Femminicidio: emancipazione e narrazione


Il via libera del Consiglio dei ministri al disegno di legge che intende introdurre un autonomo reato di femminicidio, con pene aggravate, arriva in ottimo tempismo con l’8 marzo creando una perfetta liturgia mediatica.Lo schema del disegno di legge (proposto dai ministri Nordio, Piantedosi, Roccella e Casellati) poggia su un quadro interpretativo ed esplicativo del femminicidio, inteso come fenomeno con caratteristiche distintive e più gravi rispetto ad altri omicidi. Si vuole dunque portare sul piano del diritto positivo quella che è letteratura sociologica tutt’altro che neutrale, non diversamente da quanto si pensava di fare con il ddl Zan; peraltro, come in quel caso, non senza profili di palese incostituzionalità. In realtà, la materia è ampiamente strumentalizzata nel quadro di una precisa cornice narrativa pompata dal mainstream.In questo senso, indipendentemente dal suo contenuto, l’istituzione del reato di femminicidio si inserisce nel quadro ideologico del femminismo neoliberale, che presenta uno sbilanciamento dai tratti palesemente anti-maschili. Da tempo le élite hanno compreso che il Femminismo è quanto mai funzionale al Capitalismo, perché consente di proiettare nel campo dei subalterni una linea di divisione che sostituisce quella di classe, estromettendola dal discorso pubblico.Non a caso la strage dei morti sul lavoro non viene presentata come una “questione di genere” nonostante lo sia, visto che le vittime sono in larga maggioranza uomini. E nonostante le morti sul lavoro siano oltre mille ogni anno, contro i 40 femminicidi annui, oltre cento (soglia psicologica) secondo la narrazione mediatica urlata in assenza di qualsiasi riscontro. Tanto che il numero di circa 40 è quello censito dalle stesse associazioni di lotta contro la violenza di genere. Ma perché mai non si dovrebbe credere al maintream sulla statistiche di femmninicio, è talmente affidabile su tutto il resto. E poi, chi verifica, chi ne ha più voglia?Naturalmente le cause della mortalità sul lavoro quasi tutta al maschile devono essere analizzate riconducendole alle forme della divisione sociale del lavoro. Ma, appunto, proprio questo si intende accuratamente evitare. La strage dei morti sul lavoro non viene trattata per ciò che è, ossia una questione di genere maschile, perché si porterebbe immediatamente dietro la questione sociale nella sua concretezza.La narrazione che continua a celebrare nell’8 marzo una delle sue date liturgiche non deve emancipare proprio nessuno. Serve, al contrario, a distruggere l’emancipazione di donne e uomini insieme ridotti a individui a tu per tu con il Mercato.Per rendersene conto basterebbe osservare che le “pari opportunità” e tutto il corredo ideologico che si portano dietro, come le cosidette Stem (e proprio mentre la vita relazionale e sociale di bambini e adolescenti, parimenti maschi e femmine, viene travolta dalla ragion tecnica istituita dalla controrivoluzione digitale) sono da sempre sponsorizzate a piene mani, con grande investimento di comunicazione (leggi propaganda), di risorse e di finanziamenti, dalla stessa UE che ora chiama a raccolta i suoi “guerrieri” per distruggere i diritti sociali di tutti. Di uomini e di donne. Si dovrebbe allora capire a cosa sia servito e dove vada a parare questo trentennale racconto sull’emancipazione, in realtà prodotto dalla cultura liberista e ad essa strettamente funzionale. Così un disegno di legge sul femminicidio arriva alla fine di una paziente e metodica costruzione dell’emergenza femminicidi.Infine, è forse strano che a proporre di istituire il reato di femminicidio sia il governo di destra di Meloni? No, affatto, e avrebbe potuto farlo indifferentemente un governo di “sinistra”. Lo scrivevo qui poco tempo fa: “Quanto all’ideologia neoliberale, saranno le sue strutture discorsive, che fino ad oggi sono state codificate nel politicamente corretto, a subire delle trasformazioni, ma questa mutazione non investe la natura fondamentale di quel progetto. Tre decenni e mezzo hanno profondamente plasmato l’immaginario dei subalterni. Un vantaggio che le élite occidentali non intendono di certo perdere. Per altro, interi pezzi del vecchio corredo ideologico potranno essere mantenuti. In primis, tutte le destre di sistema, non meno delle sinistre, si sono sempre mostrate condiscendenti e solerti nei confronti del femminismo neoliberale.” (28 gennaio 2025: https://www.linterferenza.info/…/due-cavalli-un-unico…/)

Il corteo dell’associazione contro la violenza sulle donne, Roma, 25 Novembre 2023. Activists of ‘Non una di meno’ protest at Circo Massimo square as part of the international day to end violence against women in Rome, Italy, 25 November 2023. Italy on 25 November marks the International Day for the Elimination of Violence Against Women amid the backdrop of ongoing public anger and dismay over the murder of 22-year-old Giulia Cecchettin by her ex boyfriend Filippo Turetta on 11 November, the latest of a long string of femicides and other acts of gender-based violence in the country. ANSA/GIUSEPPE LAMI

3 commenti per “Femminicidio: emancipazione e narrazione

  1. Ros* lux
    8 Marzo 2025 at 19:20

    Governo, opposizioni e neofemministe concorrono a stravolgere il senso originario dell’ 8 marzo , data simbolica per lo sciopero internazionale per la giornata lavorativa legale di 8 ore , proclamato dalla conferenza delle donne socialiste di Copenaghen (1910) su proposta di Rosa Luxemburg e Clara Zetkin… In questo modo si vuole stornare la lotta di classe in lotta di genere.
    Deviare la lotta di classe,convertirla in odio sociale verso dei capri espiatori è l’ABC del Fascismo…In questo modo sta avvenendo la trasformazione…Della Repubblica democratica fondata sul lavoro per il Socialismo e per la Pace nella repubblica sociale fondata sull’odio sessista e razzista per la Guerra.

  2. Lucilio Santoni
    9 Marzo 2025 at 10:12

    La ragione principale di ciò che accade risiede nel fatto incontrovertibile che le donne consumano molto di più degli uomini. A parità di condizione economica, una donna consuma almeno il triplo di un uomo. Merci, medicina e chirurgia, servizi e tutto il resto. Detto in altre parole, la donne hanno molte meno difese nei confronti dell’aggressione del mercato. E allora, a chi crediamo che il mercato voglia dare tutti i poteri? La risposta è semplice. Le leggi poi seguono quello che è già un dato di fatto nella società. Anni di buia dittatura ci aspettano.

    • Piero
      9 Marzo 2025 at 14:40

      Il capitalismo per combattere il proprio cancro interno (la caduta del saggio di profitto secondo la nota legge matematica [r=pv/(c+v)]), ha bisogno di mantenere almeno costante l’ordinata della curva, un ramo di iperbole, quindi si deve spostare su plus valore sempre maggiori. Per fare questo deve ridurre tutto a merce su cui speculare.

      Il genere femminile, per propria intrinseca natura (bisogno di sedurre, necessità già presente agli albori della storia, come insegna il mito, Eva che mangia il frutto dell’albero della conoscenza quindi in termini matematici dS/dt ≥ 0, diversamente da Adamo più propenso a mantenere lo status quo), è perfetto per un capitalismo che dal genere maschile ha estratto tutto il plus valore possibile.

      Lo stesso capitalismo è consapevole che, anche dal genere femminile, arriverà la stasi di generazione di plus valore e per questo si sta attrezzando tecnicamente.

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