Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
È sempre difficile affrontare il conflitto di genere nel nostro paese ma diviene addirittura imbarazzante se ci si si distacca dal mainstream ufficiale e si affronta il problema dalla parte degli inquisiti, di quelli che devono autoaccusarsi e non hanno diritto a una linea di difesa.
Nelle Università italiane i gender
studies si sono ormai trasformati in women studies (studi sulla
condizione femminile), si sciorinano dati e situazioni ma a senso unico, mai un
confronto tra svantaggi o svantaggi a favore o sfavore dell’uno o dell’altro
sesso.
Come mai nessuno, nell’ambito universitario,
affronta studi sulla condizione maschile? Non un istituto, un esame, e forse
nemmeno una tesi di laurea?
Ma cosa succede se si affronta la
letteratura di opposizione, oppure semplicemente si va a navigare tra i siti o
le pagine Facebook in cui gli uomini riflettono su se stessi o denunciano gravi
violazioni della parità a loro danno?
Ci si
accorge allora che il leit motiv che unisce tutti è l’enorme discrepanza
tra le grandi dichiarazioni sulla parità di genere e il vantaggio maschile e la
realtà in cui in troppi settori gli uomini sono svantaggiati ma non lo si può
mai dire:
Pensioni:
le donne vivono circa sei anni in più degli uomini ma vanno in pensioni da 1 a
5 anni prima, quanto costano le pensioni delle donne, compreso reversibilità e
accompagnamento rispetto a contributi versati?
Istruzione: lo
svantaggio scolastico è maschile, non solo la scuola non ha mai voluto riflettere
sui diversi tempi di crescita tra bambine e bambini, ragazze e ragazzi, vera
causa dello svantaggio maschile, non ha voluto o potuto riflettere sulle
conseguenze di questo divario sull’autostima e sul senso di frustrazione dei
ragazzi, ma di fronte al fatto che in Italia vi siano circa 200.000 studenti
universitari maschi in meno delle ragazze con intere facoltà completamente
femminilizzate, cosa fa la politica per la parità di genere? Scopre che vi sono
delle facoltà, le cosiddette materie STEM (Science, Technology, Engineering,
Mathematics), in cui le studentesse sono in svantaggio, parte l’attacco alla
scuola: “la scuola italiana non sa insegnare matematica alle ragazze”, le
università provvedono a dare incentivi alle ragazze che si iscrivono alle
materie STEM, ma non succede altrettanto per i ragazzi che si iscrivono alle facoltà
umanistiche ormai disertate dagli studenti maschi.
Attesa di
vita e politiche sanitarie: gli uomini muoiono prima: di malattie
cardiocircolatorie, di malattie polmonari, di cancro alla prostata. Quali
interventi sanitari, quale sensibilizzazione viene fatta? Pochissimo, se lo
confrontiamo col massiccio intervento di prevenzione del cancro al seno e
all’utero per le donne.
Separazione
e divorzi, qui il lamento e la rabbia annunciano una rivolta. I padri
separati si lamentano: hanno accompagnato i figli dalle prime ecografie della
madre, si sono commossi a vedere quel cuore battere all’impazzata nel monitor
dell’ecografo, hanno scaldato pappine e biberon, hanno cambiato pannolini, si
sono alzati la notte al pianto dei loro bimbi, hanno fatto il ”mammo”, come era
giusto, ma poi arriva la separazione e il divorzio con confisca della casa
anche se di loro esclusiva proprietà, allontanamento dai figli e dimezzamento
dello stipendio. Nei tribunali gli uomini toccano con mano la realtà della
finta parità tra uomini e donne. Conoscono sulla loro pelle la violenza del
pregiudizio antimaschile, della discriminazione e dello sfruttamento dell’uomo
a favore della donna.
False accuse: secondo un’indagine, a firma delle parlamentari Bonetti, Cartabia e Lamorgese che mette a confronto le accuse per violenza e maltrattamenti vari fatte da donne contro gli uomini e le condanne ottenute, solo una minima percentuale tra il 5 e il 6 % esita a condanna, il 50% circa vengono archiviate per mancanza dei requisiti minimi.
Quanti
anni, quanta sofferenza e denaro è costata agli uomini quella denuncia e infine
l’assoluzione? Cosa ci dice la TV di tutto questo?
