Cuba ha scelto il male minore. Nel caos mondiale il Sud America offre il quadro più saldo

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F. Sebastiani intervista Luciano Vasapollo

Luciano Vasapollo, professore di Metodi di Analisi dei Sistemi Economici, Sapienza Università di Roma; Delegato del Rettore per i Rapporti Internazionali con l’ America Latina e i paesi dei Caraibi direttore Riviste PROTEO e NUESTRA AMERICA; direttore di CESTES centro studi dell’USB-Unione Sindacale di Base; Coordinatore, con Rita Martufi, del Capitolo Italiano della Rete Internazionale di Intellettuali, Artisti, Movimenti sociali in Difesa dell’ Umanità .

 

La nuova fase di relazioni diplomatiche tra USA e Cuba arrivano in uno scenario internazionale che dire caotico è davvero poco.

Il sistema capitalista utilizza tutti i metodi a sua disposizione per risolvere le crisi. Penso che questa sia una crisi di sistema, è la crisi del modello capitalista e non hanno ancora trovato il modo per risolverla. Dobbiamo dire che, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino ad oggi, ci sono state molte guerre di espansione imperialista in tutto il mondo. Il XXI secolo è caratterizzato da una forte competizione globale inter-imperialista nella quale gioca ancora un ruolo centrale quello degli USA, ma va rafforzandosi anche l’imperialismo europeo che oggi come oggi, per noi, ha un forte impatto economico, commerciale e sociale. Le cose non sono necessariamente quello che appaiono. Dobbiamo innanzitutto considerare la grave crisi di leadership mondiale con cui ormai da dieci-quindici anni gli USA sono costretti a fare i conti. Gli Stati Uniti sono in grande difficoltà perché non crescono economicamente. Basano la loro crescita sulle importazioni e sono importazioni sorrette dal debito privato e pubblico. La crescita ufficiale, infatti, è drogata e sorretta da un forte indebitamento interno ed esterno.

 

Questo sembra un po’ il vecchio modello che invece a livello internazionale ha subito modifiche…

Dal punto di vista economico ormai ci sono dei grossi competitori all’interno di una crisi sistemica che rende sempre più difficili le condizioni di espansione e quindi sempre più appetibile qualsiasi mercato. L’UE è una costruzione imperialista quindi non semplicemente un competitore. Secondo la nostra analisi, la costruzione della moneta unica europea, ha coinciso con la costruzione di un polo imperialista concorrenziale a livello globale dal punto di vista economico, commerciale e monetario all’interno del quale, l’euro, rappresenta la moneta di una forte area valutaria e monetaria che coincide con la forza economica e finanziaria tedesca. Infatti l’Euro-polo è costruito per permettere alla Germania di poter esportare, poter poi comprare i debiti dei Paesi importatori ed organizzare una scalata concorrenziale tra le grandi imprese e a livello globale, con l’area orientale (Giappone) e gli USA. Per mantenere questo livello di competizione globale e rafforzarsi, l’”armata tedesca” ha bisogno di tenere tutto il resto dell’Europa sotto una sorta di neocolonialismo. Ciò spiega il massacro sociale che sta portando a termine la Troika.

 

Che ruolo hanno in questo scenario i Brics? 

