Il vecchio leader dei Cobas scuola guarda il mondo con categorie
ideologiche e ferme a 30 anni fa
Non ce ne voglia Piero Bernocchi ma da anni ormai non ne azzecca una, la lucidità di un tempo, le intuizioni sindacali e politiche sono ormai un pallido ricordo, forse, e lo diciamo con affetto, è arrivato il momento di un suo ripensamento a partire dalla comprensione dell’oggi aggiornando le categorie di lettura della realtà contemporanea.
Ci pare
evidente il disappunto di Piero verso la nuova resistenza palestinese guardata
con il classico occhio occidentale centrico, se oggi le componenti marxiste nel
mondo arabo sono ridotte nei numeri e nel peso politico, se la Resistenza di un
popolo si identifica nelle correnti musulmane (attribuire la loro egemonia
gramsciana ai soldi delle petromonarchie è fin troppo facile se pensiamo al
fiume di soldi europei destinato alla ANP), noi tutti\e invece dovremmo
analizzare cosa è accaduto negli ultimi 30 anni, dagli accordi di Oslo in poi. Resta innegabile una forma di romanticismo
occidentale, di nostalgia verso l’Intifada, le rivolte dei giovani palestinesi
che tiravano pietre contro i carri armati venendo falcidiati dai fucili
dell’esercito israeliano. Ma piaccia o non piaccia molte cose sono cambiate e
questa idea romantica delle rivolte oggi viene soppiantata da strategie
militari differenti.
Anche
la sterile contrapposizione tra Resistenza palestinese e Kurda è figlia di
schemi occidentali, la simpatia verso il modello organizzativo Kurdo non tiene
conto del contesto, del fatto che rispetto a 10 anni fa la situazione
internazionale è profondamente cambiata.
E’
giusto chiedere alle mobilitazioni pro Palestina di allargare lo sguardo al
dramma di altri popoli ma potremmo anche dire che sarebbe auspicabile che i
sindacati del Pubblico impiego ampliassero le loro vedute guardando al mondo
degli appalti.
Possono
essere dette cose giuste ma con linguaggi sbagliati specie se verso alcune
istanze permangono pregiudizi occidentali che ad esempio non aiutano a
comprendere la natura multipolare del mondo. Ma attribuire alla Resistenza
palestinese le stesse responsabilità del Governo Israeliano ci sembra
francamente un eccesso di zelo verso una visione europeocentrica del conflitto.
Non
corrisponde a verità l’accusa di due pesi e due misure verso le realtà filo
palestinesi, potremmo fare innumerevoli esempi di chi ieri era a fianco dei
Kurdi e oggi scende in piazza per i palestinesi. Ma nelle parole di Piero si
legge una scelta di campo, guardare con distacco quanto avviene nel conflitto a
Gaza, non coglie la natura del genocidio, si sottovaluta l’entità dello stesso,
non si coglie il rapporto stretto tra quanto avviene in Medio Oriente e le
strategie di guerra Usa e Nato e anche della Ue.
A
Piero vorremmo poi ricordare l’oblio verso il Donbass e una lettura della guerra in Ucraina attraverso
la lente interpretativa con categorie
vecchie ed antecedenti al crollo del muro di Berlino.
E allo
stesso tempo ricordiamo la svolta verso posizioni dichiaratamente di destra e
belliciste di una buona parte della società israeliana, il connubio tra
università israeliane e imprese militari.
Quella che Piero Bernocchi definisce “incomprensibile differenza di impegno e di passione rispetto alle istanze di Kurdi e palestinesi, da parte dei movimenti italiani e internazionali” è una considerazione insensata tanto che tra le ragioni addotte c’è sempre la solita questione dei diritti civili guardando ai palestinesi come popolo ostaggio dell’islamismo jihadista e quindi assoldato in una sorta di guerra santa alla quale parteciperebbero anche le realtà solidali europee che a loro volta rinuncerebbero a ogni identità laica. E i diritti sociali? Nel dimenticatoio, come del resto si evince dalla sottovalutazione generale degli effetti derivanti dalla autonomia differenziata. Ci sembrano letture assai discutibili e alquanto parziali soprattutto se la posizione di Bernocchi diventasse quella dei Cobas, di un sindacato che fin dagli albori si era schierato a fianco della resistenza palestinese senza lesinare critiche ai valori e alle pratiche occidentali, ad esempio verso la declinazione di quei diritti civili sbandierati nel mondo occidentale per giustificare un operato colonialista prima e spiccatamente imperialista oggi.
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