L’amministrazione
Biden, sconfitta militarmente in Ucraina e nella Palestina storica, ha dovuto
patteggiare la liberazione del giornalista Julian Assange. L’entourage del demente
senile Joe Biden, screditato davanti al proprio elettorato per l’appoggio acritico
al governo israeliano-fascista, ha di fatto riconosciuto la vittoria del
movimento antimperialista il quale, davanti alla distruzione psicofisica di un eroico
giornalista, ha risposto con la lotta di classe: Julian è libero. Non è stato
un mero escamotage elettorale: Stella Morris ha contrapposto al Processo di
Londra la medesima abilità dialettica di Dimitrov al Processo di Lipsia.
Leggiamo,
attraverso la penna di Oscar Grenfell, l’analisi del <<World Socialist
Web Site>> (WSWS), testata d’orientamento marxista la quale,
fin dall’inizio ha colto la natura politica e sociale delle rivelazioni di Wikileaks:
“L’accordo
rappresenta un’enorme vittoria per Assange, il cui rilascio sarà accolto con
favore dai difensori dei diritti democratici e dagli oppositori della guerra
imperialista in tutto il mondo. Si tratta di un’umiliazione significativa per
il governo americano, che dal 2019 aveva chiesto l’estradizione di Assange per
perseguirlo con 17 capi d’accusa dell’Espionage Act che prevedevano una pena
massima di 170 anni di carcere, cioè a vita.
Il
patteggiamento dimostra che non c’è mai stata una base legale per questo
tentativo di azione penale, nemmeno nel quadro indebolito del diritto borghese
e della legislazione draconiana sulla sicurezza nazionale. Si è sempre trattato
di una caccia alle streghe brutale e politicamente motivata, mirata a mettere a
tacere e distruggere Assange perché aveva denunciato i crimini di guerra
storici degli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan, le cospirazioni criminali di
Washington in tutto il mondo e le gravi violazioni dei diritti umani.
Assange
è stato liberato grazie alla sua straordinaria e coraggiosa resistenza di fronte
alla vasta persecuzione statale e agli sforzi instancabili dei suoi
sostenitori, tra cui la sua famiglia, il team legale e i colleghi di WikiLeaks.
Una prolungata campagna globale che chiedeva la libertà di Assange ha
conquistato la simpatia e il sostegno di milioni di persone. Per anni, masse di
persone hanno considerato Assange una figura eroica e la sua persecuzione
ingiusta e criminale.” 1
Al di là della natura giuridica del patteggiamento, un escamotage che viola palesemente il Diritto all’informazione sovrapponendo la corruzione dell’élite aziendale alle istanze pubbliche, Julian ha dimostrato che, con coraggio e determinazione, è possibile resistere alla transizione verso una nuova Architettura di potere; il mondo del lavoro può e deve, attraverso le proprie avanguardie di classe, decostruire i gangli vitali dello “stato profondo”.Wikileaks ha affermato che tutto ciò è “il risultato di una campagna globale che ha coinvolto organizzatori di base, sostenitori della libertà di stampa, legislatori e leader”, che “ha creato lo spazio per un lungo periodo di negoziati con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti”; “Dopo più di cinque anni in una cella di 2x3 metri, isolato 23 ore al giorno, presto si riunirà con sua moglie Stella Assange e i suoi figli, che hanno conosciuto il padre solo dietro le sbarre”. La liberazione del fondatore di Wikileaks, colui che ha rivelato al mondo la transizione dalla “società cocainista” (il regime della corruzione borghese) al “capitalismo della sorveglianza”, è figlia dell’imminente crollo dell’Impero americano; in tantissimi ne sono compartecipi, dagli antifascisti del Donbass ai resistenti palestinesi, fino alla sovversione proletaria nel cuore dell’Occidente collettivo, orwelliano e neocoloniale. La Rivoluzione degli Oppressi non ha nulla d’utopico, ma – come Marx, Engels e Lenin hanno ampiamente spiegato – rappresenta una necessità storica.
Leggiamo il Premio Pulitzer Chris Hedges:
“Il pubblico, bombardato dalla
propaganda di guerra, esulta per la sua autoimmolazione. Si rallegra della
spregevole bellezza delle prodezze militari statunitensi. Parla con i luoghi
comuni che distruggono il pensiero, vomitati dalla cultura di massa e dai mass
media. Si imbeve dell’illusione di onnipotenza e si crogiola
nell’autoadulazione.
Il mantra dello Stato
militarizzato è la sicurezza nazionale. Se ogni discussione inizia con una
domanda sulla sicurezza nazionale, ogni risposta include la forza o la minaccia
della forza. La preoccupazione per le minacce interne ed esterne divide il
mondo in amici e nemici, in buoni e cattivi.
Coloro che, come Julian
Assange, denunciano i crimini e la follia suicida dell’impero sono perseguitati
senza pietà.” 2
Il sistema nord-americano
rappresenta una dittatura ideocratica e statocratica (dominio dei
militari), dove Stato ed Ideologia concorrono nell’applicazione della dottrina
della “guerra eterna”, un nuovo modo d’intendere l’imperialismo basato
sulla demolizione dell’idea stessa di Civiltà. Lo Stato diventa
un bazooka dei padroni contro la classe operaia e le nazioni non allineate al mondo
globalizzato dall’occidente; un immenso apparato burocratico e repressivo. La
lobby sionista, che domina negli Stati Uniti, citando il giornalista inglese
Alan Hart, è il “bubbone tumorale della politica internazionale”.Questa
dittatura pan-planetaria e post-moderna, di derivazione
Anglo-Sionista, è giunta al termine? Soltanto il rilancio della lotta di classe
potrà salvarci dall’avvento di Stati totalitari governati dalle multinazionali.
Conclude
il WSWS:
“La
lotta contro la guerra e l’attacco ai diritti democratici che l’accompagna
richiede la costruzione di un movimento politico della classe operaia, contro
tutti i governi e contro un sistema capitalista che, come ha dimostrato il caso
Assange, sta precipitando verso l’autoritarismo.”
L’Occidente
collettivo è precipitato nell’incubo del fascismo tecnocratico,
ciononostante questo processo non è irreversibile. Non esistono altre
alternative: lotta di classe oppure eugenetica neoliberale; socialismo o la
transizione verso una nuova Architettura di potere.
Fonte foto: da Google