La ferocia del
liberismo interpartitico è reso lapalissiano con il sistema pensionistico
italiano. Fino al 1995 vigeva il sistema retributivo: il lavoratore andava in
quiescienza con un sistema che gli garantiva una vecchiaia decorosa. Lo Stato
interveniva integrando i contributi, in modo che la pensione fosse più alta dei
reali contributi versati. Dopo il 1995 con il crollo dell’Unione Sovietica,
vero katechon al liberismo, e con il
suicidio programmato e voluto del PCI, il sistema pensionistico è stato
riformato. La parola riforma è divenuta inquietante, è usata per tagliare i
diritti sociali: lo chiamano progresso liberal…Nel presente e ancor più nel
futuro il sistema sarà rigidamente contributivo, in quanto, ci dicono, che non
reggerebbe la finanza pubblica. La motivazione ideologica è l’invecchiamento
della popolazione e la denatalità, per cui il sistema dev’essere riformato.
Silenzio assoluto su un elemento generalmente non contemplato, in Italia l’evasione
fiscale ammonta tra gli 80 e i 100 mld l’anno, se fossero recuperati, forse, le
risorse ci sarebbero per i servizi sociali e per le pensioni. A ciò bisogna aggiungere che in questi decenni
liberal la ricchezza si è concentrata nei forzieri digitali dell’oligarchia
transnazionale. Si è tolto ai lavoratori, sfruttati fino all’inverosimile,
affinchè l’uomo imprenditore potesse spostare il plusvalore estorto dalla
produzione alla finanza. La popolazione
invecchia, dunque, si lascia il lavoro con una prospettiva minima di vita: si
va in pensione a 67-68 anni per vivere, in media, poco più di una decina. Si
versano 43 anni di contributi e si usifruisce di poco più di una decina d’anni
della pensione. Nel frattempo la svolta green minaccia di togliere ai pensionati
la casa di proprietà: i costi per la ristrutturazione
green sono proibitivi, si immagini un
anziano con pensione misera che deve affrontare la ristrutturazione energetica
nei prossimi anni, non pochi svenderanno casa, per vivere in affitto. Insomma
il futuro è all’insegna della povertà che lambisce la miseria. La giustificazione è sempre la medesima, non
nascono figli e non vi sono contribuenti che sostengono le pensioni. Si lascia
sul sottofondo la realtà nella sua complessità in nome del semplicismo.
Il depopolamento e la
denatalità non sono l’effetto di cause astronomiche che fatalmente si sono abbattute.
Si va in pensione con la legge Fornero con quasi 42 anni di servizio per le donne e con quasi
43 anni per gli uomini prima dell’età anagrafica stabilita per la pensione a 66
anni per le donne e a 67 anni per gli
uomini. Le donne vivono più a lungo, ma vanno in pensione prima. Il sistema è
intrinsecamente ingiusto anche quando finge un’irrazionale giustizia. Naturalmente
quasi nessuno va in pensione prima dell’età anagrafica, dato che si entra nel
mondo del lavoro sempre più tardi. La legge capestro della Fornero prevede
allungamento ulteriore degli anni contributivi in base alla vita media, ma se l’aspettativa di vita media
diminuisce, come in questi anni, non si torna indietro, restano i parametri
stabiliti dal “governo tecnico Monti”. Con un tale sistema le nuove generazioni
sono espulse dal circuito lavorativo, nel quale possono entrare solo da precari
e mal pagati. A loro non resta che consumare la ricchezza di famiglia, se c’è,
e glorificarsi di essere cittadini del “mondo
libero”, per chi ha i soldi, in alternativa possono migrare (l’insegnamento
obbligatorio dell’inglese risponde a tale obiettivo). Sono nutriti alla
mangiatoia dell’ideologia dei soli diritti
individuali per la quale bisogna soddisfare i desideri sul mercato divenuto il Grande Lucignolo. Naturalmente in tale
tempesta sociale le nuove generazioni non mettono su famiglia e sono presi dal Grande Lucignolo che tutto promette e
nulla mantiene. Entrano nel mondo del lavoro intorno ai quarant’anni con
stipendi da fame. La vita trascorre così nel disincanto liberista.
