Quando il PNRR diventa lo specchietto per le allodole per occultare i ritardi strutturali e l’approccio culturale del capitalismo italiano pubblico e privato ;
Un vecchio proverbio dice che le parole sono portate via dal vento, i proclami in materia di aumento dei fondi destinati alla formazione stridono con i dati forniti da Assorup, l’associazione dei Rup; sono riportate cifre secondo le quali la cifra spesa dal 78% della Pubblica amministrazione è inferiore a 5000 euro.
Abbiamo letto della formazione come volano della crescita economica e del rilancio dei servizi pubblici, un tempo alcuni contratti prevedevano esplicitamente una cifra percentuale minima per questo capitolo di spesa; nel corso degli anni, ai vari rinnovi contrattuali, ogni riferimento al capitolo formativo è andato invece perduto.
Ora possiamo anche dubitare dei dati forniti e scaturiti da una ricerca parziale ma resta il fatto che non sia lecito comprendere quanto spenda complessivamente la PA, comparto per comparto, in materia di formazione in rapporto ad esempio alla spesa complessiva di personale, quanti siano i dipendenti destinati a questi aggiornamenti e quali i profili professionali di appartenenza.
E’
indubbio che dovrebbe essere proprio l’Aran a documentare la spesa e i
sindacati a imporre, al momento della stesura dei ccnl, norme ben precise con
l’obbligo di spesa per la formazione in deroga ai tetti previsti.
Così
operando ci sarebbe un reale investimento in formazione e non solo
dichiarazioni di intenti non seguite da scelte amministrative conseguenti.
Molti
Enti pubblici investono poco e male in formazione, lo fanno a favore dei
livelli apicali o si limitano a corsi gratuiti senza prima garantire al proprio
personale un monte ore sufficiente all’aggiornamento.
Tanta disattenzione è spiegabile anche in virtù dei carichi di lavoro esistenti e tali da rendere la formazione una sorta di lusso, ma esistono anche altre spiegazioni come la tendenza a scegliere solo le figure apicali che a loro volta dovrebbero trasmettere competenze e conoscenze ma solo raramente lo fanno.
Da
tempo nella Pa vanno per la maggiore le iniziative formative a titolo non
oneroso, ci si limita tuttavia a garantire la partecipazione di pochi
dipendenti a webinar organizzati da vari enti pubblici e privati dedicati
ai contratti pubblici nonostante il nuovo codice appalti avrebbe dovuto
spingere proprio gli Enti ad organizzare e facilitare percorsi di
aggiornamento.
E’
pur vero che i ritardi accumulati derivano da anni di mancati investimenti e
solo con l’arrivo del Pnrr numerosi Enti hanno promosso e favorito la
partecipazione ai seminari con una sostanziale inversione di tendenza rispetto
al passato, ma resta ineludibile il fatto che la formazione e l’aggiornamento
non valgano erga omnes tanto che alcuni obblighi previsti dal codice degli
appalti restano in buona parte disattesi.
L’articolo 45 del Dlgs 36 destina per altro lo 0,4% della spesa per gli appalti a percorsi formativi per aumentare competenze digitali come richiesto dal Pnrr, eppure il 78% delle stazioni appaltanti ha speso un importo pari o inferiore a 5mila euro in servizi di formazione stando al rapporto sopra menzionato e tra i fanalini di coda troviamo gli istituti scolastici.
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