La situazione ad Haiti. Documenti dal fronte interno

LA SITUAZIONE AD HAITI, DOCUMENTI DAL FRONTE INTERNO - CALABRIAPOST

Premetto che questo lavoro è un insieme di documentazioni provenienti da movimenti e realtà haitiane sul campo o di sostegno al popolo haitiano da anni, e non interpretazioni o analisi estemporanee da qui. Soprattutto, molto al di fuori da letture uniformi o lineari, dato il complesso e intricatissimo quadro che la storia haitiana passata e attuale raffigura. 

E’ una resistenza, un processo rivoluzionario o un ennesimo scontro sanguinoso tra attori disgiunti tra loro, ma con interessi momentanei coincidenti? Questa, che sembra una domanda banale è in realtà la riflessione centrale, per ora senza risposta, che si pongono militanti, attivisti, politici e studiosi haitiani nel paese o fuori. Sicuramente, come sempre, saranno gli sviluppi sul campo a dare una risposta. Per ora mettiamo sotto i riflettori questi materiali, documentazioni, denunce, appelli che ci arrivano dai protagonisti e testimoni diretti.

 

A causa della situazione caotica che il Paese ha vissuto negli ultimi tempi, la lotta del popolo haitiano per un domani migliore, sta vivendo in queste settimane un passaggio cruciale, considerando una indubbia mobilitazione popolare, insieme a violenze dispiegate, ma non solo casuali o spontanee, che sembrano suscitare nelle masse diseredate speranze di cambiamenti radicali e ricerca straziante di futuro, mentre gettano indubbiamente nel panico i colonizzatori e gestori di Washington e Parigi, di Haiti.

In seguito a manifestazioni popolari di protesta e rabbia, verificatesi negli ultimi mesi la risposta del governo è stata una repressione brutale e criminale sulla popolazione e molti civili sono stati feriti o assassinati dalla polizia.

In particolare la repressione che si è abbattuta sui manifestanti durante la giornata di protesta del 7 febbraio, ha svelato definitivamente il carattere reazionario e duro a morire di questo regime fuorilegge imposto dagli Stati Uniti. Nel tentativo del regime di proteggersi da ogni possibilità di cambiamento popolare rivoluzionario, ha scatenato terrore e violenze indiscriminate nelle piazze e nei quartieri, ecco perché mentre la popolazione civile è stata costretta ad arretrare, tutta la rete, certamente legata al crimine, ma non tutte le bande, hanno reagito e occupato il vuoto di potere sul campo. Questa risposta, controversa e da valutare in profondità, non con categorie precostituite o usuali, ma tenendo conto della realtà devastata socialmente del paese, ha trovato il riconoscimento istintivo e l’appoggio degli umiliati e dei diseredati, di contadini, lavoratori e soprattutto di un gran numero di giovani.

Questa mobilitazione e dimostrazione di forza militare ha suscitato una potente eco tra le masse diseredate haitiane, può piacere o meno, ma è un dato di fatto oggettivo e concreto, come si può leggere nelle documentazioni qui esposte come informazione. È un’esperienza sociale e politica fuori dagli schemi e nuova, una prova formidabile nel quale le masse immiserite e schiacciate di Haiti si sono identificate senza alcun segno di ritegno o esame. Dimostra la volontà di un popolo da troppi decenni soggiogato e sfruttato in modo disumano e criminale, che chiede cambiamento e la costruzione di una vita dignitosa, in qualsiasi modo. Certo, forse è solo la ricerca di una speranza, anche intrisa di contraddizioni e rischi, che potrebbe nuovamente scemare, ma per essi è necessità, bisogno per sopravvivere. Un popolo, vittima sacrificale, distrutto da decenni di precarietà, disoccupazione, di vita in abitazioni insalubri, se non capanne, servizi pubblici quasi inesistenti, carestie e disastri naturali, sfruttamento smisurato, insicurezza, miseria e sfollamenti forzati, tutte conseguenze dei governi di questi decenni assoggettati al dominio statunitense. Questo è Haiti oggi.

Purtroppo, quasi tutte le componenti politiche, sia interne che internazionali, faticano o non intendono affrontare la situazione creatasi, anche perché, oggettivamente è piena di rischi e nebulosa sul terreno. Ma come qui documento, non tutti si sono astenuti o negati a dare solidarietà al popolo haitiano.