Femminicidi: siamo tra i paesi più virtuosi d’Europa e del mondo, sia per omicidi che per femminicidi, è chiaro che anche un solo omicidio di uomo o di donna è troppo e che l’omicidio, come ci insegnano al catechismo, grida vendetta la cospetto di Dio, ma quando si arriva a livelli “fisiologici” si dovrebbe capire che il problema va studiato diversamente, legato alla condizione psichica dell’assassino, al sistema famiglia in cui vive, alla sua solitudine davanti ai fantasmi che lo tormentano, riceve invece solo repressione e colpevolizzazione collettiva che finiscono solo per generare una reazione contraria perché si convince che tanto nessuno lo può capire.
“Inoltre –
scrive Amanda Lovanio sulla sua pagina FB –
le leggi in occidente hanno fissato diversi privilegi riservati alle
donne, che costituiscono altrettante deprivazioni per gli uomini: su violenza,
minacce, permessi, pensione, la legge tratta in modo privilegiato le donne
rispetto agli uomini: nell´abortire la legge tratta il figlio nascituro non
come soggetto ma come estensione del corpo della madre, di conseguenza il padre
è ́ tagliato fuori da ogni potere decisionale, egli conta quanto un estraneo. Stessa
cosa per la decisione di farlo nascere. I permessi per le madri sono maggiori e
migliori dei permessi per i padri. In caso di separazione la casa
coniugale va in uso alla madre anche se di proprietà ́del padre, nel caso in
cui c’è ́un mutuo da pagare,
il padre paga per la casa che possiede ma nella quale non può ́entrare senza il
permesso della madre ma la madre non paga nulla per la casa in cui abita, anche
in caso di affido a metà́
(quando il figlio trascorre una settimana con ciascun genitore). L’uomo non può disconoscere il
figlio, la donna può.
L’uomo ha obbligo di mantenere il figlio, la donna no. La residenza del figlio
va alla madre, non al padre…
Per lo stesso reato le donne sono
condannate a pene più miti, pena che viene scontata in modo diverso, con
maggiori agi per le donne (domiciliari, meccanismi premiali, affidamento ai
servizi sociali)”.
E a questo si aggiunge la tragica realtà
della morte: 90% degli incidenti sul lavoro, 75% degli incidenti stradali, 78 %
dei suicidi e quasi tutta la fascia degli emarginati e senza tetto è declinata al
maschile.
La
mancata risposta maschile all’oltraggio femminista e all’ingiustizia delle
leggi ci dice che il patriarcato non è mai esistito e, se è esistito, ha
risarcito le donne in altro modo. Un super-io materno e femminile, invece,
domina l’inconscio maschile. Il femminile spinge l’uomo a occuparsi di tutto
fuorché di se stesso e del suo diritto alla felicità, ne viene fuori una
cultura maschile incapace di autocoscienza, si rifugia dietro l’oggetto o il
diritto pur di non parlare di se stesso e di quello che paga in prima persona
nella società femminilizzata.
E
tuttavia l’autocoscienza, il lavoro di riflessione che stiamo facendo, il
grande lavoro del giornale che sta ospitando questo articolo non bastano più
per cambiare le cose, è necessario passare al lavoro politico, è necessario
entrare sulla scena della politica e rompere dall’interno la grande congiura contro
gli uomini, contro la verità e la giustizia.
Serve un coordinamento di tutti i movimenti
maschili, di tutti coloro che si sono manifestati con un libro, un sito, una
pagina Facebook a favore di una giusta parità di genere, per far sapere al
Parlamento, ai giornali e ai sindacati che noi ci siamo e vi accusiamo, ci
avete mentito, avete costruito un gulag di menzogne sulla condizione maschile e
femminile in Italia.
Ma serve anche una nuova cultura, c’è nella tradizione
poetica, religiosa e artistica una tradizione di adorazione e sottomissione al
femminile che ci ha lasciati del tutto impreparati di fronte all’inganno
femminista e ancora non riusciamo riprenderci nemmeno ora che il femminismo è
divenuto stato, mainstream, pensiero dominante volto alla svalutazione del
maschio, alla menzogna e alla manipolazione mediatica della verità e dei
sentimenti.
È
tempo di passare dalla filosofia della critica sociale a quella del
cambiamento.