamente la più giusta, persinio più giusta e democratica del “controllo ideologico religioso”. A proposito del quale, si crede davvero che il controllo psichico sia più difficile oggi che la chiesa conta nulla, piuttosto di ieri? Ieri esistevano condizioni ambientali che, qualunque fossero le cattive intenzioni, determinavano in gran parte la vita materiale delle persone, preti o non preti. Oggi davanti a noi sembrano presentarsi scelte quasi infinite ma, sarà un caso, tutti (la grande maggioranza) scegliamo di comprare le stesse cose, di andare negli stessi posti e soprattutto di pensare le stesse cose degli altri. Massima manipolazione delle menti, molto più raffinata di quella religiosa o di quella dei regimi totalitari. Dice nulla il fatto che la pubblicità, per indurre tutti a comprare lo stesso oggetto, ti stimola a pensare che avere quell’oggetto ti differenzia dagli altri?. Summa astuzia del capitale, altro che i rudimentali preti con le terrifiche immagini delle fiamme infernali.
      Cioè, la forma merce sarebbe nichilista, ma “democratica”.
      Con ciò so benissimo che non c’è una soluzione facile e già fornita su un piatto d’argento. Occorre ricercarla, ma per questo esiste una condizione necesssaria: l’ammissione che la verità esiste, ed alla verità è possibile accedere anche se difficilissimo. Da quì si può partire a discutere sulla via filosofica, comunitaria, religiosa o quel che volete voi. Senza, la società del capitale è destinata a trionfare. Altro che lotta di classe!

      • Bruno
        24 Giugno 2015 at 5:58

        Secondo me la questione è molto più semplice.
        Nell’Uomo non esiste una scissione tra natura e cultura, l’uomo culturalizza qualsiasi attività biologica (dal cibo al sesso al fare i propri bisogni), per cui, che sia un processo culturale spontaneo, o che sia indotto (con tutte le compenetrazioni possibili ed immaginabili tra le due sfere), è lo sviluppo storico umano che deciderà sempre cosa diventerà un bisogno secondario.
        Ovvio che nel capitalismo, la cui essenza è creare bisogni per vendere merci, il livello di artificialità e sofisticazione diviene quantomai dannoso perchè volto a creare profitto per pochi a danni di molti.

  7. Giacomo
    21 Giugno 2015 at 23:19

    Certo che tutte le civiltà hanno avuto fin dall’inizio l’idea di coltivare il controllo della psiche per fini di potere. La religione è un ottimo esempio. Una volta re e regine lo erano per diritto divino. Tuttavia con la scienza moderna si è indubbiamente fatto un salto di qualità nelle possibilità di controllo. Questo da diversi punti di vista. La genetica potrebbe permettere di prevedere se svilupperemo o meno certe malattie, la psicologia se abbiamo o meno certe nevrosi o psicosi (e sono d’accordo che la figura dello psicologo ha in effetti sostituito il prete moltiplicandone il potere a causa dell’autorità conferitagli dalla scienza, nonostante non esista assolutamente un’unica psicologia, ma una ridda di scuole di pensiero diverse), le neuroscienze hanno in parte svelato il comportamento del cervello (anche se non sono ancora in grado di controllarlo completamente) ad esempio oggi capiamo come la droga agisce e come essa stabilisce nella nostra psiche dei circuiti neurali che una volta visitati per un certo tempo plasmano l’individuo in modo irreversibile. La scienza o meglio la tecnica offre enormi possibilità di controllo, e forse il punto più dolente della “falsa coscienza” odierna è la possibilità straordinaria di controllo della psiche attraverso i mezzi di comunicazione di massa, attraverso la diffusione di nuovi totem e tabù che pervadono tutti i mezzi ufficiali (l'”esportazione della democrazia” o il “dirittoumanismo” a tutti i costi sono esempi ben noti). Orwell aveva visto bene, ma aveva anche sottovalutato la capacità del sistema di prevedere al suo interno anche il dissenso sotto forma di “rivoluzione colorata” (in effetti “1984” descrive una società stalinista piuttosto che occidentale). Il complottismo stesso potrebbe essere una forma di “dissenso” programmato onde indirizzare verso obiettivi irrilevanti la rabbia delle classi subalterne (fatevi un giro in rete per scoprire quanti credono al complotto mondiale dei massoni, del vecchietto Rothschild, del Bildberger e così via. Non voglio negare che costoro siano coinvolti in dei tentativi di manipolazione a fini di potere o di mera accumulazione capitalistica, ma non ne hanno certo il controllo totale). Per fortuna c’è qualche “ma”, perché altrimenti saremmo veramente mal messi: in primo luogo il carattere indeterministico della natura fa si che esistano spazi inesplorati di convivenza comune che sotterraneamente riemergono tra le fila della storia, a volte in modo ingenuo (si pensi alla mitologia della “new age”), a volte in modo più concreto e suscettibile di lotte reali (tutto il percorso del movimento operaio del novecento che ha portato al disegno del “welfare state” ora messo in discussione dall’offensiva neoliberale). In secondo luogo è la scienza stessa a produrre i suoi “anticorpi” contro il controllo. Faccio un unico esempio ma ce ne sarebbero molti altri: fino a oggi internet, nata vi ricordo come un’applicazione militare, è stata un luogo dove il pensiero alternativo ha potuto esprimersi trovando anche una concretezza a volte politica che non erano previste nel “dissenso controllato” (un esempio vicino a noi è il M5S, con tutti i suoi ENORMI (mi spiace “urlare” il maiuscolo ma è così) difetti, nato grazie alla rete, ma che nessuno avrebbe scommesso due lire su quello che è riuscito a diventare oggi. Non è detto che anche internet presto però ricada nel controllo del sistema e i tentativi per ricondurla all’alveo del “dissenso controllato” ormai si sprecano. Ma il controllo totale di un sistema complesso struttura e sovrastruttura, connessi e annessi, è estremamente difficile per chiunque. L’idea del “dissenso programmato” è a mio avviso geniale. Sebbene non sia altro che l’attuazione del modello politico “neoliberale”: due partiti simili, che non toccano la struttura, ma appunto indirizzano solo il dissenso verso i loro obiettivi di potere con grande “condimento” di libertà, società civile, new deals, etc.etc. (un insalata tanto ricca che finisce per stufare e cancellare persino l’interesse per la politica, salvo poi rivelarsi amara quando la polizia uccide solo qualcuno di un certo colore) anche questa ha i suoi limiti, lo stiamo vedendo adesso in Europa come (Italia a parte per il momento) i paesi del sud si stanno ribellando alle idee della post-socialdemocrazia che in linea di principio avrebbe dovuto essere dove si incanalava il dissenso alle idee della destra e dei vari “fascismi” di ritorno.