Un dato è certo, nessuno crede più che le soluzioni verranno dalla classe politica tradizionale locale, che già si prepara a riprendere il controllo con la proposta di una transizione, per ricominciare a dialogare e condividere con l’imperialismo e i suoi discepoli. In particolare i vari Ariel Henry, André Michel, Edmonde Supplice Beauzile, politici asserviti allo straniero che vorrebbero intavolare trattative per un compromesso e una nuova spartizione del paese.

Cercare di comprendere le complessità di Haiti e la sua lotta per un vero cambiamento è molto difficile e composito. Ma il punto fondamentale da comprendere e da cui partire per affrontare la situazione creatasi, è questo: da quando gli Stati Uniti hanno rovesciato il presidente Jean Bertrand Aristide, legittimamente eletto, esattamente nel febbraio di 20 anni fa, Haiti ha vissuto incessanti interferenze elettorali, sfruttamento, invasione e occupazione da parte o per conto del governo degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Il risultato è stato un ingresso incontrollato di armi nordamericane, la proliferazione di paramilitari, il dilagare di bande criminali, disperazione economica, malattie e la costruzione di carceri finanziate dagli Stati Uniti. Haiti è un paese che sta crollando sotto la guida di un governo scelto dagli Stati Uniti e non scelto dal popolo. In queste settimane il paese è praticamente occupato: dall’aeroporto di Port-Au-Prince, ai porti, alle varie istituzioni, banche, depositi di carburante, carceri e con il presidente Ariel Henry, di fatto in esilio fuori dal paese. I manifestanti chiedono le dimissioni di Henry, la cacciata dal paese di tutti i politici e amministratori legati agli USA e corrotti. Tra settembre 2021 e 2022, si stima che nelle carceri haitiane siano morti di fame tra 80 e 100 detenuti. Nel Penitenziario Nazionale, i detenuti non hanno condizioni vitali e umane minime, l’83% dei prigionieri haitiani sono detenuti in custodia cautelare che non hanno nemmeno visto un giudice, alcuni aspettano da anni senza che vengano formalmente mosse accuse contro di loro. I media asserviti e i portavoce del governo americano cercano di liquidare ciò che sta accadendo in queste settimane come una crisi causata da “gang violente”, problema reale ma che è solo un aspetto del problema. E’ una grave semplificazione che serve solo gli interessi di coloro che desiderano sfruttare e controllare Haiti per i propri fini. Ridurre la crisi a un nebuloso conflitto con “gang armate” è un tentativo razzista di utilizzare un linguaggio in codice per stereotipare gli haitiani. Haiti è il prodotto del caos generato dall’occupazione straniera e dai gruppi criminali e paramilitari sponsorizzati dall’oligarchia haitiana e dai leader economici e politici mantenuti al potere con l’aiuto degli USA. Più volte ci sono stati casi in cui i conflitti armati venivano risolti attraverso negoziati locali o territoriali, ma subito dopo la pace veniva rotta da una di queste bande legate a interessi stranieri o di potentati locali corrotti.