Non costituiscono un polo ma che sono veri competitori: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Sono anche questi paesi a mettere in discussione la leadership degli USA. Non è un caso che pur con il premio Nobel Obama si stia tentando di risolvere la competizione con una fase di guerra. Oggi la guerra militare esiste anche se non a livello mondiale. Il periodo compreso, tra la seconda Guerra Mondiale ed i tempi attuali, è stato caratterizzato dai maggiori conflitti armati locali. La questione inerente l’imperialismo è complessa e relazionata al metodo di produzione capitalista. Il punto non è solo la guerra vera e propria, come nel caso di Iraq, Siria e Ucraina, ma l’utilizzo di altri strumenti di natura economica e finanziaria come il controllo del prezzo del petrolio, che mette in crisi alcuni paesi come la Russia e il Venezuela, e la guerra monetaria. Quando si parla di guerra, quindi non si parla solo di conflitto militare. Cos’è questa crisi che massacra giovani, immigrati, precari del mondo del lavoro? Guerra sociale ed economica. Il sistema attuale si sostiene e si rafforza solo esclusivamente attraverso la guerra economica, finanziaria, sociale, massmediatica e politico-militare. Questo il quadro, che non è disgiunto dalla perdita da parte degli USA di una leadership anche militare. Oggi come oggi non vi è altra possibilità, in quanto la parte del mondo che si considerava ricca e che ha risolto in passato i suoi problemi attraverso la povertà altrui, ora per la maggior parte non lo è più. Tutto questo mette in seria difficoltà anche Washington. I governi, i compagni dell’America Latina, ed in particolare dell’alleanza dell’ALBA, propongono un nuovo modello di sviluppo che si basa non sul profitto ma sulla complementarietà e solidarietà, in quanto davanti a tale barbarie della società del profitto ciò di cui oggi abbiamo bisogno è il socialismo. Nel 2008 si costituiscono l’UNASUR e nel 2011 la CELAC, processi di integrazione che interessano tutti i paesi dell’America Latina. La CELAC unisce Stati dell’America Latina in cui a differenza della OEA vengono esclusi gli Stati Uniti invece di Cuba.

 

Sul piano interno Obama è in grande difficoltà, e non è detto che qualcuno all’interno del Congresso non sia tentato da qualche sgambetto.

Ogni volta che vi è una crisi profonda, il capitale ne esce attraverso una guerra. Quando finì l’imperialismo inglese tutto venne risolto con la Prima Guerra Mondiale. La crisi del ’29 non si risolse con il keynesismo o con il fordismo, ma con la Seconda Guerra Mondiale dalla quale nacque un nuovo impero, gli USA, che a partire da quel momento, determinarono tutta la politica economica commerciale e militare mondiale. Non è necessario arrivare ad una guerra mondiale per affermare che ci troviamo in una situazione di conflitto permanente, basti vedere tutti gli attacchi messi in atto dall’imperialismo statunitense. Anche l’imperialismo europeo sta attaccando i paesi che non si sottomettono alle sue regole. Vi sono le guerre con la Libia, l’Afganistan, l’Irak, la Siria…, classificate come “missioni di pace”.

 

Ormai nessuno si scomoda più ad usare la definizione “missioni di pace”, mi sembra di capire, per esempio, che in Itali…

Anche l’Italia è uno dei Paesi che da sempre si trova al primo posto quando si tratta di partecipare ad una guerra di controllo ed espansione. Il nuovo Governo italiano, ad esempio, sostiene che occorre ancora essere presenti in tutte le “missioni di pace”, cioè nella spartizione imperialista del mondo. Comunque, gli equilibri internazionali non sono affatto risolti, improntati come sono alla “doppia faccia”. Ci sono quindi processi di imposizione di leadership apparentemente contraddittori che oggi come ieri si intrecciano. Da una parte la trattativa con l’Iran sul nucleare, che non esclude però l’intervento militare in Medio Oriente e in Asia. E ancora, da una parte la trattativa con Cuba, ma la faccia feroce con il Venezuela.

 

Che significato ha questa politica, dal momento che non fa che aumentare i rischi di un conflitto ingovernabile?

Da una parte ribadire che gli USA sono la forza imperiale, dall’altra studiare la possibilità di gestire un quadro complesso, frammentato. Obama sta preparando la successione per il candidato democratico alle elezioni presidenziali. Vuole lasciare un segno di possibile compromesso anche con la vicenda della nuova fase dei rapporti economici con Cuba. In sostanza, vuole introdurre un elemento di distensione nella scacchiera del dominio imperialista che oggi non esprime un unico comando, ma dentro un profilo che rimane comunque aggressivo per bilanciare le pretese dei settori liberali.

