Solo a Israele è permesso tutto


Nessun altro paese al mondo si può permettere di fare impunemente quello che fa Israele. Israele viene lasciato libero di bombardare o uccidere con “esecuzioni mirate” (dove in realtà vengono uccise tante altre persone che nulla hanno a che vedere con l’obiettivo, ma queste vengono considerate meri effetti collaterali) i suoi nemici, che siano leader politici o militari o anche semplicemente esponenti del mondo culturale e intellettuale (come avvenuto per anni in tanti paesi europei compresa l’Italia) in qualsiasi parte del mondo, violando la sovranità degli stati, in barba ovviamente alle leggi e al diritto internazionale che tutti i governi israeliani hanno da sempre considerato carta straccia.  Questa prassi non è certo nuova, ovviamente, come già dicevo. Nel 1985 l’aviazione israeliana bombardò la sede dell’OLP a Tunisi provocando circa settanta morti e centinaia di feriti anche fra la popolazione civile tunisina. Fu uno degli atti di pirateria internazionale più eclatanti commessi dallo stato israeliano. Adesso sono arrivati addirittura al cyber terrorismo. Il messaggio è chiaro: “Siamo in grado di colpire chiunque e ovunque e non ci fermeremo davanti a nulla”. Il che, sia chiaro, non è certo una novità, come dimostra il genocidio in corso a Gaza. La rappresaglia nazista che portò all’eccidio delle Fosse Ardeatine – lo dico senza nessuna retorica – è ormai un nonnulla rispetto alla stessa logica di rappresaglia in corso da un anno nella Striscia di Gaza. Circa cinquantamila morti ufficialmente sotto le bombe più altri centocinquantamila deceduti successivamente per le ferite riportate, la mancanza di medicinali, acqua, cibo e corrente elettrica, le gravissime condizioni igieniche (una parte degli impianti fognari è saltato sotto le bombe) che hanno causato il diffondersi di malattie (la rivista Lancet, una delle più prestigiose riviste mediche del mondo, stimava in circa 186mila il numero dei morti lo scorso 11 Luglio).  Se pensiamo che il 7 ottobre dello scorso anno, durante l’attacco delle forze congiunte della resistenza palestinese sono stati uccisi circa milleduecento cittadini israeliani (una buona parte rimasti uccisi dal “fuoco amico”, cioè dallo stesso esercito israeliano che ha applicato la ormai famosa direttiva Hannibal in base alla quale si fa fuoco su tutto e tutti con l’obiettivo di impedire al nemico di catturare ostaggi), chiunque è in grado di fare le debite proporzioni e di tirare le somme.  

Ora, proviamo ad immaginare se quegli stessi atti di pirateria e di terrorismo internazionale fossero commessi da altri stati. Diciamo che è impossibile immaginarlo, anche con i migliori sforzi.

Quali sono le ragioni che fanno sì che Israele possa fare quello che fa impunemente?

La prima è di ordine politico-militare. Israele è una protesi degli Stati Uniti nel Medioriente e ciò la rende intoccabile, per lo meno fino a quando l’impero occidentale a guida americana continuerà ad essere egemone nel mondo.

La seconda. Israele ha licenza assoluta perché specula ipocritamente sulla tragedia dell’Olocausto. Una speculazione ignobile che viene alimentata ad arte per finalità politiche e per coprire il vero intento, cioè la cacciata di tutto il popolo palestinese dalla Cisgiordania e da Gaza e la costruzione del “Grande Israele”.  Questo progetto, nonostante le dichiarazioni di questo o quell’esponente dell’establishment americano e i tentativi di risoluzione diplomatica (ma saranno autentici?) è a mio parere coperto dagli Stati Uniti (che siano i democratici o i repubblicani a governare) che stanno tendenzialmente in ritirata su tutti gli scacchieri internazionali e hanno comunque necessità di uno stato israeliano forte per mantenere un certo livello di egemonia in quel quadrante strategico, soprattutto se consideriamo che alleati storici come l’Arabia Saudita e la Turchia hanno cominciato a traballare e a guardare ai BRICS con sempre maggiore interesse (di ordine meramente economico e commerciale, sia chiaro).