Ma l’altro aspetto della storia è che è in corso una massiccia resistenza e mobilitazione popolare. Ad Haiti è in corso una rivolta per cambiare lo stato putrido delle cose e la fine del controllo straniero. Le richieste che il presidente Henry si dimetta, che agli haitiani sia permesso di tenere elezioni sotto il controllo popolare e che le invasioni e le occupazioni sponsorizzate dagli Stati Uniti debbano finire non sono richieste di “gang”, ma del popolo. L’attuale presidente di Haiti, Ariel Henry, è stato scelto nel 2021 dal gruppo CORE, composto da ambasciatori di Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Spagna, Unione Europea e Brasile, insieme a rappresentanti dell’Organizzazione degli Stati Americani e delle Nazioni Unite. Era stato scelto per guidare il paese dopo l’assassinio del presidente Jovenal Moise. Henry è implicato nella pianificazione dell’assassinio, in uno scontro di poteri, per questo si è sempre rifiutato di collaborare alle indagini e non bisogna dimenticare che Henry partecipò anche al colpo di stato contro il presidente Aristide, venti anni fa. Gli Stati Uniti hanno finora sostenuto il governo Henry, ma si rendono conto che la loro strategia è fallita e che il governo Henry probabilmente cadrà con o senza il sostegno degli Stati Uniti. Il Dipartimento di Stato statunitense ha ora invitato Henry a dimettersi e ad avviare la transizione verso un nuovo governo. L’onestà dell’appello è dubbia e sembra essere piuttosto un tentativo da parte degli USA, di riprendere il controllo e facilitare la formazione di un nuovo governo che continuerà a fungere da rappresentante del dominio statunitense. Nello stesso momento in cui chiede le dimissioni di Henry, la Casa Bianca preme affinché venga schierata una forza d’invasione multinazionale guidata dal Kenya. Quella forza sarà lì per continuare a garantire l’egemonia statunitense, non per garantire una transizione verso elezioni giuste. Sono state discusse anche le eventualità di schierare un’unità d’élite di Marines americani. Tuttavia, i piani statunitensi mostrano molteplici crepe. L’amministrazione Biden ha promesso fino a 200 milioni di dollari per sostenere la forza multinazionale, ma i finanziamenti sono stati bloccati dai Repubblicani che mettono in dubbio i costi. Le stime dicono che il prezzo potrebbe salire fino a 500 o seicento milioni di dollari. L’opposizione Repubblicana, che non mette in discussione il ruolo assoggettatore USA, sostiene inoltre che non c’è  abbastanza tempo per formare e addestrare sufficientemente una forza d’invasione. Ancora una volta la proposta non è trovare soluzioni negoziali o conciliatorie ma è la metodologia di invasione e interferenza. In effetti, fu l’International Republican Institute (IRI), uno dei quattro istituti principali del National Endowment for Democracy, a coordinare essenzialmente il rovesciamento di Aristide nel 2004. L’IRI e la CIA addestrarono Guy Philippe a guidare il colpo di stato. Dopo il colpo di stato e le sue conseguenze, Phillipe andò negli Stati Uniti. Successivamente venne arrestato con l’accusa di riciclaggio di denaro legato ai narcotrafficanti colombiani. Philippe è stato rilasciato lo scorso novembre dopo sei anni di detenzione e poi rientrato ad Haiti, annunciando la sua intenzione di candidarsi alla presidenza. Anche da parte Democratica c’è stata una certa resistenza alle politiche di Biden. Alcuni rappresentanti alla Camera hanno rilasciato una dichiarazione nel dicembre 2023 invitando il presidente Biden a cambiare rotta, scrivendo che: “…Un altro intervento straniero armato ad Haiti non si tradurrà nella necessaria transizione guidata verso un governo democratico, piuttosto rischia di destabilizzare ulteriormente il paese, mettendo in pericolo più persone innocenti e rafforzando l’attuale regime illegittimo”.

Alla domanda se c’è qualche soluzione praticabile, i vari esponenti politici, militanti haitiani, ribadiscono la necessità primaria e fondamentale di espellere dal paese Stati Uniti, Francia, Canada e i loro alleati, solo questo passaggio difficile e impervio potrà aprire scenari nuovi per il popolo haitiano. Dietro i titoli sensazionalistici e inquietanti dei media occidentali, pervasi di un sottile razzismo, per cui Haiti è ingovernabile e il popolo haitiano non può governarsi da solo,  si prepara il terreno per giustificare e legittimare una coalizione militare straniera che intervenga per “ stabilizzare e salvare” dal caos il paese. E’ invece un attacco alla sovranità e all’indipendenza di Haiti e del suo popolo.

 

Queste le posizioni e documentazioni dalla parte delle forze di resistenza popolari haitiane e quelle solidali con esse

 

Fanmi Lavalas, il partito dell’ex presidente Aristide, l’unico presidente eletto dal popolo nella storia di Haiti, ha risposto all’aggravarsi della situazione e della crisi umanitaria e politica ad Haiti denunciando i molteplici interventi e attacchi degli Stati Uniti alla sovranità haitiana, come causa principale di queste crisi, che stanno causando sempre più vittime di, sofferenze e migrazioni forzate dal paese più povero dell’emisfero occidentale. Invita gli haitiani a manifestare e sostenere le parole d’ordine come “Truppe statunitensi/keniote, Ariel Henry/Gangster: fuori da Haiti!”, “Il governo haitiano non eletto è il capo gangster! Autodeterminazione per il popolo haitiano e “Fermare i massacri e i rapimenti”, che sono diventati crimini quotidiani contro le masse di Haiti.