 

Esistono dei blocchi (aree monetarie, aree commerciali) che si confrontano in una competizione globale. Perché?

Perché quando il tasso di profitto diminuisce la concorrenza aumenta. È normale, considerando che il mondo unilaterale degli USA è ormai scomparso. Oggi c’è l’UE a costituire l’altro blocco imperialista, all’interno della quale, il punto forte e dominante è la Germania; ma vi sono anche altri Paesi che chiedono il loro spazio nel mondo come ad esempio i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). Non dico assolutamente che siano Paesi di un ipotetico polo anticapitalista o addirittura socialista ma, possiamo dire, che all’interno del posizionamento della competizione cercano il loro spazio economico, commerciale e politico.

Questa è la competizione globale, cioè la competizione interimperialista. Mai come in questo periodo c’è una insicurezza sul piano delle relazioni internazionali. Un giorno sembra che si stia per scatenare una guerra, il giorno dopo arrivano mediazioni, ma sono tutte al ribasso. Alcuni anni fa si parlava di modelli capitalisti differenti. Da una parte vi era il modello inglese che costituiva quello più aggressivo e, dall’altra, il modello tedesco più moderato, più di carattere sociale, nel quale il conflitto era differente poiché ammortizzato dallo Stato sociale. Oggi non esiste un modello più equilibrato rispetto ad un altro, il modello europeo e quello tedesco sono aggressivi quanto quello statunitense. L’UE applica il capitalismo più aggressivo utilizzando forme di repressione dei movimenti sociali, vedi in primis ad esempio nei Paesi Baschi. Non solo contro i movimenti antimperialisti e anticapitalisti radicali, ma i poteri forti europei combattono qualsiasi forma di conflitto, l’antagonismo organizzato non viene assolutamente ammesso.

 

Insomma, per esercitare una opposizione reale devi essere una entità nazionale…

Oggi il più importante e significativo processo rivoluzionario di transizione verso il socialismo, che noi appoggiamo fortemente e indiscutibilmente, si sta mettendo in atto nei Paesi dell’ALBA con la guida politica dell’esperienza storica di Cuba, con la grande resistenza rivoluzionaria, la rivoluzione Bolivariana, la rivoluzione del socialismo comunitario di Evo, Correa e la sua rivoluzione cittadina e Nicaragua. E’ questo un socialismo realizzato totalmente? E’ un paradiso? No. Costituisce però un processo di transizione che esce dagli schemi del capitalismo attraverso forme contrarie ai modelli e alle regole del sistema del profitto e dello sfruttamento come ad esempio le imprese statali, socialiste, le cooperative, le imprese solidali, la Banca dell’ALBA, Telesur…

Siamo ai soliti giochi imperialisti; allora l’accordo in corso tra USA e Cuba guarda indietro e non avanti… ?

No , ma va considerato con grande attenzione . E’ estremamente positivo il fatto che si sia riacceso un dialogo sia negli interessi internazionali sia negli interessi di Cuba, che per difendere il proprio approccio al socialismo ha subito 3700 morti dalla CIA e da 53 anni subisce un blocco infame da parte degli USA, che ovviamente significa non solo soffocare le possibilità di sviluppo di questo paese ma anche far morire persone, tanti bambini, perché vorrei ricordare che il blocco è anche sulle forniture di medicinali specialistici , per esempio per meglio curare il cancro. Cuba, come ha ripetuto Castro, non mette né metterà in discussione la sua via al socialismo. Fatti positivi, la liberazione degli agenti cubani e la cancellazione dalla lista degli Stati canaglia. Ma chi è in realtà canaglia? Cuba, Venezuela, Siria o chi dichiara guerra al mondo?