  8. 22 Giugno 2015 at 13:21

    Bell’articolo, Fabrizio Marchi, ma fa confusione tra sovrastruttura e struttura, e tra ideologia dominante e sovrastruttura. Tutte le attività atte a creare profitto (come il lancio della pipì di gatto nell’esempio) appartengono alla sfera della struttura, non a quella della sovrastruttura. Le attività tese a manipolare la coscienza ed a controllare la psiche fanno parte dell’ideologia e non della sovratruttura. La sovrastruttura è l’insieme generale che contiene anche l’ideologia. Quindi l’ideologia borghese è un sottoinsime della sovrastruttura. Per sovrastruttura si deve correttamente intendere il processo automatico che si genera dalla struttura produttiva ed economica quando questa è così abbondante da permettere l’esistenza di qualsiasi forma di espressione e produzione umana che non sia direttamente collegata al soddisfacimento dei beni necessari per l’esistenza. In altre parole, la sovrastruttura definisce in primis i comportamenti di coloro che si sono affrancati dalla necessità di lottare ogni giorno per tutto il giorno per sopravvivere, e dispongono di tempo libero da dedicare ad attività non direttamente collegate alle necessità della sopravvivenza, E NEPPURE ALLA NECESSITA’ DI FARE PROFITTO. In quest’ultimo caso, la necessità del maggior profitto possibile non è una questione di gusti o di avidità o di capricci mentali ascrivibili alla sfera della sovrastruttura, ma è una questione di necessità sistemica dell’operato capitalistico, di far fronte alla concorrenza ed evitare ad esempio di essere fagogicati dal concorrente che lancia ad un certo punto una OPA (cosa che non appartiene certo all’ambito della sovrastruttura). Nell’accezione marxiana più congrua la sovrastruttura è quell’ipostasi (supporto) spontanea, quindi non decisa nè orientata da alcuno (se non dai rapporti di produzione della struttura economica sottostante), atta a creare entro una società storicamente determinata tutte le manifestazioni comportamentali collaterali altre e superflue rispetto al grezzo processo produttivo necessario per il sostentamento immediato (ma anche altre rispetto alle strategie per la sopravvivenza ed indipendenza e massimizzazione dei profitti delle proprie attività economiche che in contesto imperiliastico assumono anche le connotazioni di politiche economiche a difesa della nazione). Nella sovrastruttura troviamo comprese anche le più alte manifestazioni del pensiero e del comportamento umano (arte, religione, comportamento amoroso, ecc.), ma mai le attività collegate alla pressione psicologia indotta per il successo merceologico della produzione (che poi questo aspetto necessario alla sopravvivenza del capitalismo possa anche assumere connotazioni sovrastrutturali è un’altra questione). Insomma, la fenomenologia della sovrastruttura (che non è solo della società capitalistica, ma appartiene come entità formale astratta a tutte le civiltà) è la più varia e complessa ma entro la società capitalistica tende ad assumere caratteritiche ben precise e ben riconoscibili. Per tali motivi è a mio avviso errato affermare che le campagne di lancio di un prodotto, o più semplicemente il controllo mentale che induce al consumismo, non vada considerato “sovrastruttura” perché “ha quella potenza di condizionamento e di penetrazione psichica profonda, a tal punto da determinare la produzione di una merce piuttosto che un’altra”, e per il semplice motivo che è stato un errore considerarla all’inizio di questo tuo scritto una sovrastruttura perché E’ A TUTTI GLI EFFETTI STRUTTURA, ecco perché “diventa difficile continuare a sostenere che quella sia una sovrastruttura determinata da una struttura”. In effetti è struttura in quanto parte integrante dell’attività economica di un capitalismo maturo ed avanzato. Tendere invece a “pensare che siamo di fronte a due strutture che interagiscono insieme” è un errore bello e buono. Di questo passo allora potremmo moltiplicare le strutture di produzione con l’avanzare della sofisticazione dell’attività capitalistica. La struttura è sempre una, solo che assume aspetti diversi con l’aumentare della complessità della produzione capitalistica. Cosa diversa è invece l’ideologia, che può assumere aspetti condizionanti di adesione alla struttura sfruttando le caratteristiche della struttura produttiva stessa.