Maryse Narcisse la presidente di FL ha dichiarato: “ Ogni giorno, la polizia haitiana, sotto il comando di Henry, armata e addestrata dall’esercito statunitense, lancia gas, picchia e uccide lavoratori disarmati che partecipano alle grandi proteste contro le condizioni di povertà e il governo. Qualsiasi caos sociale interno, che attanaglia i quartieri haitiani è stato creato dall’intervento degli Stati Uniti…”.

Il portavoce di Fanmi Lavalas, Jodson Dirgène, da parte sua ha dichiarato in un’altra intervista al programma ”Panel Magik”: “…Non possiamo chiedere al primo ministro Ariel Henry di dimettersi, non gli abbiamo mai dato un mandato…”.

 

Fòrs Revolisyonè G9 an Fanmi e Alye (Forze Rivoluzionarie della Famiglia G9 e alleati)

 

L’Alleanza G9 Famiglia e Alleati (G9 Fanmi e Alye) è una federazione di nove bande armate. Fondata nel giugno 2020 dall’ex agente di polizia diventato capobanda Jimmy Chérizier, detto “Barbecue”, questa coalizione controlla gran parte delle azioni armate organizzate dentro la rivolta.

 

L’ex agente di polizia Jimmy Chérizier, è una figura molto controversa e non lineare, sicuramente poco classificabile per ora, in questi mesi è divenuto il punto di riferimento militare ma anche politico all’interno di Haiti. Con un passato rasente e congiunto alla criminalità più dura, è poi diventato famoso per aver fondato G9 and Family (G9 an fanmi – G9), una federazione di nove potenti bande territoriali, radicate soprattutto nella capitale haitiana di Port-au-Prince, ma con ramificazioni anche in altre città dell’isola. Dallo scorso anno G9 si presenta come un’organizzazione politica rivoluzionaria e ha creato una rete di alleanze a livello nazionale denominata “G20”.

Da molti indicato come un efferato criminale, addirittura sanzionato dagli Stati Uniti, negli ultimi anni si è voluto proporre come leader politico rivoluzionario. Da tutti, in questo momento è considerato l’uomo più potente del Paese. Cherizier  aveva costruito un forte legame con una delle forze politiche più potenti di Haiti, il partito haitiano Tèt Kale (Parti Haïtien Tèt Kale – PHTK) dell’ex presidente Jovenel Moise, poi dopo il suo assassinio allontanandosene, così come con pezzi della polizia, in particolare con le Forze di sicurezza, arrivando ora ha imporre le dimissioni del presidente Henry e sfidando apertamente lo Stato haitiano.

In una intervista con la TV statunitense ABC News, Cherizier,  ha promesso che la sua Alleanza avrebbe concesso una tregua, se Henry si fosse dimesso, i suoi combattenti avrebbero “fermato automaticamente gli attacchi alle stazioni di polizia…ma la guerra contro lo Stato continuerà fino a che tutte le élite politiche corrotte non saranno eliminate…Il primo passo è rovesciare Ariel Henry e poi inizieremo la vera lotta contro il sistema attuale, il sistema di oligarchi corrotti e politici tradizionali corrotti…Non solo stiamo combattendo contro Ariel Henry, ma stiamo anche combattendo contro chiunque abbia qualche complicità…Il mio messaggio per la comunità internazionale, in particolare per gli Stati Uniti che hanno un rapporto di lunga data con il popolo haitiano, è che dico loro che non possono più continuare a trattare il popolo haitiano come hanno fatto finora… Non siamo in una rivoluzione pacifica. Stiamo facendo una rivoluzione sanguinosa nel paese perché questo sistema è un sistema di apartheid, un sistema malvagio…”.

Cherizier ha anche accennato alle ambizioni presidenziali, dicendo ad ABC News: “Non sono io a decidere se voglio essere presidente o no. Sarà il popolo haitiano a decidere chi dovrà essere il suo presidente, chi dovrà guidare il Paese. Personalmente mi considero un servitore del PaeseAbbiamo deciso di prendere in mano le sorti del Paese. Ciò significa liberare il paese dal 5% delle persone che controllano l’85% della ricchezza del paese…”.

Brian Concannon, direttore esecutivo dell’Istituto per la giustizia e la democrazia di Haiti (IJDH), un istituto statunitense ha dichiarato che: “… il più grande attore criminale di Haiti ha ora un potere significativo nel sistema politico formale. Con il sostegno degli elettori nelle zone della città sotto il suo controllo , in futuro potrebbe addirittura candidarsi per un seggio in parlamento, con grandi margini di vittoria…”.

