Sgravi
fiscali, aiuti alle imprese, riscrittura del Pnrr e una economia stagnante.
Come uscirà l’Italia dalla palude dell’austerità?
Negli ultimi giorni abbiamo
assistito a veri e propri giochi di prestigio in ambito governativo attorno ai
fondi destinati alla aree terremotate. Da una parte la Lega e FdI che volevano
limitare le spese concentrando gli aiuti fiscali alle imprese sotto forma di
sgravi fiscali per nuove assunzioni, dall’altra invece la preoccupazione degli
amministratori locali di centro destra specie nelle aree colpite dal terremoto
per non parlare poi dei Comuni che hanno già anticipato fondi per opere e
attendono da mesi i finanziamenti statali.
Alla fine le aree
interessate dalla ricostruzione dopo il terremoto avranno il 110% con sconto in
fattura e cessione del credito “ ma fino a quando la spesa per il bilancio
pubblico toccherà i 400 milioni di euro”. Parliamo di oltre 130 comuni tra Marche, Abruzzo, Lazio e Umbria ai quali
destinare 330 milioni, altri 70 andranno invece ai Comuni abruzzesi che
attendono per altro i fondi dal 2009.
A prevalere sono state le
ragioni elettorali, per non deludere l’elettorato dell’Abruzzo dopo il voto a
favore del centro destra e quelli del centro Italia nei quali si voterà nel
2025.
Siamo in attesa del Def che
dovrà tenere conto degli ammonimenti della Ragioneria Generale dello Stato. Per
attingere dai fondi Pnrr l’Italia deve contenere il disavanzo oscillante, nel
2023, tra il 7,6 e il 7,8% del Pil, ben
oltre le previsioni recepite dalla Manovra di Bilancio di fine anno.
Ancora una volta bisogna
fare il conto con i dettami europei che regolano il rapporto tra debito statale
e Pil. Pil la cui crescita è veramente bassa se confrontata con altri paesi
europei che pur si dibattono in una crisi economica derivante dai rincari
generalizzati prodotti dalla guerra in Ucraina.
Il Governo Meloni gioca
ogni carta per non perdere di credibilità al cospetto della Ue e siamo certi
che nei prossimi mesi venderanno i classici gioielli di famiglia con nuove
campagne di privatizzazione che poi faranno la fortuna delle stesse imprese
beneficiare dei bonus fiscali.
Per l’anno 2025 devono ancora essere reperiti i 14
miliardi a copertura dei tagli a Irpef e cuneo fiscale.
Le domande sorgono quindi
spontanee , proviamo allora a formularne alcune:
- i tagli al cuneo fiscale alle imprese hanno alimentato una occupazione stabile? Ad oggi i risultati ottenuti sono alquanto deludenti, gli sgravi fiscali sono scambiati con dei contratti troppo spesso a tempo determinato.
- la riscrittura del Pnrr sancisce il de-finanziamento di molti interventi destinati ai territori che in teoria dovrebbero essere finanziati con il Bilancio statale. Molti degli interventi prima finanziati dal Pnrr sono ad oggi senza copertura perché lo Stato non potrà accrescere il debito
- la crescita dell’economia è inferiore alle attese? Ovviamente si, e le politiche improntate agli sgravi fiscali alla fine si ripercuotono sulle entrate dello Stato.
- Quali saranno gli interventi necessari per far ripartire l’economia italiana? Le risposte per la Ue sono quelle di puntare tutto su economia green, investimenti tecnologici per accrescere la produttività, robotizzazione degli impianti industriali e ampio ricorso a tecnologie di ultima generazione sotto il ferreo controllo comunitario. La solita furbizia italica per anni ha giocato le proprie carte sull’austerità salariale e sul contenimento della dinamica contrattuale ma all’orizzonte ci sono milioni di lavoratori e lavoratrici in attesa dei rinnovi di numerosi CCNL e alcune grandi aziende hanno già annunciato esuberi che dovranno essere sostenuti con gli ammortizzatori sociali. Non basterà scambiare aumenti con benefit e welfare aziendale, il potere di acquisto di salari e pensioni è stato eroso negli ultimi 40 anni a tal punto da costituire un problema sociale non risolvibile con i soliti accordi concertativi.
- Nei prossimi mesi i nodi arriveranno al pettine.