Yasmina Pani, insegnante di lettere e linguista, è stata tacciata di essere una reazionaria dal PCL (Partito Comunista dei Lavoratori, un microgruppo trotzschista della galassia della sinistra cosiddetta “antagonista”) per le sue posizioni critiche nei confronti del femminismo nel suo complesso e in particolare sul patriarcato e sul femminicidio, temi sui quali le posizioni del PCL coincidono totalmente con quelle del sistema politico-mediatico dominante. Una macroscopica e clamorosa contraddizione per quelli del PCL e in generale per tutta la “sinistra”, sia essa liberale, radicale o pseudo antagonista che aderiscono pedissequamente e acriticamente alla narrazione femminista.
E’ giunta l’ora di rompere ogni tabù e di trovare il coraggio
di aprire una riflessione critica e seria sul femminismo, elevato da tempo ad
una sorta di Verità Assoluta Incontrovertibile se non di Scienza Esatta, e come
tale incriticabile. Chi osa farlo viene ovviamente dipinto con i colori più
cupi, insultato e bollato come reazionario, maschilista, misogino e fascista.
Più o meno quello che è accaduto a Yasmina Pani e a tanti e tante altri/e di
noi che hanno avuto lo stesso “ardire”.
Il femminismo non è, appunto, una scienza esatta ma una
ideologia e quindi, come tale, suscettibile di critica. Le sue sostenitrici e i
suoi sostenitori, con la loro prassi e il loro modo di porsi, l’hanno elevata
ad una sorta di religione, sia pure secolarizzata. Un modo di concepire le cose
che nulla ha a che vedere con un approccio dialettico e materialistico della
realtà e che trasforma le sue sostenitrici e i suoi sostenitori in una sorta,
rispettivamente, di sacerdotesse e di guardiani del tempio.
Esprimo a nome della redazione de L’Interferenza, la nostra
piena e totale solidarietà a Yasmina Pani.
Fabrizio Marchi
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