Berlinguer- “La grande ambizione” è cinematograficamente un bel film e ricopre certamente un ruolo positivo nell’angusto panorama odierno, a prescindere dalle discutibili posizioni, in alcuni passaggi.
Erano decenni che non si vedevano contributi seri e di qualità di impegno ed analisi politica e sociale, dai tempi dei migliori film di Rosi o Pontecorvo.
Era da tempo assente un cinema che facesse pensare, spesso condizionato da un minimalismo-buonismo o analfabetismo dozzinale woke del peggiore PD.
Sarebbe un errore ritenere quello su Berlinguer un film
agiografico. Non è soltanto un lavoro sul canonizzato segretario vero, ultimo,
del PCI, prima della svolta suicida dei Capalbio-boys, dei Petruccioli, D’alema
il bombardiere della Yugoslavia e di Veltroni.
E’ anche un film sulle “Masse”, su tanti funzionari di origine proletaria, su una direzione nazionale di giganti, sulla generazione dei settantenni-ottantenni di quel partito distrutto per assecondare gli interessi di chi ha scientemente distrutto la quinta potenza industriale mondiale o, come Stellantis, chiede nuovi finanziamenti pubblici in cambio di licenziamenti e del nulla.
C’era una volta un grande Paese, nato dalla insurrezione Partigiana, con gli oratori diocesani e le sezioni del PCI, che costituivano il cemento armato d’Italia e della sua tenuta democratica, con noi e quelli come il sottoscritto che scontavano le malattie esentematiche infantili nelle formazioni della cosiddetta sinistra rivoluzionaria prima e di autonomia operaia dopo.
Ora, da anziano, posso asserire con convinzione che “la grande ambizione”, IL COMPROMESSO STORICO, fosse l’unica opzione possibile avanzata, nel solco della DEMOCRAZIA PROGRESSIVA di Togliatti, per formare un blocco compatto dei due terzi della società italiana.
Non appartengo alla storia del PCI, insieme a tanti partecipai alla cacciata di Lama dalla Università di Roma, il 17 febbraio del 1977, un durissimo scontro con oltre 200 feriti sul campo ed il successivo sgombero dell’Ateneo e la sbagliata criminalizzazione di un Movimento vasto, popolare e giovanile di lotta.
Un errore cardinale, a mio avviso, del PCI, IL MANCATO DIALOGO con Movimento ed avanguardie di fabbrica, che avrebbe prosciugato le sorgenti della lotta armata, erronea e senza sbocco, docile strumento del nemico di classe.
Come fu un tragico errore il conflitto con il PSI (non certo per responsabilità del solo PCI..), consegnato al pentapartito a trazione capitalista ed antipopolare.
Il film, che purtroppo salta la stagione dell’ultimo quinquennio in vita di Enrico Berlinguer, dalla vertenza FIAT allo scontro sulla abolizione della scala mobile, è appunto incentrato nel quinquennio fondamentale, 1973-1978, sulla possibilità di realizzare un compromesso con la DC, capace di drenare l’attività anti-socialista promossa dalla retriva borghesia nostrana, ma soprattutto dalla ingerenza USA ed atlantica, poi UE.
L’assassinio di Moro blocca di fatto questo disegno.
Anche non trattare il suo rilascio, insieme al PSI, su una angusta ed obbligata linea della fermezza fu un tragico errore: gli USA, non le BR, si dovevano attribuire l’evidente responsabilità della sua eliminazione,
nei loro piani evidenti deducibili, insieme a parte della DC e della reazione
italiana.
La rappresentazione dei sovietici, assai rispettosi, pur
nelle loro sensate e fondate convinzioni, nel film, non mi trova concorde.
Berlinguer aveva il compito di portare i partiti comunisti occidentali, deboli ed ambigui, Portogallo escluso, in un orizzonte avanzato e funzionale, aldilà di una formale critica ideologica evidente sul cosiddetto “Eurocomunismo”; sarebbe stato un potente antidoto alla funzione atlantica ed antipopolare della UE.
Ma…il potere ha logorato chi non lo aveva e la Storia ha dato ragione a chi, pur tra mille travagli, come Russi e Cinesi, ha mantenuto il punto, su un orizzonte Multipolare realista, certo meno avanzato di uno socialista, ma credo che l’umanità non sia ancora pronta per un tale salto.
In fondo il MULTIPOLARISMO è un grande compromesso
storico di fase.
Tornando al film, grande recitazione, non solo di Elio Germano, ed una degna opera collettiva, come è un vero film, di un genio italiano, che arde ancora sotto le ceneri prodotte dai nostri nemici.
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