Mentre in
Senato si discute sul ddl 1660 il Governo va avanti con le solite logiche securitarie
per occultare la mancanza di fondi a sostegno della sanità pubblica.
Dopo avere
invocato i daspo sanitari, il ministro Schillaci e il Governo propulgano pene
più severe, in caso di danneggiamento alle strutture sanitarie e sociosanitarie,
fino a 5 anni di carcere e 10 mila euro di multa, se il fatto viene commesso da
più persone la pena viene ulteriormente aumentata. Scatta l’obbligo di arresto
in differita in caso di aggressioni a danno del personale sanitario e
nonostante si parli di non aggravio della spesa pubblica verranno potenziati
gli strumenti di videosorveglianza.
Abbiamo
già scritto e detto che la prima causa delle aggressioni al personale sanitario
è data dalla carenza degli organici e degli strumenti a disposizione della
sanità pubblica, file interminabili ai pronti soccorsi, soppressione di presidi
ospedalieri, interminabili liste di attesa per cure e prestazioni, pronti
soccorsi al collasso.
Il personale
sanitario è vittima sacrificale sia della disperazione sociale sia delle
inadeguate politiche governative, mal pagato, con carichi di lavoro insostenibili.
Non sono
certo i daspo e le pene a risolvere i problemi della sanità pubblica per la
salvaguardia e il potenziamento della quale servono risorse economiche e
personale.
Non si
tutela il diritto alla salute militarizzando gli ospedali, non si difendono gli
operatori con uno stato di polizia che allontana gli stessi dall’utenza.
Il decreto-legge presentato dal Governo è figlio della cultura securitaria e repressiva di cui il ddl 1660 è portatore, modifica infatti alcuni articoli del codice di procedura penale (arresto obbligatorio in flagranza e in flagranza differita) e inasprisce le pene per reati contro gli operatori sanitari e per i danni ai beni mobili e immobili della sanità, si costruiscono nuovi reati e alla fine invece di investire in personale e strumenti di lavoro si pensa che la soluzione del problema siano le telecamere.
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