Donald Trump o Kamala Harris: la scelta è fra autoritarismo e guerra globale


La rielezione di Donald Trump, contro la sinistra filo-Nato rappresentata da Kamala Harris, potrebbe rilanciare la dottrina Kissinger: l’imperialismo USA opterà per una ritirata strategica, sperimentando entro i confini nazionali la costruzione del “capitalismo della sorveglianza”? Trump e Harris, entrambi amici del governo israeliano-fascista, sono due facce della stessa medaglia, l’imperialismo.

Le elezioni politiche nord-americane, non essendo gli Stati Uniti un Paese democratico quanto piuttosto una ideocrazia, ratificano dei cambiamenti di paradigma da parte del complesso militare-industriale. Gli elettori, senza il lasciapassare della CIA (in diverse circostanze del Mossad), non sono liberi di usufruire delle toilette “pubbliche”. Donald Trump ha compattato un “blocco sociale” che va dalle corporazioni sindacali gialle alla borghesia commerciale, ciononostante la domanda è questa: per quale ragione, il Pentagono ha rieletto Trump, rappresentativo di un movimento reazionario denominato MAGA? Il trumpismo, dopo una attenta disamina della politica estera USA post 11 settembre 2001, è un ripiegamento “nazionale” (non per forza di cose isolazionista) del “fascismo” statunitense. Obama, Clinton, Biden e la Harris, rilanciando la dottrina Bush della “guerra eterna”, hanno globalizzato il militarismo fascista nord-americano; Trump, riallacciandosi alla dottrina Kissinger sull’”Impero corto”, ha ricondotto il deep state entro i confini nazionali.

Leggiamo il marxista statunitense Loren Goldner, da poco scomparso:

“Trump ha portato alla ribalta molti elementi dell’estrema destra, come David Dukes e la folla che ostenta le armi, in pieno giorno, autorizzandoli a venir fuori dagli angoli oscuri in cui erano ghettizzati nella destra, ha «liberato le loro lingue» (come uno di loro ha detto) dalla dominante atmosfera «politicamente corretta». Se Trump vince o perde, tali forze non ritorneranno tranquillamente nella loro precedente relativa oscurità.” 1

La politica dell’identità ha aperto ad una nuova e silente guerra civile negli USA. Le tendenze secessioniste e la follia del deep state, aizzeranno a “sinistra” gruppi anarcoidi mentre a destra il movimento MAGA non ritornerà nella sua “precedente relativa oscurità” (come diceva Goldner). Tutto questo lascia pensare che, a gennaio, assisteremo alla variante ANTIFA di Capitol Hill. La politica identitaria è una prerogativa della destra aziendale e della “sinistra sintetica”, classificabile col nome di etnopolitica (per il giornalista e sociologo marxista Carlo Formenti “utopie letali”); a destra, i movimenti identitari, riconducibili al sottoproletariato bianco, proclamano il White Power; a “sinistra”, il deep state (di recente George ed Alexander Soros) ha armato le minoranze contro la transizione ad un mondo multipolare. Entrambe le scelte convergono in una controrivoluzione unipolare preventiva.

La seconda amministrazione Trump (come l’amministrazione Biden, Obama e la prima amministrazione di DT) sarà una proiezione della “volontà di potenza” dell’élite aziendale, onnipotenza astratta ed impotenza nel concreto: Elon Mush e Mike Pompeo si contenderanno la guida del deep state, ovvero la duplice opzione(1)“cambi di regime” in America Latina o (2) realizzazione della “Grande Israele”. Kamala Harris avrebbe fatto di peggio: la guerra globale contro l’Eurasia, una concezione del colonialismo basata sull’Armageddon.

L’Impero delle banane elegge Donald Trump per pianificare la ritirata dagli scenari bellici che lo vedono sconfitto: accadde nel 2016 in Siria e sta accadendo ora, nel 2024, in Ucraina nella mani di una “banda di drogati e neonazisti” prossimi alla disfatta. Quando l’imperialismo USA è (di fatto) dissanguato, il Pentagono rielegge il pupazzo di Steve Bannon.

