Non è soltanto cronaca sportiva, ma un
esempio da manuale delle storture dell’ideologia politicamente corretta,
lgbtecc., transgender e transumanista. C’è dentro un po’ tutto. Diciamo
politicamente corretto perché è la cornice unificante.
L’unico punto di equilibrio del
ragionamento è l’evidenza che una
donna, una pugile, Angela Carini, viene esposta a un rischio concreto.
Il resto è ideologia. E le ideologie possono far male. Una donna viene costretta
dal regolamento olimpico a combattere contro un uomo. Infatti Imane Khelif è
biologicamente maschio. Si tratta di una condizione oggettiva, pertanto
dovrebbe combattere nella categoria degli uomini, contro atleti i cui colpi
hanno lo stesso peso e la stessa capacità di impatto! Nello sport, la categoria
di appartenenza dovrebbe sempre essere determinata da fattori oggettivi (cioè
biologici), non soggettivi per quanto legittimi. La loro legittimità, questo è
il punto che viene ideologicamente rimosso, non può valicare i limiti oggettivi
dell’umano. Invece Imane Khelif può salire su un ring a prendere a cazzotti una
donna, che in questo modo viene esposta a un rischio concreto per ragioni
meramente ideologiche. E per questi motivi farebbe bene a rifiutarsi di farlo.
Khelih picchia forte, come un uomo perché è biologicamente tale. La differenza
media di forza fisica tra un uomo e una donna è un dato biologico, dunque
oggettivo, che occorre strettamente tener presente a protezione della donna e
della sua incolumità.
Siamo così in presenza di un esempio
lampante di quanto siano illusorie e strumentali (appunto ideologiche) le
pretese che il sesso biologico possa essere superato in quanto inessenziale o
comunque secondario rispetto al genere (ideologia “gender neutral” e
transumanesimo). Per altro è soltanto uno tra i molti esempi dei danni di una
ideologia che lavora “sotto-traccia” (e colgo l’occasione per rinnovare
l’invito a leggere l’ottimo pamphlet di Silvia Guerini “Dal corpo neutro al
cyborg post-umano”); un esempio che offre solo il vantaggio della visibilità
garantita dallo sport. La vicenda palesa come la base di consenso di cui gode
l’ideologia “gender neutral” e politicamente corretta poggi, tra l’altro, sulla
confusione tra desideri soggettivi e diritti: siccome ciascuno/a è libero di
sentirsi ciò che vuole (e qual è il problema), allora, (inizio del problema e anche grosso), un
uomo, un atleta con caratteristiche prevalentemente maschili, può salire sul
ring per combattere con una donna con l’avallo del regolamento olimpico, che
dovrebbe tutelare la parità delle condizioni agonistiche di partenza; cioè una
parità reale, la sola reale, diversamente da quella artificiale e ideologica
del politicamente corretto.
Del resto è una ideologia che in tutte le sue
propaggini mira alla sostituzione del principio di realtà, distruggendone tutte
le coordinate solide. Le allodole progressiste abbagliate dagli specchietti
della sinistra liberal si rifiutano di riconoscerla in quanto ideologia
nonostante i suoi contorni sempre più chiari perché… perché Salvini.
Non meriterebbe di per sé alcuna menzione,
e tuttavia può risultare utile rilevare tutto il solito armamentario mediatico
del falso bipolarismo che puntualmente ha accompagnato questa come altre
analoghe vicende. Si è infatti prontamente messa in movimento la macchina delle
note testate afferenti alla sinistra liberal e politicamente corretta contro la
destra rea di aver avviato una “crociata contro l’atleta transgender”, dopo che
il caso è diventato politico per l’intervento di alcuni esponenti politici e
del governo. Ovviamente le posizioni della Lega su questi temi sono, dal mio
punto di vista, non condivisibili, come in generale la critica da destra al
politicamente corretto, che viene mossa da un retroterra tradizionalista e
conservatore. D’altra parte, chi si rifiuta di vedere una verità soltanto
perché essa viene riconosciuta anche da un avversario, o peggio ancora da
qualcuno che gli è antipatico, non fa altro che rinchiudersi nel gioco della
falsa polarizzazione. Per dirla con le parole dell’antifascista Ernesto Rossi:
“Se un fascista dice che piove, e piove, il fascista ha ragione”.
In quest’ottica, occorre sempre evitare due
errori che mi sembrano chiari:
1) L’errore di non riconoscere che il
politicamente corretto è egemone. E non soltanto lo è, ma la sinistra di
sistema ne costituisce la più aderente traduzione e garanzia politica.
2) Non sta scritto da nessuna parte che la
critica al politicamente corretto possa essere condotta soltanto da posizioni
conservatrici. Si tratta di una possibilità, ovviamente. Ma certamente non è la
sola e non è la mia. Anche perché la destra, anche quando assume pose
anti-sistema, non è tale nella sostanza. Pensare che sia la sola possibilità,
in ogni caso, significa cadere nella trappola della polarizzazione permanente.
Il punto rimane lo stesso: fuori dal gioco
della polarizzazione passa il sentiero difficile, ma necessario e mai arido,
dell’alternativa sia al conservatorismo che al politicamente corretto.
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