E quindi ben vengano il debito (da parte occidentale) e il credito (da parte israeliana) inestinguibili forniti, appunto, dalla ignobile speculazione sull’Olocausto. Fine pena mai. Peccato che a farne le spese sia un popolo, come quello palestinese,  che dell’Olocausto non ha nessuna colpa. Ma è un popolo che, a conti fatti, non conta nulla, non ha uno stato, non ha un esercito, la gran parte è composto da rifugiati, baraccati e ora sfollati, e quindi non ha nessun peso specifico da mettere sul piatto della bilancia.

Come andrà a finire? Non sono in grado di dirlo. Di certo, se il conflitto non si allarga, non si “regionalizza”, come si dice in gergo giornalistico, non lo dobbiamo certamente al governo israeliano che ha tutto l’interesse per portarlo alle estreme conseguenze, ma alla prudenza e al senso di responsabilità dei governi cinese e russo che cercano di evitare l’escalation, mantenendo su posizioni caute l’alleato iraniano. E nessuno mi venga a dire che sto blandendo russi e cinesi perchè non mio costume blandire nessuno e soprattutto perché questo è un fatto oggettivo.

Fonte foto: Internazionale (da Google)

10 commenti per “Solo a Israele è permesso tutto

  1. Andrea vannini
    21 Settembre 2024 at 17:09

    Non so come finirà ma so come é auspicabile che finisca: con la cancellazione dell’ esistenza stessa dell’ entità sionista-fascista. Il modello è Berlino maggio 1945.

    • Giulio Bonali
      22 Settembre 2024 at 8:16

      Perfettamente d’ accordo:

      é uno stato dichiaratamente, spudoratamente razzista, terrorista indiscriminato verso le popolazioni civili, genocida.

      Ma oggi credo importante chiedersi (onde evitare disastrose prese per i fondelli):

      cosa pensa in proposito la Wagenknecht?

      • Fabrizio Marchi
        22 Settembre 2024 at 13:18

        A me risulta che la sua posizione in merito sia molto chiara e che sia stata attaccata per le sue posizioni filo-palestinesi e accusata dalla sinistra tedesca di non essere abbastanza filo-israeliana e addirittura di “antisemitismo” dopo essersi rifiutata di alzarsi in piedi per applaudire l’ex premier israeliano Ehud Olmert in occasione del suo discorso al Bundestag.
        Questo è quello che so con certezza anche perchè me lo ricordo. Certamente non è neanche filo Hamas (non lo sono neanche io per la verità anche se ovviamente sostengo tutta la resistenza palestinese…) che comunque è una costola dei Fratelli Musulmani legata e finanziata dal Qatar (che certo non è un modello di socialismo…). Aggiungiamo che in Germania è molto più difficile che non da noi, per ovvie ragioni storiche e politiche, assumere una posizione esplicitamente filo palestinese, senza essere accusati di antisemitismo, accusa che lei già si è beccata. La sua posizione rispetto alla guerra russo-ucraina è decisamente ancora più netta dal momento che è contraria ad ogni forma di sostegno (e in primis la fornitura di armi) al regime ucraino e per avviare immediatamente una trattativa di pace con la Russia.
        Ciò detto, ripeto ancora, non stiamo inscenando un coro ditirambico in favore del partito di Wagenknecht, stiamo solo seguendo con attenzione la sua politica che, pur con le inevitabili contraddizioni (è un partito che vuole giocare un suo ruolo politico nel quado politico tedesco) segna comunque una rottura sia politica che ideologica con la “sinistra” neoliberale. Dal mio punto di vista questo segna un passo verso un “equilibrio politico più avanzato” ed è quindi un fatto da salutare positivamente, fermo restando che nessuno si è sposato nessuno e che le cose andranno col tempo verificate. Spero di aver chiarito la mia posizione (ma anche quella della redazione..). Paragonare il BSW al Podemos (poi Podema) non ha senso. Podema è (era, perchè ormai…) un partito intriso di ideologia politicamente corretta, al contrario del partito di Wagenknecht che nascae proprio dalla critica radicale a quella ideologia. Io credo che la cosa migliore sia di leggere il suo libro, che non è, appunto, il sol dell’avvenire, ma contiene spunti di sicuro interesse, per lo meno per “muovere la classifica”, come si dice in gergo giornalistico. Tutto ciò, in attesa di tempi e condizioni migliori in direzione delle quali è necessario lavorare, anche pungolando con la critica (da un punto di vista neomarxista, diciamo così) quelle posizioni come quelle della W che al momento, piaccia o meno, sono le più avanzate rispetto al quadro della “sinistra” attuale. Pensate come siamo ridotti, si potrebbe rispondere. Esatto, è proprio così, siamo ridotti come siamo ridotti e se non vogliamo fare mera testimonianza ideologica dobbiamo saper entrare in una relazione dialettica con la realtà e fare i conti con questa. Spero finalmente di aver chiarito la nostra posizione e non doverci più tornare sopra.

