Nella giornata della copertura sanitaria universale ci
si nasconde dietro a proclami senza costrutto per non estendere (erga omnes) la
copertura sanitaria con riferimento a tutte le prestazioni necessarie per
garantire il diritto alla salute.
Numerosi servizi, e altrettante prestazioni, sono ormai
inaccessibili nella sanità pubblica, invece di assumere personale, anche in
deroga ai tetti di spesa, il Governo pensa di applicare la tassazione del 5%
per le ore straordinarie del comparto sanitario.
Parliamo di temi, quelli della copertura sanitaria
universale, parte integrante degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile
previsti per il 2030, eppure negli ultimi 25 anni la salvaguardia della salute
si è ridotta con minori risorse destinate al settore e numeri crescenti di
cittadini esclusi dai servizi,
E la esclusione dai servizi sanitari è strettamente
connessa con la povertà, in intere aree del Globo l’accesso alla salute è
impedito proprio alle classi sociali meno abbienti dopo le privatizzazioni e
l’affermarsi del sistema delle assicurazioni private.
Tra gli anni inclusi tra il 2021 e il 2023 oltre il 18%
degli ultra 65enni (2,6 milioni di persone) italiani ha rinunciato a un
esame diagnostico o a una prestazione sanitaria di cui avrebbe avuto
necessità perchè il servizio pubblico prevedeva tempi di attesa fin troppo
lunghi e il privato esigeva cifre inaccessibili
Per un reale e universale diritto alla salute servono
assunzioni, reinternalizzazioni dei servizi, porre fine alle lunghe liste di
attesa e favorire l’accesso alle prestazioni tout cort.
I
soggetti che rinunciano alle prestazioni sanitarie, anche quando indispensabili
per la salute, sono le fasce economicamente più deboli della popolazione,
spesso precari con bassa istruzione, impossibilitati a impegnare parti del loro
misero reddito per la sanità privata.
Questa situazione, di inaudita gravità, determina anche
il depotenziamento della medicina del lavoro, della prevenzione, delle
prestazioni fisioterapiche, il tasso di mortalità si abbatte con la prevenzione
specie se parliamo di alcune tipologie tumorali per le quali cure tempestive
risultano indispensabili a scongiurare successive e fatali ricadute.
E per capire la rilevanza della prevenzione citiamo una fonte autorevole come
il Quotidiano Sanità che evidenzia come le regioni meridionali e insulari, dove
l’accesso alla sanità pubblica presenta maggiori difficoltà, sono le più
colpite dalla mortalità di alcune malattie.
Un andamento simile si ha anche per i tumori del
colon: la copertura dello screening per il tumore del colon-retto raggiunge
valori più alti fra i residenti al Nord (67%), ma è significativamente più
basso fra i residenti del Centro (51%) e del Sud (26%). Nelle regioni del
Centro e del Nord dove lo screening è partito prima e con livelli di copertura
più elevati (intorno al 70%) la mortalità si è ridotta di circa il 30%, molto
più che al Sud (-14% nelle donne e -8 negli uomini).
Per entrambi i tumori il rapporto ISS mostra livelli contenuti di mobilità
dei pazienti nel Centro e nel Nord del Paese. Nel Sud comprese le isole sono
presenti livelli di mobilità nettamente più alti (circa 3 volte) rispetto al
Centro-Nord. Per quanto riguarda il tumore della mammella le Regioni con le
coperture di screening più alte presentano indici di fuga più bassi. “Questo
dato – sottolineano gli autori – evidenzia come in Regioni in cui lo screening
mammografico raggiunge una buona parte della popolazione femminile target il
sistema è anche in grado si prendersi carico dei casi di tumore della mammella
che necessitano di un ricovero ospedaliero per intervento chirurgico, mentre
questo non è sempre garantito nelle Regioni dove lo screening è ancora lontano
dai livelli ottimali. In questo panorama Regioni come Calabria e Molise si
distinguono fra quelle con i più bassi livelli di copertura dello screening
mammografico e il più alto indice di fuga”.
Verrebbe da chiedere ai Governi che hanno tagliano
impunemente fondi alla sanità pubblica quanti soldi pubblici siano stati spesi
con le cure ospedaliere destinate ai malati terminali ma anche quanti ne
avremmo risparmiati prevenendo in grande anticipo l’insorgere di gravi malattie
e allungando nel frattempo i tempi di vita , e di salute, a tanti cittadini.
Ha quindi senso parlare ancora di diritto alla salute quando si esclude il reale accesso alla cura, alla prevenzione e tutte le prestazioni indispensabili facendo credere ai cittadini che questi servizi siano ormai un lusso da pagare nelle strutture private?
Fonte foto: La Storia Universale (da Google)