Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Il governo serbo è sotto dure pressioni. Dalle proteste di piazza continue da tre mesi, ai tentativi di secessione della Vojvodina, alle intimidazioni in Kosovo, ai ricatti economici della UE, alle minacce della NATO e all’ultimatum di Trump. Lo scenario è da tipica “rivoluzione colorata”. Se questo governo cede, il paese sarà definitivamente in mani straniere. Fortissime preoccupazioni a Mosca.
Gli scenari di una pianificata
e completa “rivoluzione colorata” serba.
Da anni la Serbia è sotto
pressione occidentale, ma dallo scorso settembre è iniziata una campagna
pianificata sulle sfere centrali del paese.
Il vice primo ministro serbo A. Vulin ha denunciato in TV che “…dietro le proteste in Serbia ci sono i
servizi segreti occidentali, che operano attraverso alcune ONG, ben
identificate. I crescenti tentativi da parte dei media e
dei politici di varie parti di incoraggiare il tentativo di rivoluzione
colorata in Serbia, sono tanto stupidi e spregevoli quanto le dichiarazioni
secondo cui la Serbia sarà democratica quando la Vojvodina diventerà una repubblica
o che le sanzioni contro la NIS non sono contro la Serbia…Allo stesso tempo le
proteste sono sostenute dalla Croazia, dagli islamisti della Bosnia Erzegovina
e dal kosovaro A. Kurti, è chiaro che l’ordine per un attacco generale alla
Serbia è stato impartito in Occidente, dove credono e lavorano in modo che la
Serbia sarà guidata da coloro che riconosceranno il cosiddetto Kosovo,
abbandoneranno la Republika Srpska, da coloro che non ricorderanno alla Croazia
i crimini degli Ustascia fascisti sia nella seconda guerra mondiale che nella
guerra civile degli anni ’90, e soprattutto da coloro che vogliono imporre
sanzioni alla Russia e farci litigare in modo permanente con la Russia e la Cina.
Conoscendo il lavoro dei servizi di intelligence occidentali…Se vogliamo la
verità, adottiamo semplicemente la legge sugli agenti stranieri e seguiamo la
pista del denaro…“.
Le proteste in
corso in Serbia, che durano da tre mesi in modo continuativo, che hanno negli
studenti il loro fulcro di piazza, stanno aggravando la già difficile
situazione politica del Paese. Il 28 gennaio, il capo del governo e leader del Partito progressista serbo (SNS) al
governo, Miloš Vucevic, ha
annunciato le sue dimissioni e l’intero gabinetto dei ministri è stato
trasferito allo stato tecnico. La sera stessa, il presidente Aleksandar Vucic ha promesso di
prendere una decisione entro dieci giorni se convocare un nuovo governo (che
dovrà essere formato entro un mese) oppure indire elezioni parlamentari.
Secondo la legislazione nazionale, dovranno essere completati entro il 1°
maggio.
Nelle dichiarazioni pubbliche gli studenti affermano
che le loro proteste non sono “politiche” ma, stranamente, tutti i rappresentanti dell’opinione pubblica di
opposizione e le ONG filo-occidentali stanno vivendo un’eccitazione e un
attivismo anche mediatico frenetici, per la portata di quanto sta accadendo nel
paese e per l’efficacia delle proteste, le quali si stanno trasformando
gradualmente in uno sciopero generale.
Vucic, l’ex Primo ministro dimissionario Vucevic e la presidente dell’Assemblea nazionale (parlamento) Ana
Brnabic hanno dichiarato in precedenza di aver “soddisfatto tutte le richieste dei
manifestanti“. È importante far notare che non tutti gli studenti
supportano ciò che sta accadendo e molti chiedono il ritorno allo studio.
Nonostante gli studenti affermassero di non avere
rivendicazioni politiche, M. Vucevic,
nel suo discorso dimissionario di “addio”, ha dichiarato che le
proteste erano state organizzate all’estero.
Tra chi regge le
fila nel paese c’è il movimento ProGlas, registrato nel 2023, che si
è fortemente attivato nelle proteste in corso; tra i suoi membri ci sono
giornalisti, attori, scrittori e professori che sostengono le proteste di
piazza e la formazione di un governo “di transizione” con esperti
“indipendenti”. Il presidente serbo Vucic ha accusato direttamente questa struttura di ricevere denaro
dall’estero “per fare lavori sporchi“.