        • Panda
          22 Settembre 2024 at 16:31

          Vorrei ricordare nel Bundnis non c’è solo la Wagenknecht: questa è la responsabile di partito per la politica estera e, nei limiti che ricordava Fabrizio, mi pare piuttosto chiara (ho cercato di limitare il tedesco al minimo): https://x.com/SevimDagdelen/status/1783934489791459697 https://x.com/SevimDagdelen/status/1778710575867998521
          https://x.com/SevimDagdelen/status/1836381917874147697

          • Fabrizio Marchi
            22 Settembre 2024 at 17:22

            Sevim Dagdelen è la responsabile essteri del partito, quindi quella è la linea ufficiale del partito della Wagenknecht.

        • Giulio Bonali
          22 Settembre 2024 at 19:27

          Non ci vuole niente per essere attaccati come antisemiti (il fatto di esserlo non significa affatto essere antision-az-isti conseguenti; significa solo essere invisi a questo o a quello dei vari partiti sistemici politicamente corretti; specialmente a quelli sedicenti “di sinistra”); il fatto rilevante (per chi veramente si opponga al conformismo politicamente corretto) é se si ritiene che lo stato terrorista, razzista e genocida di Israele abbia diritto di esistere o meno: come giustamente sostiene Andrea Vannini, Il modello è Berlino, maggio 1945.
          Meglio di così non si poteva dire.

          E il responso di questa cartina di tornasole, a proposito della Wagenknecht, é inequivocabile.

          Per chi non abbia code di paglia (mi pare il caso della W.) e (soprattutto) non sia succube del pensiero unico politicamente corretto (invece mi pare con tutta evidenza non essere il caso della W.), né in Germania né altrove vi é alcun particolare motivo di difficoltà nel condannare il sionismo e nel lottare per la fine della mostruosa esistenza della sua entità statale; la sacrosanta condanna dell’ antisemitismo nazista e dei suoi mostruosi crimini non é per nulla un motivo per evitare o attenuare una per lo meno altrettanto sacrosanta e doverosa condanna dell’ antisemitismo (autentico antisemitismo, questo sionista, ai danni del popolo -semitico- palestinese, contrariamente a quello solitamente agitato con somma disonestà -anche- intellettuale a chi questa doverosa condanna pronuncia, contrariamente alla W.).
          Questo é vero e indiscutibile se é vero -come é vero!- che chi (ammesso e non concesso che si trattasse di onestissimi ebrei e non dei sionisti) ha subito un genocidio razzista non é per nulla giustificato e nemmeno gode di alcuna “attenuante” per il fatto di perpetrare a sua volta un genocidio razzista (anzi, casomai potrebbe essere un’ ulteriore aggravante!).

          La posizione della W. nel conflitto Russia-NaTO mi pare equidistante fra aggressori (nazisti, terroristi e pulitori etnici!) e aggrediti; certo c’ é di anche di Peggio in Occidente, ma che vvor dì?