Gli stipendi bassi
sono sempre stati un problema endemico italiano, ma col sistema retributivo lo
Stato sanava l’ingiustizia subita dai lavoratori e i tempi più brevi per la
quiescienza consentiva il ricambio generazionale che permetteva sviluppo e
produzione di ricchezza, in quanto un giovane non è paragonabile ad un
sessantenne in ogni ambito per motivazione e per energia creativa. Non era
secondaria la cultura comunitaria con radici cristiane e socialiste che
favoriva la costituzione della famiglia e la motivazione a produre, in primis, per i figli. Oggi la
produzione è stata sostituita con l’impeativo al consumo immediato, vi è una
tendenza a consumare senza differire il desiderio, perché non c’è futuro. La
nazione italiana è un’immenso luna park
per turisti, non si produce, si consuma il patrimonio nazionale. Ci si sente
atomi vaganti, per cui si vive consumando i desideri che il Grande Lucignolo sollecita. Il Grande
Lucignolo ha spazzato via tutto, lasciando le vite in macerie e senza
prospettiva. Per la globalizzazione bisognava essere competitivi con bassi salari,
tanto si poteva sempre migrare, se il mercato locale non offriva nulla. Oggi la
globalizzazione è caduta; il mondo è multipolare, ma si continua sulla stessa
scia che favorisce pochi e danna per la vita
la maggioranza della popolazione.
Il mainstream ripete a gran voce che una
riforma che renda umano il sistema pensionistico e lavorativo non ce la possiamo
permettere, tutto questo con il consenso di sindacato e partiti; il PD è sempre
dalla parte dei padroni, deve dimostrare che ha chiuso con il PCI e con la
Costituzione. Lo ammettono anche loro che il sistema è disumano, contano solo i
calcoli effettuati dai liberisti e presentati come oggettivi. I lavoratori non
sono persone ma numeri nel gran mondo del mercato che tutto può. Naturalmente
il mercato ha il volto e la parola degli oligarchi, ma lo si presenta come una
divinità in Terra in modo da dogmatizzare scelte e decisioni.
Dovremmo immaginarci
quarant’anni trascorsi nel mondo del lavoro ricattati (abolito articolo 18) con
la minaccia di essere licenziati e umiliati quotidianamente per comprendere il
costo umano che i lavoratori pagano.
In pensione, ora con
il sistema misto, in futuro si andrà solo con il contributivo; gli stipendi
bassi e il precariato decreteranno una contribuzione inadeguata a una vita
decorosa con pensioni modestissime, mentre i servizi sociali sono privatizzati
e diventano esosi. Il Grande Lucignolo
puzza di zolfo, in questi decenni ha
insegnato ai subalterni che non c’è alternativa alla loro miseria e ad un
sistema che premia i ricchi e sferza i lavoratori. Molti sono consapevoli del
grande inganno, ma manca la rappresentanza politica. Sono presenti forze che si
oppongono, ma il sistema mediatico non concede loro visibilità costante senza
la quale sono nei fatti neutralizzate.
I bagliori che
avvampano in Europa sono il sintomo di una condizione insostenibile, che
potrebbe avere svolte pericolose, se la politica non darà reali risposte.
Rammentiamoci dell’articolo articolo 36 della Costituzione italiana mai citato
da sindacati e partiti:
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata
alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare
a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla
legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie
annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
Se leggiamo la nostra triste realtà col filtro della Costituzione il sistema liberal è illigittimo, in quanto non garantisce la dignità di ogni essere umano. Non resta in questo momento che far crescere la consapevolezza sociale e politica, in modo da condurre le nuove generazioni fuori dalla caverna del Grande Lucignolo. L’azione senza la chiarezza dei fini e senza la coscienza della condizione materiale in cui versiamo rischia di essere inconcludente. I cantori dell’azione per l’azione e i cantori della sola critica sociale errano entrambi, in quanto agire significa capire i fini oggettivi della buona politica e senza una adeguata valutazione della totalità sociale essi perdono in razionalità e in motivazione etica.
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