Il punto di vista di Cuba è fondamentalmente politico: non si può trattare da un parte con la rivoluzione cubana e poi scontrarsi con il Venezuela bolivariano dichiarandolo Stato canaglia e terrorista, applicando delle infami sanzioni, con tentativi di golpe contro Maduro, con la guerra economica e massmediatica. Il Venezuela è parte integrante dell’alleanza dell’ALBA, che sta realizzando, in maniera diversa da paese a paese, una fase di transizione verso il socialismo e che possiede un modello completamente diverso dal capitalismo. C’è oggi a livello internazionale una realtà diversa, profondamente diversa anche rispetto a soli dieci anni fa.

A Panama la settimana scorsa alla settima Cumbre de Las América, ben 33 paesi contro 35 hanno votato contro il blocco degli USA a Cuba. Anche molti paesi di governi di centrodestra o addirittura di destra hanno votato a favore dell’autodeterminazione e contro le sanzioni del Venezuela. Quando Obama in conferenza stampa critica i risultati del blocco a Cuba vuole dire che bisogna tentare con altri mezzi la via dell’egemonia sull’America Latina.

E qui arrivano non solo critiche dei repubblicani ma anche di una parte dei democratici. Ma oggi non c‘è piu il “cortile di casa USA”, c’è una forte unità dell’America Latina, i processi di integrazione sognati da Martì e da Bolivar avanzano nel nome di Chavez, di Fidel.

 

C’è molto dibattito sulla scelta di Cuba di trattare con l’impero USA.

Ma mi domando: una persona è malata di cancro e gli propinano la chemioterapia, non deve assumerla perché ha controindicazioni dannosissime? Ma sappiamo che la chemioterapia risolve in molti casi e salva la vita. Di fronte al cancro del blocco, Cuba sa quali sono le controindicazioni di questa trattativa con gli USA e quindi Cuba sicuramente dà l’idea di capire da che parte andare. Penso che ogni popolo abbia nel diritto all’autodeterminazione il più alto livello inalienabile.

Detto questo, stanno partendo delle trattative per chiudere l’anacronistico e inconcludente (anche a detta di Obama) blocco criminale contro l’autodeterminazione al socialismo del popolo cubano. E saranno trattative molto lunghe e saranno difficoltose. Cuba, lo ricordiamo intende sedersi al tavolo con il riconoscimento di pari dignità. Il blocco non deve interessare solo i settori che riguardano gli investimenti utili agli Stati Uniti. La terza questione che pone Cuba è lo smantellamento della base di Guantanamo. E poi pone il problema del risarcimento dei danni durante questi 53 anni di blocco.

 

Il quadro del mondo continua a peggiorare, la repressione aumenta; quali alternative in Europa?

C’è una grandissima insicurezza e delle mosse tattiche di attesa per debolezza sulla scacchiera dei poli imperialisti. Assistiamo a delle contraddizioni evidenti. Da una parte la guerra area del dollaro, yen e euro, dall’altra per difendersi dai BRICS il tentativo di fare un accordo o più commerciali come il TTIP. Giocare su più piani per tentare di sopravvivere alla crisi sistemica che è una crisi non di domanda, come ci ripetono continuamente gli economisti keynesiani, ma di sovrapproduzione e sovraccumulazione. La massa di profitti aumenta ma diminuisce il saggio di profitto. Ciò vuol dire che per realizzare quei profitti c’è bisogno di sempre maggiori investimenti produttivi invece quello che si realizza sono investimenti finanziari che come si sa non producono ricchezza. Ecco la doppia faccia. E poi la questione militare, come l’attacco alla Libia e la questione del Mali. I BRICS hanno i loro problemi perché non è formalmente una unione, e ognuno gioca sullo scacchiere una propria partita per uno spazio di sopravvivenza per uscire dalla crisi.