  9. armando
    22 Giugno 2015 at 16:28

    PS sulle classi. Solo per memoria Engels, a proposito dei trust, parlava letteralmente, di “superfluità della borghesia”. Un bell’assist anche questo per la discussione su struttura/siovrastruttura, produzione culturale e ideologie degli agenti della produzione.

    • Bruno
      24 Giugno 2015 at 5:55

      Però nel momento in cui io faccio marketing ed induco bisogni sto facendo ideologia della merce, ovvero sovrastruttura poichè creo un humus culturale adatto a farmi vendere quel determinato prodotto.
      L’esigenza di accumulare plusvalore è strutturale al Capitale e la valorizzazione della merce ne è sempre la conseguenza strutturale (valorizzazione che avviene innanzitutto e come ‘causa prima’ nel processo produttivo non in quello distributivo), ma l’ideologia che io veicolo per vendere meglio e di più quella merce è, in quanto ideologia, sovrastruttura.
      Altrimenti -avessimo parlato di struttura- Marx non avrebbe potuto chiamare ‘ideologia’ il feticismo della merce, mentre lo fa e l’ideologia, appunto, pertiene alla sovrastruttura.
      Almeno secondo me.
      Concordo che lo schema struttura/sovrastruttura rimanga intatto.

  10. 24 Giugno 2015 at 12:23

    Controllo della sfera psichica, struttura e sovrastruttura.
    Cercherò di essere breve, trattandosi di una nota. Nell’Ideologia tedesca, la morale, la religione, la metafisica, ecc. non hanno storia. Questa formulazione, che ha un preciso senso se rapportata all’intera argomentazione, può creare tuttavia equivoci in molti lettori che la isolino dal contesto. Uno dei tanti motivi, forse, per cui Marx ed Engels preferirono utilizzare il ricchissimo materiale del libro per altri scritti, e non cercarono più di pubblicarlo. Nella “Prefazione” a “Per la critica dell’economia politica”, la formulazione è un po’ diversa: è possibile un’analisi scientifica precisa delle condizioni della produzione, da tenere distinte dalle “forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche, filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo”.
    Direi che il controllo della psiche è inquadrabile in questo secondo settore, perché è uno strumento per combattere questo conflitto, che si aggiunge a religione e propaganda politica controrivoluzionaria. La dipendenza da fattori strutturali – determinanti in ultima istanza, come precisa Engels in una lettera a Joseph Bosch del 21 settembre 1890 – si può capire da un esempio. Se uno stato, che ha preparato una legione di esperti nel controllo psichico e previsto un grande stanziamento di fondi, si trova con le casse vuote a causa di una crisi economica, gli esperti si ritrovano a vendere gelati, come accadde a scienziati plurilaureati della Nasa, quando il governo tagliò i fondi. Un paese ricco, invece, come l’Arabia Saudita, nel 2011, poté bloccare le proteste con l’elargizione di 200 miliardi di dollari, e con strumenti tradizionali, come la frusta, il taglio delle teste, la religione.
    Credo che abbiate fatto bene a evidenziare queste problematiche, affrontate spesso solo a livello cinematografico (es. il candidato manciuriano) e sarebbe utile studiare le esperienze di coloro che più direttamente sono stati vittime di certe forme di controllo, come i reduci delle continue guerre americane, tra i quali si trovano i più convinti oppositori di queste forme di manipolazione. Comunque, si tratta sempre di uno dei tanti strumenti del capitale, che non manda in pensione la religione – si pensi al successo di papa Francesco anche in paesi avanzati socialmente- la disinformazione, la censura e l’autocensura dei media, ecc.
    Sono pienamente d’accordo nel combattere ogni interpretazione puramente economicistica del marxismo, e aggiungerò una citazione. Durante una discussione sui sindacati del 1921, Lenin, a Trotsky e Bucharin che lo rimproveravano di sostituire un problema ad un altro, di impostarlo politicamente, mentre essi lo impostavano economicamente, risponde: “L’errore teorico è palese. La politica è l’espressione concentrata dell’economia… La politica non può non avere il primato sull’economia, ragionare diversamente significa dimenticare l’abbiccì del marxismo” (Ancora sui sindacati, 25 gennaio 1921)

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