 

La Black Alliance for Peace ( Alleanza Nera per la Pace , BAP), sezione Haiti

 

 “…La posizione dell’Alleanza Nera per la Pace è coerente e chiara. Noi sosteniamo gli sforzi del popolo haitiano per affermare la propria sovranità e rivendicare la propria indipendenza. Denunciamo l’attuale attacco imperialista contro Haiti e chiediamo che venga estirpata la presenza dei governanti coloniali stranieri di Haiti…il fallimento della governance nel paese, non è qualcosa di interno ad Haiti, ma è il risultato dello sforzo concertato da parte dell’Occidente per sventrare lo Stato haitiano e distruggere la democrazia popolare ad Haiti… Haiti è attualmente sotto occupazione da parte degli Stati Uniti/ONU e del Core Group, entità straniere che governano effettivamente questo paese. L’occupazione di Haiti è iniziata nel 2004 con il sostegno di Stati Uniti, Francia e Canada al colpo di stato contro il presidente democraticamente eletto di Haiti. Il colpo di stato è stato approvato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Che ha poi istituito una forza militare di occupazione (eufemisticamente chiamata missione di “peacekeeping”), con l’acronimo MINUSTAH. Sebbene la missione MINUSTAH sia ufficialmente terminata nel 2017, l’ufficio ad Haiti è stato ricostituito come BIHUH. BINUH,e  continua ad avere un ruolo importante negli affari haitiani….Negli ultimi quattro anni le masse haitiane si sono mobilitate e hanno protestato contro un governo illegale, l’ingerenza imperialista e all’insicurezza da parte di gruppi armati finanziati dalle élite. Tuttavia, queste proteste sono state represse dal burattino installato dagli Stati Uniti. Dal 2021, i tentativi di controllare Haiti da parte degli Stati Uniti si sono intensificati. In quell’anno, il presidente di Haiti, Jovenel Moïse, fu assassinato e Ariel Henry fu insediato dagli Stati Uniti e dal gruppo ristretto delle Nazioni Unite come primo ministro de facto. Sulla scia del l’assassinio di Moïse e l’insediamento di Henry, gli Stati Uniti hanno cercato di costruire una coalizione di stati stranieri disposti a inviare forze militari per occupare Haiti e affrontare il presunto problema delle “gang” di Haiti….I gruppi armati (le cosiddette “gang”), principalmente nella capitale Haiti dovrebbero essere intese come forze “paramilitari”, poiché sono costituite da ex (o attuali) elementi militari e di polizia haitiani. Molte di queste forze paramilitari sono note per agire per alcune delle élite di Haiti…Quando noi parliamo di “bande”, dobbiamo conoscere che le bande reali e più potenti del mondo sono gli Stati Uniti, il Core Group e l’ufficio illegale delle Nazioni Unite ad Haiti, in quanto sono questi che hanno contribuito a creare l’attuale crisi… Gli attacchi alla sovranità dei neri ad Haiti sono uguali agli attacchi ai neri in tutte le Americhe. Oggi Haiti è importante e vitale per la geopolitica e l’economia degli Stati Uniti. Haiti si trova in una posizione chiave nei Caraibi per la strategia militare e di sicurezza degli Stati Uniti nella regione, soprattutto alla luce dell’imminente confronto tra Stati Uniti e Cina, contesto dell’attuazione strategica del Global Fragilities Act…I BAP, come molte organizzazioni haitiane e di altro tipo, hanno argomentato con coerenza contro un rinnovato intervento militare straniero. Abbiamo chiesto con insistenza la fine dell’occupazione straniera di Haiti. Questo comprende lo scioglimento del Core Group, dell’ufficio delle Nazioni Unite ad Haiti (BINHU), e la fine della costante ingerenza degli Stati Uniti, insieme ai suoi partner minori, CARICOM e il Brasile. Abbiamo denunciato i governi della Comunità Latinoamericana e Stati dei Caraibi (CELAC) (ad eccezione di Venezuela e Cuba), che sostengono i piani statunitensi per l’intervento armato ad Haiti e la negazione della sovranità haitiana. Abbiamo denunciato i leader della CARICOM…Le soluzioni di Haiti dovrebbero arrivare dal popolo haitiano attraverso un ampio consenso…Abbiamo anche criticato il ruolo del presidente brasiliano Luiz Inácio “Lula” da Silva, non solo per aver continuato il ruolo del Brasile nel Core Group, ma anche per guidarlo insieme al governo criminale degli Stati Uniti. In solidarietà con i movimenti haitiani, abbiamo denunciato l’approvazione delle Nazioni Unite, all’invasione armata straniera e l’occupazione di Haiti, finanziata dagli Stati Uniti e guidata dal Kenya. Noi siamo fermamente convinti che un intervento straniero armato ad Haiti guidato dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite, non sia solo illegittimo, ma illegale. Sosteniamo il popolo haitiano e le organizzazioni della società civile che sono stati coerenti nella loro opposizione ai militari armati stranieri…Continueremo a sostenere i nostri compagni mentre lottano per un mondo libero e sovrano Con Haiti. Viva Haiti!”.