La debolezza dell’Unione Europea è politica e militare, la leadership economica della Germania favorisce il neocolonialismo interno al polo UE per competere meglio sul piano internazionale con il proprio modello incentrato sul surplus e sull’esportazione. Ciò ha avuto come conseguenza una costruzione di supersfruttamento della “semiperiferia” dei PIIGS, come accadde al Messico e all’America Latina con gli USA in passato. E la debolezza UE è che non c’è una effettiva unità politica, non c’è un Parlamento che decide e, terzo, il sistema dell’euro è diventato un massacratore dei lavoratori, determina anche crisi sociale.

 

Ma quanto e fino a quando si possono spingere i poteri forti della borghesia transnazionale europea?

Noi sosteniamo che questa crisi sia sistemica in quanto crisi del modo di produzione del capitale, del capitalismo. Non si può cercare una soluzione cambiando perciò alcuni effetti delle politiche economiche dell’Europolo o degli USA; il problema è che lo stesso sistema sta crollando. La soluzione alla crisi del ’29 fu la Seconda Guerra Mondiale, questa volta non sappiano quale meccanismo e processo di accumulazione tenteranno o se la troveranno.

Non credo che domani stesso usciremo da questo sistema fondato sul modo di produzione capitalista, ma credo che sia difficile per i capitalisti in questi momenti trovare una soluzione in grado di risolvere i problemi senza che la situazione peggiori per la classe del lavoro e del lavoro negato.
Ovviamente la crisi di sovrapproduzione sta determinando come conseguenza, non come causa, anche una crisi di domanda , quindi sottoconsumistica, ma anche diminuendo la domanda di investimento globale come anche il tasso di profitto.
Identifichiamo la crisi con la caduta del tasso del profitto; il profitto globale aumenta ma diminuisce invece il suo saggio medio. Significa che per mantenere stabile la massa realizzata del profitto totale questo modo di produzione in questa crisi sistemica, ha bisogno di un’entità d’investimenti sempre maggiori, ciò vuol dire un livello di sfruttamento e tagli sul costo del lavoro sempre maggiori. Ma oggi il capitale , sia esso facente riferimento al modello anglosassone, euro-alemanno, nipponico-asiatico, nord-europeo, non possiede nuovi modelli di investimento per l’accumulazione. Per tale motivo non pensiamo che il capitale abbia la capacità di uscirne in termini economici.

 

Mi ricorda tanto la fase precedente alla prima guerra mondiale.

Nel 1905 tutte le forze capitaliste si uniscono contro la rivolta dei Boxer in Cina e dopo pochi anni si fanno la guerra nel tentativo di prendere la leadership nel mondo occidentale quando stava finendo la fase dell’imperialismo inglese. La crisi del ’29 si risolse con un nuovo modello di accumulazione anche definito fordista-keynesiano, di cui parte importante ha ricoperto l’economia di guerra. Credo che la storia non sia mai lineare. Il capitalismo propone una linearità nella storia avendo assunto il sistema attuale come ultima tappa di progresso per l’umanità. In realtà non è proprio così e il ciclo storico non è uguale al ciclo biologico. La speranza che abbiamo è che si creino delle condizioni di conflitto reale e radicale in quanto questa crisi non è ancora terminata e può peggiorare. Se si pensa che si uscirà da questa crisi perché il capitale ha la volontà positiva di creare buone condizioni sociali e un mondo lavorativo migliore, si è dei folli, in malafede, ciò non è possibile. Questo tipo di capitalismo con le contraddizioni e i conflitti della crisi sistemica non può riformarsi.

 

Oggi siamo alla fase di chiusura della leadership degli USA. Ma domani finirà il modo di produzione capitalista? No, e allora quale prospettiva per la sinistra di classe in Europa , nei paesi a capitalismo maturo?