Scrive il blogger marxista Rainer Shea: “L’illusione che il MAGA sia veramente anti-establishment sarà screditata al massimo se Trump diventerà nuovamente presidente e continuerà ad aiutare la macchina da guerra nell’era attuale. Questa è un’era in cui la macchina da guerra è arrivata a causare così tanti danni materiali al popolo americano che qualsiasi presidente che continua le guerre diventerà un bersaglio di un’intensa indignazione di massa. Questo contraccolpo si sta abbattendo su Biden proprio adesso, ed è così grave che potrebbe essere ciò che gli farà perdere le elezioni. Il motivo per cui a Trump accadrà la stessa cosa è che i giovani di sinistra non sono gli unici ad aver sviluppato una coscienza proto-imperialista. L’ostacolo di Biden sono i giovani di sinistra, mentre l’ostacolo del MAGA sarà lo strato di conservatori che non accetterà più un leader che porta avanti il ​​progetto imperiale.” 2

Tanto Kamala Harris quanto Donald Trump continueranno lungo la via della costruzione del “capitalismo della sorveglianza”, una nuova Architettura di potere nemica del mondo del lavoro. La Harris a suon di privatizzazioni selvagge, Trump con un modello capitalista corporativo e post-fascista. In politica estera, Trump vorrebbe sostituire la subordinazione militare con quella economica; nonostante ciò rimane un criminale di guerra, reo d’aver assassinato il comandante Qasem Soleimani. La lobby sionista ed i neoconservatori, nel complesso, sono la classe dominante della classe dominante.

La Regina del caos (Harris) e l’uomo del Ku Klux Klan (Trump): sparatorie, pandemie artificiali, razzismo e guerre imperialiste, Washington non offre speranze. In poche parole, la dicotomia è Fascismo globale (Harris) o Fascismo nazionale (Trump). Il cuore nero del capitalismo.

Rainer Shea commette un errore: l’elezione di Trump, non radicalizzerà i movimenti anti-sistema, ma accelererà la guerra civile fra bande armate sub-imperialiste, aizzate dai rispettivi guru (fascistoidi o liberaloidi che siano). USA, un Paese pericoloso che precipita verso l’abisso.

https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/8218-loren-goldner-trump-presidente.html
https://rainershea.substack.com/p/trump-winning-the-election-will-allow?fbclid=IwY2xjawGYs-tleHRuA2FlbQIxMQABHS_QxTIh6Sk1EjuPFyKJtDSD1tgkQk4Et8avWK7XarR4SmTEudz5Ixk_Sg_aem_e_u4I3oQMsY4aV1-tmmp9A

Fonte foto: Virgilio Notizie (da Google)

2 commenti per “Donald Trump o Kamala Harris: la scelta è fra autoritarismo e guerra globale

  1. Giulio Bonali
    8 Novembre 2024 at 8:04

    Cito (e convintamente sottoscrivo, come l’ intero articolo):

    Le elezioni politiche nord-americane, non essendo gli Stati Uniti un Paese democratico quanto piuttosto una ideocrazia, ratificano dei cambiamenti di paradigma da parte del complesso militare-industriale. Gli elettori, senza il lasciapassare della CIA (in diverse circostanze del Mossad), non sono liberi di usufruire delle toilette “pubbliche”.

    Il Pentagono ha rieletto Trump, rappresentativo di un movimento reazionario denominato MAGA). Il trumpismo, dopo una attenta disamina della politica estera USA post 11 settembre 2001, è un ripiegamento “nazionale” [Per cause di forza maggiore, N.d.R.] (non per forza di cose isolazionista) del “fascismo” statunitense.

    FINALMENTE UNA SOBRIA ANALISI SENSATA dopo interminabili, insopportabili spacciamenti di immondizia mediatica (per gli anglomani “gossip”), non senza contorsioni pseudodialettiche ed acrobatici arrampicamenti sugli specchi da parte dei nostrani sostenitori fino al 90° minuto””” (anzi; al 30° dei tempi supplementari) di sinistra””” del fantoccio (alla faccia dei femministi-genderisti sono fiero di usare, in tutta correttezza grammaticale, il maschile ambivalente) sconfitto(-a) propinate H24 a reti unificate (compresa la sempre più inguardabile Bioblu).
    Non se ne può più!
    Meno male che ci resta L’ Interferenza (in buona parte)!

  2. Luca Sider
    29 Novembre 2024 at 11:20

    Kissinger era il partito di Jalta, coesistenza pacifica , spazi globali assegnati senza cambio bandiera.
    Trump e’ figlio dell’estrema destra democratica jacksoniana e di Jfk (il piu grande finanziatore di Gladio e interventista anticomunista)
    Sono scuole opposte ma il nazionalismo di America First almeno e’ a-imperiale, se ne frega di medio oriente e europa, pensa solo alla produzione nazionale e alla rottura strategica con il vecchio ordine imperialista kissingeriano o neocon

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