 

La Via Campesina Haiti

Questo comunicato stampa è stato preparato dalle organizzazioni membri di La Via Campesina ad Haiti, tra cui Mouvman Peyizan Nasyonal Kongre Papay (MPNKP), Mouvman Peyizan Papay (MPP), e Tet Kole Ti Peyizan Ayisyen (TK), in collaborazione con il coordinamento regionale delle organizzazioni del sud-est (KROS). Queste organizzazioni formano collettivamente la piattaforma “4 Je Kontre” ad Haiti.

Haiti: appello per la resistenza e la solidarietà con il popolo haitiano per un governo di transizione         16 febbraio 2024

Haiti, 6 febbraio 2024

La piattaforma “4 Je Kontre”, che comprende il Movimento Nazionale Contadino del Congresso Papaye (MPNKP), Tet Kole Tile Peyizan Ayisyen (TK), il Movimento Contadino di Papaye (MPP) e il Coordinamento Regionale delle Organizzazioni del Sud-Est (KROS), coglie questa opportunità per elogiare la resilienza e la determinazione del popolo haitiano contro il regime autoritario del PHTK. Questo regime è guidato dal primo ministro de facto Ariel Henry, da altri membri del governo senza scrupoli, e dai loro alleati nazionali e internazionali. Un’analisi completa della terribile situazione di Haiti rivela che gli atti criminali di bande armate e criminali senza scrupoli persistono, ostacolando la mobilitazione a livello nazionale contro il regime. L’aumento dell’insicurezza è stato documentato nelle aree in cui la popolazione è sottoposta a rapimenti, massacri, incendi di proprietà e stupri di donne e ragazze, tra le altre atrocità.

La popolazione è alle prese con un periodo economicamente difficile, caratterizzato da un costo della vita in ascesa. I beni essenziali continuano ad aumentare di prezzo, mentre il governo de facto di Ariel Henry assegna fondi significativi per finanziare bande e mercenari all’interno della Polizia Nazionale per mantenere la sua presa sul potere. La comunità internazionale, rappresentata dal BINUH, dal Core Group e dalle Nazioni Unite, persiste nel sostenere il governo de facto, adottando tattiche di ritardo per mantenere Ariel al potere, nonostante il diffuso malcontento pubblico e l’insoddisfazione per le istituzioni politiche. Ariel e le sue coorti hanno dichiarato la loro intenzione di rinunciare al potere dopo aver tenuto le elezioni, nonostante vari settori della vita nazionale propongano una soluzione haitiana alla crisi di Haiti. Sfortunatamente, nessun progresso è stato fatto mentre Ariel Henry ostacola tutte le iniziative volte a spostare il suo governo.

Per oltre due anni, Ariel Henry ha sostenuto le elezioni con la premessa che PHTK potrebbe rinnovarsi, condizionando negativamente la popolazione attraverso l’aumento delle tasse, l’aumento dei prezzi del carburante e la dispersione di fondi pubblici a programmi di assistenza sociale inefficaci. Dichiariamo enfaticamente che questa situazione è insostenibile, e dobbiamo sforzarci con veemenza a rovesciare il sistema e tutte le forze di supporto a spese del popolo.