Come aveva già fatto in passato, Vučić ha
accusato i manifestanti di lavorare per i servizi segreti stranieri con
l’obiettivo di far cadere il governo, ma ha detto di essere aperto al dialogo
con i dimostranti, ricordando però che «nel
momento in cui qualcuno pensa di usare la violenza per prendere il potere, lo
Stato si comporterà come uno Stato, proprio come in ogni altra parte del mondo».
“…Molti
oggi vorrebbero riportarci al passato, spetta a noi dimostrare la nostra
capacità, il nostro patriottismo e quanto amiamo il nostro Paese. Il
patriottismo non si dimostra cantando una canzone in una taverna, ma nei
fatti, quando si serve il proprio Paese….il patriottismo è importante nelle
condizioni odierne in cui il mondo si sta disgregando, dove tutto è
interconnesso, quando si verifica quasi una guerra mondiale e l’ingerenza più
brutale della regione negli affari interni della Serbia. Guardate la scena
politica in Croazia, dove tutti i candidati alla presidenza parlano di come
rovesceranno qualcuno a Belgrado, è lo stesso a Pristina e Sarajevo, come a
Podgorica. Perché lo stanno facendo, pensate davvero che vogliono una Serbia
migliore, che amano la Serbia? Ma non è possibile che la Serbia, come loro
vorrebbero, torni ad essere come era prima, quando era molto più sottomessa e compiacente
per loro, di quanto non lo sia oggi.
La Serbia oggi non è un paese che possono prendere a calci come un sacco
e farci chiedere scusa perché hanno espulso 250.000 persone nella Krajina o
perché hanno strappato via parte del nostro Paese in Kosovo.
Molti soldi arrivavano a ‘ProGlas’ e non solo a loro, dall’esterno e quei soldi ‘devono essere usati
per fare lavori sporchi’. I
potenti del mondo lo stanno facendo per tre motivi. Il primo è perché devono
cercare di chiudere le cose per il Kosovo il prima possibile. Finché sarò
presidente, non riconosceremo l’indipendenza del Kosovo a nessun costo. Hanno
bisogno di questo, anche per poter dire a Putin di non fare riferimento al
“precedente del Kosovo
quando si parlerà di Zaporizhia, Kherson…Il secondo motivo è che non vogliono che la Serbia diventi il paese
economicamente più prospero della regione. E, in terzo luogo, l’adozione della Risoluzione
su Srebrenica. A maggio abbiamo tentato di far passare una risoluzione
conciliatoria, quando hanno deciso di celebrare il giorno del genocidio a
Srebrenica. E quel giorno tutti mi hanno detto che non mi avrebbero
perdonato per questo, perché a quel tempo guidavo la lotta di paesi
coraggiosi per difendersi dai paesi più potenti. E oggi vediamo chi ‘sostiene
le proteste’, che non sono proteste studentesche, e chi sono? Chi ha fatto più
rumore di Natasa Kandić, offrendo la conclusione che il genocidio di
Srebrenica sarà riconosciuto. Forse sarebbe meglio non far parte di nessun
governo, che far parte di un governo del genere con persone del genere”,
ha affermato Vučić.
La Serbia,
ha sottolineato Vučić “è un Paese autonomo e indipendente, al quale non si
possono impartire ordini. Che non risponde alle chiamate delle ambasciate,
dove qualcuno dirà che questo si può fare e questo no…La Serbia vuole prendere
le proprie decisioni nell’interesse del Paese…Sappiano tutti, qui e all’estero,
che non cederemo la Serbia a chi è pagato dall’esterno o a chiunque pensi di
potercela portare via“, ha concluso il presidente
serbo.
Gli inquirenti serbi hanno anche annotato l’affiliazione
della nota attivista Ela Zekovic
ad organizzazioni filo-occidentali. In primo luogo, con la ONG “Iniziative civiche”,
che, ad esempio, sostiene la tesi del “genocidio di Srebrenica” e lavora per ‘aumentare la coscienza politica’ degli
albanesi del sud del paese, in Sangiaccato,
per spingerli alla secessione. La Zekovic
ha svolto lì uno stage da settembre a dicembre 2024.