          A me non interessano partiti che vogliono giocare (a tutti i costi) un loro ruolo nei parlamenti occidentali (anche a costo di non mettere in discussione ma accettare e contribuire a corroborare il marciume politicamente corretto), ma solo partiti che vogliono effettivamente lottare per lo meno per la pace (incompatibile con l’ appartenenza alla NATO, contrariamente alle critiche alla NATO stessa, specie quando non si é al governo), per la sovranità nazionale dei popoli europei (incompatibile con l’ appartenenza all’ UE, contrariamente alle critiche alla UE stessa, specie quando non si é al governo), per lo stato sociale e almeno un minimo di democrazia formale (incompatibili con l’ appartenenza all’ UE, contrariamente alle critiche alla UE stessa, specie quando non si é al governo); poi preferirei che lottassero anche per il socialismo (anche come conditio sine qua non per affrontare con speranze di successo contro la distruzione dell’ ambiente e per la sopravvivenza dell’ umanità), ma per il momento sarei disposto ad accontentarmi: non sono un dottrinario che si incaponisce su questioni di principio oggettivamente insolubili a breve termine o un esteta narcisista cui interessa solo la -pretesa- incontaminata purezza della sua coscienza rivoluzionaria (a parte la patente contraddizione fra coscienza rivoluzionaria -autentica- e inane autocompiacimento passivo).

          E, posto quanto sopra rilevato, non mi pare proprio che la Wagenknecht segni comunque (?) una rottura nè politica nè ideologica con la “sinistra” neoliberale (fra l’ altro si dice “erede della socialdemocrazia di Brandt e Palme, perfino della democrazia Cristiana di Adenauer, ma accuratamente evita di dirsi erede del comunismo (nemmeno di quello, per lo meno discutibile, di un Togliatti).
          E infatti non mi pare nemmeno che vi sia qualche sostanziale differenza fra la W. e Podemos (e Syriza): per esempio non mi pare che non siano critici anche questi ultimi del governo di Netanyahu ma sostenitori del “diritto” a difendersi -per me non ha nemmeno quello di esistere- di Israele, né che non siano contro l’ invio di ulteriori armamenti a Kiev ma non per l’ uscita subito, senza se e senza ma, da NATO e UE.

          Credo di essere abbastanza stoico che ingurgiterò il libro della W. (anche se quel che ho letto da parte sua -e non: di lei- basterebbe e avanzerebbe a farmelo evitare; …ma evidentemente mi piace soffrire); ma, al punto a cui siamo ridotti, credo che per evitare sia di fare mera testimonianza ideologica sia di farsi prendere per i fondelli da pseudosinistri politicamente corretti (per molti un’ altra volta! Non per me) rafforzando oggettivamente il pessimo stato di cose presenti, si debbano fare scelte veramente radicali e anticonformistiche nei fatti.
          Anch’ io credo di contribuire, con queste mie critiche franche e non diplomatiche, a cercare una -difficilissima- via di uscita dalla merda in cui ci troviamo immersi.
          Concordo che probabilmente siamo giunti a un chiarimento al momento non perfezionabile delle rispettive posizioni; anche se in generale credo sia bene continuare coltivare dubbi sulle nostre proprie convinzioni e a criticare ed autocriticarsi per cercare di chiarire sempre meglio il da farsi.
          Quindi, se non avete niente in contrario, continuerò imperterrito a rompere i coglioni, un po’ cone, si parva licet componere magnis, Socrate che stuzzicava i suoi concittadini ateniesi a mo’ di meschino tafano punzecchiante un nobile cavallo.

          P.S.: Se trovassi traduzioni in italiano delle affermazioni della Dagdelen le leggeri sen’ altro.

          • Fabrizio Marchi
            23 Settembre 2024 at 1:37

            “Se trovassi traduzioni in italiano delle affermazioni della Dagdelen le leggeri sen’ altro”.
            Basta che vai su Google e prendi il traduttore tedesco-italiano.