In questo contesto, tutte le organizzazioni membri di “4 Je Kontre” approvano la proposta del Montana, sostenendo una rottura completa e l’istituzione di un governo di transizione a doppia testa, che dovrebbe durare tra i 18 e i 24 mesi. Questo governo mira a spianare la strada istituendo un consiglio elettorale imparziale, libero dall’influenza degli Stati Uniti e da qualsiasi interferenza della comunione internazionale. Inoltre, il governo di transizione dovrà garantire la sicurezza n tutto il territorio nazionale, consentendo la libera circolazione della popolazione.

“4 Je Kontre” continuerà fermamente a sostenere tutte le azioni e le richieste positive di altri settori progressisti volti a rovesciare il governo de facto e i suoi alleati.

 

Lunga vita alla sovranità di Haiti!

Lunga vita alla battaglia del popolo per una soluzione haitiana per Haiti!

Lunga vita alla solidarietà tra tutte le organizzazioni progressiste in lotta per la giustizia sociale!”.

Coalizione Viv Ansanm / Living Together”. Movement – Vivere Insieme

“’Viv Ansanm non riconoscerà nessun governo risultante dalle proposte della Comunità e del Mercato Comune del Caribe (CARICOM)…E’ compito e responsabilità del popolo haitiano eleggere i propri leader che governino il paese…”.

La più grande prigione civile della Repubblica di Haiti è stata occupata da bande armate appartenenti del “Viv AnsannLiving Together”. Movement”, una coalizione di diversi gruppi armati nella capitale Port-au-Prince. Guidati da droni che li informavano della posizione della polizia, gli insorgenti hanno appiccato il fuoco nei dintorni del carcere e poi si sono diretti alla prigione. È diventato virale sui social un video ripreso da un drone con l’immagine del carcere conquistato.

 

HAITI Libertè

 

L8° vertice CELAC, tenutosi a Kingstown, Saint Vincent e Grenadine, 1 marzo 2024

La CELAC dovrebbe rivedere la sua posizione su Haiti

Secondo HaitiLibertè, la Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC), ha pronunciato una grave decisione: “…è stato scioccante trovare nel documento finale del Summit Celac, il sostegno al piano di Washington di condurre una guerra contro il popolo haitiano per mantenere di fatto al potere il primo ministro Ariel Henry. La “Dichiarazione di Kingstown”, all’articolo 73, afferma: Chiediamo la rapida ed efficace attuazione della risoluzione 2699 (2023) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, inclusa la creazione delle condizioni di sicurezza necessarie ad Haiti come mezzo per mantenere la libertà ed elezioni eque ad Haiti e gettando le basi per uno sviluppo economico e sociale sostenibile a lungo termine nel paese, rafforzando la sicurezza e affrontando le cause strutturali alla base dell’attuale violenza e vulnerabilità…Questa aberrazione del vertice CELAC, potrebbe essere la conseguenza della posizione del Brasile sullo schieramento di una forza militare nell’isola…Nella sua dichiarazione al vertice, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha affermato: ’Ad Haiti dobbiamo agire rapidamente per alleviare la sofferenza di una popolazione dilaniata dal caos sociale. Il Brasile afferma da anni che il problema di Haiti non è solo un problema di sicurezza, ma soprattutto un problema di sviluppo…’ Inoltre, va ricordato che Lula è stato purtroppo responsabile della guida brasiliana della Missione delle Nazioni Unite per stabilizzare Haiti (MINUSTAH) dal 2004 al 2017, un’occupazione militare straniera responsabile violenze, morti, inquinamento e di un’epidemia di colera ad Haiti… Fortunatamente, al vertice della CELAC, il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha annunciato chiaramente l’opposizione del suo paese all’intervento straniero ad Haiti, proprio come Hugo Chavez si era opposto alla MINUSTAH. ‘Non siamo d’accordo con nessun tipo di invasione nascosta, portando truppe da qui o da là. Questa non è la soluzione per Haiti…’. La CELAC dovrebbe rivedere immediatamente la “Dichiarazione di Kingstown” e rimuovere l’Articolo 73, che non fa altro che alimentare il piano di Washington di creare una forza per procura dalla faccia nera per occupare militarmente Haiti ancora una volta, per la terza volta in tre decenni. Il popolo haitiano respinge universalmente gli sforzi evidenti di Washington per salvare il suo burattino Ariel Henry, ora in esilio…”.