Sono anche stati rivelati altri interessanti
particolari di questi “pacifici e ingenui studenti “, per esempio che molti di
loro hanno partecipato al programma di borse di studio LEAD Srbija per giovani
leader, organizzato dall’American East West Management Institute e dalla ONG
serba National Coalition for Decentralization, che riceve denaro dall’Agenzia
statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), dall’American National
Endowment for Democracy (NED) e altre strutture europee. Quella NED, tra l’altro, che è riconosciuta in Russia come un’organizzazione
indesiderata.
Un altro fronte
di scontro è anche il sempre meno strisciante tentativo di far separare la Vojvodina
e farne una nuova repubblica. Su questo il presidente del Partito
progressista serbo, M. Vučević, nativo proprio della regione, ha dichiarato
che“ non riuscirete a far
secedere la Vojvodina dalla Serbia. Non vedrete mai quello scenario. Non ci
metterete sui trattori e non ci espellerete da qui. Non conterete le nostre
cellule del sangue e non ci direte chi vivrà in Vojvodina. Tenete le vostre mani
lontane dalla Vojvodina. Giù le mani dal nostro popolo e dal nostro stato. Non
ci separerete dal nostro stato. Già una volta lo avevate tentato e il popolo lo
ha impedito…Stanno cercando di
ripetere lo stesso scenario fatto in Montenegro e in
altre parti dell’ex Repubblica di Jugoslavia. Non lo permetteremo mai
più. Combatteremo politicamente in ogni modo che non venga mai permesso e non accada…”.
Intanto la UE continua
i suoi attacchi e ricatti: nell’ultima risoluzione del Parlamento europeo
riferita alla Serbia, nella bozza di risoluzione adottata dalla Commissione per gli affari esteri UE, i deputati del Parlamento europeo decidono su come la Serbia dovrebbe imporre sanzioni alla Russia e riconoscere l’indipendenza del Kosovo e Metohija, per poter diventare membro della “famiglia europea delle nazioni”, è
un vecchio ritornello, però stavolta gli eurodeputati affermano che la Serbia se non farà in breve tempo questi
passi, dovrà aspettarsi una condotta più dura da Bruxelles.
Nel frattempo gli
Stati
Uniti hanno imposto sanzioni
contro il Naftna Industrija Srbije (NIS), per il fatto che la
maggior parte delle azioni è di proprietà della russa Gazprom
Neft. Questo ha portato la situazione economica del paese sull’orlo
del disastro. Finora, Belgrado non ha
ancora trovato opzioni di manovra in risposta a questo atto. NIS è la più grande azienda energetica dei Balcani, impegnata nell’esplorazione,
produzione e lavorazione di petrolio e gas naturale anche in Romania e Bosnia-Erzegovina. NIS è
proprietaria di una raffineria di petrolio nella città di Pančevo e di una rete di oltre 400
stazioni di servizio. L’azienda è diventata la prima in termini di redditività in Serbia, con contributi annuali al
bilancio statale di oltre 1,3 miliardi
di euro.
Di questo ricatto politico a tutto tondo, non è
difficile da indovinarne la motivazione politica e l’attacco economico: Belgrado non riconosce in alcun modo il Kosovo,
non impone sanzioni alla Russia, non ha
fermato i voli diretti con Mosca,
non congela i beni russi e non rinuncia di sostenere la Republika Srpska. Inoltre, non acquista GNL americano molte volte più costoso di altri europei, ma riceve
un “carburante blu” russo
abbastanza economico. Inoltre, la Serbia,
insieme all’Ungheria, ha iniziato la
costruzione dell’oleodotto Druzhba per non dipendere dalla Croazia per le forniture di petrolio. E Bruxelles e Washington non possono perdonare questo…Può essere sufficiente per
capire la situazione in cui si trova l’attuale governo serbo?! Se gli Stati Uniti riusciranno a
cacciare Gazprom dalla Serbia, ciò comporterà una serie di
conseguenze negative: la costruzione dell’oleodotto Druzhba dall’Ungheria
alla Serbia perderà la sua
importanza, la Serbia diventerà
ancora più dipendente dalla Croazia
(cioè dall’UE e dalla NATO) in termini di forniture di
petrolio. Inoltre, quest’anno scade il contratto per la fornitura di gas russo
a prezzi estremamente favorevoli per Belgrado
e migliaia di persone potrebbero perdere il lavoro. Belgrado dovrà acquistare il GNL
statunitense a un prezzo molto più alto e la Russia perderà sia in denaro, che nell’immagine di garanzie sempre
rispettate, che si è costruita nel corso degli anni.
Quindi cosa c’è di meglio di una ben pianificata “rivoluzione
colorata” ?!