  2. Pierluigi
    21 Settembre 2024 at 17:37

    https://it.wikipedia.org/wiki/Dottrina_Dahiya

    La dottrina Dahiya, o dottrina Dahya, è una strategia militare di guerra asimmetrica, delineata dall’ex capo di stato maggiore delle forze di difesa israeliane (IDF) Gadi Eizenkot, che comprende la distruzione delle infrastrutture civili di regimi ritenuti ostili come una misura calcolata per negare ai combattenti l’uso di tale infrastruttura e che approva l’impiego di una “forza sproporzionata” per raggiungere tale scopo.
    La dottrina prende il nome dal quartiere Dahieh di Beirut, dove Hezbollah aveva il quartier generale durante la guerra del Libano del 2006. Il quartiere venne poi pesantemente danneggiato dall’IDF

    Guerra del Libano del 2006
    Il primo annuncio pubblico della dottrina è stato fatto dal generale Gadi Eizenkot, comandante del fronte settentrionale dell’IDF, nell’ottobre 2008. Ha detto che ciò che è accaduto nel quartiere Dahya (anche traslitterato come Dahiyeh e Dahieh) di Beirut nel 2006 sarebbe: “accaduto in ogni villaggio da cui sono stati sparati colpi in direzione di Israele. Eserciteremo un potere sproporzionato contro [loro] e causeremo danni e distruzioni immensi. Dal nostro punto di vista, queste sono basi militari. […] Questo non è un suggerimento. È un piano che è già stato autorizzato. […] Danneggiare la popolazione è l’unico mezzo per frenare Nasrallah.”

    Secondo l’analista Gabi Siboni dell’Istituto israeliano per gli studi sulla sicurezza nazionale:
    “Con lo scoppio delle ostilità [con Hezbollah], l’IDF dovrà agire immediatamente, con decisione e con una forza sproporzionata rispetto alle azioni del nemico e alla minaccia che rappresenta. Tale risposta mira a infliggere danni e infliggere punizioni a un nemico secondo una misura che richiederà processi di ricostruzione lunghi e costosi. La prova di Israele sarà l’intensità e la qualità della sua risposta agli incidenti al confine libanese o agli attacchi terroristici che coinvolgono Hezbollah nel nord o Hamas nel sud. In questi casi, Israele, ancora una volta, non potrà limitare la sua risposta ad azioni la cui gravità è apparentemente proporzionata a un incidente isolato, ma dovrà piuttosto rispondere in modo sproporzionato per far capire chiaramente che lo Stato di Israele non accetterà alcun tentativo di interrompere la calma attualmente prevalente lungo i suoi confini. Israele deve essere preparato al deterioramento e all’escalation militare, così come a uno scontro su vasta scala. Tale preparazione è obbligatoria per prevenire il logoramento a lungo termine”

    …/…
    Criticità
    Richard Falk ha scritto che secondo tale dottrina “le infrastrutture civili di avversari come Hamas o Hezbollah sono trattate come obiettivi militari ammissibili, il che non è solo un’aperta violazione delle norme più elementari del diritto di guerra e della moralità universale, ma la confessione di una dottrina della violenza che occorre chiamare con il suo nome proprio: terrorismo di Stato”

    – – – – – –

    E’ poco più poco meno la medesima strategia che usava la Wehrmacht durante il secondo conflitto mondiale
    Anche in Italia

    • Pierluigi
      21 Settembre 2024 at 18:04

      Quando sui media si ascolta il postulato-mantra “Israele ha il diritto di difendersi” (ripetuto di recente anche dalla candidata alle presidenziali USA 2024 Kamala Harris) bisogna ricordare che questa è la sua modalità “difensiva”
      Codificata, nero su bianco
      Riscontrabile sul terreno

  3. Enza
    21 Settembre 2024 at 18:34

    Ovviamente, gratis non c’è nulla. Tutto questo sangue, l’orrenda mattanza è retribuita profumatamente dagli Usa. Tu dai una cosa a me e io una a te. Israele è il tutore degli interessi americani nel bel mezzo del Medioriente. Punto.
    Non mi illudo sulla natura umana, ma se Amerika fosse ridotta all’impotenza, il pianeta ci guadagnerebbe molto.

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