Anche Cuba, mantenendo prominente la sua statura politica e morale, con l’intervento del suo presidente Miguel Díaz-Canel Bermúdez, si è dissociato dalla posizione Celac su Haiti: “…Abbiamo tutti l’obbligo morale di offrire ad Haiti una cooperazione sostanziale e disinteressata, non solo per la ricostruzione di alcune aree, ma anche per promuovere in modo globale lo sviluppo sostenibile in tutto il Paese…Cuba parla qui con l’autorità morale che si è guadagnata per aver condiviso con quella nazione sorella, la più vicina geograficamente, grandi dolori e formidabili imprese nel corso dei secoli. Come si espresse nel 1998 il leader storico della Rivoluzione cubana, Fidel Castro Ruz, e cito: ‘Haiti non ha bisogno di truppe. Non ha bisogno di invasioni di truppe (…) Haiti ha bisogno di invasioni di medici. Haiti ha bisogno di invasioni di milioni di dollari per il suo sviluppo.

Ricordo che Russia e Cina si erano astenute per l’approvazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel voto del 2 ottobre 2023che autorizzava l’invio di militari nella Missione ad Haiti.

 

Partito Comunista del Kenya (CPK) 

 

“Combatteremo nelle strade di Nairobi per i nostri fratelli e sorelle di Haiti”

 

“…Se il governo del Kenya procederà a dispiegare la sua polizia nella nazione caraibica,  combatteremo nelle strade di Nairobi per i nostri fratelli e sorelle di Haiti”, ha dichiarato al Peoples Dispatch, Booker Ngesa Omole, segretario nazionale del Partito Comunista del Kenya (CPK ) .

“Qualsiasi decisione da parte di qualsiasi organo o funzionario statale di inviare agenti di polizia ad Haiti… contravviene alla costituzione e alla legge, ed è quindi incostituzionale, illegale e non valida”, aveva stabilito l’Alta Corte del Kenya, il 26 gennaio.

 

La sentenza ha rappresentato una battuta d’arresto al previsto intervento sponsorizzato dagli Stati Uniti ad Haiti, al quale il Kenya dovrà dare un volto africano schierando un migliaio di agenti di polizia per guidare la missione, il cui obiettivo sarebbe di ripristinare la sicurezza liberando Haiti dalla minaccia delle bande criminali.

Il Kenia dovrebbe inviare un dispiegamento principale di oltre un migliaio di poliziotti, che Booker ha descritto come una “forza estremamente poco professionale, spesso utilizzata dai leader politici locali per svolgere attività criminali, compresi omicidi politici. Ribadiamo che il più grande killer dei giovani in Kenya, non è la malaria ma la polizia. Ogni giorno continuiamo a registrare l’uccisione di numerosi giovani poveri da parte della polizia keniana negli insediamenti della periferia di Nairobi. Questo è il tipo di polizia che gli Stati Uniti hanno scelto per guidare il loro intervento ad Haiti…, ha affermato il leader comunista keniota.

“…Se la polizia keniota avesse voluto seriamente eliminare le bande criminali, lo avrebbe fatto prima qui in Kenya, la polizia ha invece collaborato con bande che sono in contatto con i leader politici. C’è solo una linea sottile tra la polizia keniota e le bande criminali che continuano a terrorizzare i residenti, ad esempio, della provincia nord-orientale o dei quartieri poveri di Nairobi. Questa linea è ancora più sottile ad Haiti, dove molti gangster sono ex membri della polizia nazionale haitiana, che questa missione statunitense guidata dal Kenya, dovrebbe aiutare a ripristinare la legge e l’ordine. Una tale coalizione  finirà solo per commettere ancora più crimini ad Haiti, sommandosi alla violenza che quel popolo sta già subendo…Ricordiamo a quei poliziotti che andranno, che devono essere pronti a pagare con la vita, se si lasciano sfruttare per scopi imperialisti da leader politici corrotti…Se pensano che entreranno e spareranno a qualche gangster, sono ingenui: non conoscono la storia di resistenza di Haiti all’imperialismo”, ha dichiarato Booker.

La polizia antisommossa keniota pattuglia uno slum durante le proteste antigovernative

Fonti: Haitiliberte, Fanmi  Lavas, Living Together”. Movement, 4 Je Kontre, Radio Soleil

La aai campesina, BlackAllianceforPeace, Partito Comunista Kenia

 

A cura di Enrico Vigna, IniizativaMondoMultipolare/CIVG –  16 marzo 2024

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