Tutto dipende, come dice Marx, dalle dinamiche della lotta di classe. Le relazioni di forza del movimento operaio internazionale nei confronti del capitale sono decisamente negative. Occorre dare impulso politico alla lotta di classe per invertire i rapporti di forza. Occorre creare rapporti di forza favorevoli per provocare un cambiamento strategico e oltrepassare il sistema produttivo capitalista. Bisogna pensare partendo da nuove prospettive; se ci vorranno 10 o 1000 anni, non è possibile saperlo in quanto dipende dalla relazione di forza nella lotta di classe. Serve da subito, qui ed ora, un protagonismo di classe che sappia aprire con le lotte, vertenze su riforme strutturali creando organizzazione di classe in grado di accumulare forze e consensi, attorno ad un programma di fase. Un programma che comunque nel rivendicare salario e diritti sia in grado di invertire i rapporti di forza nel conflitto capitale-lavoro, riconquistando così terreno di potere a favore dei lavoratori e punti al raggiungimento del progetto strategico del socialismo possibile oggi.
Una strada che rivendichi la nazionalizzazione dei settori determinanti , come le banche, le industrie dei settori strategici, per disegnare una economia solidale e delle sostenibilità socio-ambientali. Per tale motivo guardiamo con ammirazione politica ad un modello come quello dell’ALBA.

 

L’ALBA può essere un modello , o almeno un riferimento per quello che tu chiami l’eurochavismo e la rivoluzione martiana-marxista per un ‘ALBA euro-afro-mediterranea di un socialismo possibile ?

Non diciamo che tale modello si possa esportare ma,quando parliamo di creare un ALBA euro-afro Mediterranea, intendiamo auspicare a condizioni favorevoli per intraprendere decisioni democratiche, partecipative e rappresentative, popolari, a partire dalla rottura e fuoriuscita dall’UE. Creare così un’area d’intercambio solidale, anticapitalista, tra i Paesi del sud dell’Europa e il nord Africa significa muoversi per la costruzione del socialismo.

Quando parliamo di rottura con la UE per l’uscita dall’euro non si tratta di ritornare alla moneta nazionale, ma si tratta di creare quelle condizioni che permettano che all’interno dell’area vi sia un nuovo soggetto di governo il mondo del lavoro.
La proposta di una uscita con la creazione di una moneta di conto come il Sucre, una moneta di compensazione per uno spazio di sviluppo a compatibilità socio-economica post capitalista intorno ai movimenti dei lavoratori e di classe dei PIGS ed ai paesi dell’area mediterranea, che si dotino di propri spazi produttivi e commerciali anticapitalisti anche con un’unica moneta di conto compensativa che sorregga l’interscambio solidale e complementare..

Una proposta che va oltre l’uscita dall’euro, che guarda a quei paesi che hanno delle caratteristiche comuni e complementari, come i paesi dell’Europa mediterranea e dell’Africa mediterranea, e rappresenta un alternativa politica, rispetto al fallimento suicida delle sovranità antipopolari delle singole monete e ai meccanismi di lento strangolamento imposto dell’Europa delle banche e dell’economia a guida tedesca sorretta dai grandi potentati economico finanziari europei.

E’ una proposta di prospettiva che richiede la scesa in campo di un forte e organizzato movimento di lotta con caratteristiche internazionaliste che rimetta al centro la redistribuzione delle ricchezza a vantaggio dei lavoratori.

Per questo osserviamo l’ALBA dicendo che, se all’interno dell’alleanza stanno prendendo forma diversi tipi di socialismo (quello comunitario di Evo è differente da quello dell’Ecuador che nasce dalla rivoluzione cittadina, il socialismo bolivariano è diverso da quello cubano), possiamo immaginare che si possa creare un’area di transizione socialista anche in Europa, nella quale, il processo di produzione e accumulazione venga portato avanti a favore del popolo e dei lavoratori.

Come sempre il futuro dell’umanità è nelle mani del soggetto storico, cioè la classe operaia, la classe lavoratrice organizzata, che può porre in marcia da subito tappe di emancipazione per le transizioni al socialismo.

Fonte: http://www.sinistrainrete.info/estero/5069-luciano-vasapollo-cuba-ha-scelto-il-male-minore.html

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