“…Stiamo parlando di sanzioni molto pesanti. Dopo
l’imposizione delle sanzioni, non si può fare molto. Anche se i russi vogliono
vendere le loro aziende, le restrizioni si applicheranno immediatamente agli
acquirenti. Stiamo parlando delle sanzioni più pesanti che colpiscono l’azienda
in Serbia. Chiedono il ritiro completo dei russi dalla società serba. Il piano
di gestione della proprietà deve quindi essere approvato dagli Stati Uniti. Abbiamo 45 giorni per tutto..”, ha detto il presidente serbo.
L’ambasciatore russo aBelgrado,
A.B. Kharchenko, in una intervista televisiva ha detto che:
“…Per creare
difficoltà a tutti, gli USA hanno avviato sanzioni contro la NIS, comprendendo
che questa azienda è una delle fondamenta dell’industria serba, del suo
sviluppo economico e
dell’attuazione dei suoi piani per uno sviluppo
economico accelerato e di qualità…Questo è un duro attacco direttamente al
paese e alle relazioni tra i due paesi… Per
quanto riguarda le relazioni tra Serbia e Russia, esse rimangono relazioni
strategiche di amicizia e cooperazione tra i due Stati…La Serbia non ha aderito
finora alle misure antirusse , nonostante tutte le pressioni e probabilmente ce
ne saranno altre, perché l’Occidente vede che la pressione sulla Serbia non sta
dando alcun risultato…”, ha affermato Botsan-Kharchenko.
Il presidente Vučić ha dichiarato che la cosa più
importante per la Serbia è preservare
la stabilità, nonostante, come ha detto: “…il
desiderio di molti di fermare gli investimenti e lo sviluppo nel nostro paese.
Per quanto riguarda la crisi di governo, il
quadro costituzionale è chiaro, quando si riunisce la sessione del Parlamento
serbo, saranno dichiarate le dimissioni. Da quel momento in poi, abbiamo 30
giorni fino all’elezione di un nuovo governo in conformità con la Costituzione
della Repubblica di Serbia e in conformità con il fatto di chi può garantire la
maggioranza nel Parlamento Popolare. Noi cercheremo di garantire la
maggioranza, se ciò sarà possibile, altrimenti, andremo alle elezioni. E alle
elezioni sai già come va, come sempre. Il popolo decide…”, ha detto il presidente
serbo.
Circa
i ricatti sui serbi del Kosovo Metohija il vice primo
ministro serbo A. Vulin, ha
detto:”… I menzogneri degli USA e
dell’UE scrivono solo dichiarazioni che criticano A. Kurti, , niente che possa fermarlo. Ogni violazione dell’accordo di Bruxelles, ogni attacco continuo
alle istituzioni serbe in Kosovo e Metohija è un tentativo di rendere la vita
impossibile ai serbi, di farli andar via prima di essere espulsi. Tutto ciò che Kurti fa, lo fa con il consenso e il supporto diretto degli
USA e dell’UE. Se avessero voluto fermarlo, lo avrebbero fatto, ma lo stanno
dirigendo e supportando. Perché non vengono imposte sanzioni a Kurti
personalmente? A me sono state imposte perché mi oppongo a loro. L’obiettivo
comune di tutti coloro che hanno bombardato la Serbia è di ripulire il Kosovo e
Metohija dai serbi e che la Serbia riconosca il Kosovo come prodotto dei
bombardamenti e dell’espulsione dei serbi. Cosa non vi è chiaro?…” ha affermato A.Vulin.
Questa è la situazione sul campo, questi
sono i FATTI. Una riflessione ferma
va fatta per tutti i pensatori e strateghi da tastiera, REALISTICAMENTE cosa altro può fare un governo, che non è certo
“rivoluzionario”, ma almeno indipendente e nazionale, se non attutire i colpi e
sperare che un “mondo multipolare” avanzi il più rapidamente possibile? UNICA alternativa, se cade questo
governo, piaccia o no, e non è scontato che reggerà, è una Serbia occupata totalmente e dominata dall’egemonismo occidentale…E
su questo scenario non ci può essere neanche un solo dubbio. Forse per questo, a Mosca si segue con preoccupazione e attenzione gli sviluppi a Belgrado, perdere i Balcani, dopo Armenia e Siria in pochi mesi, non sarebbe una
contesto futile.
Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado Italia.
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