È stato un fulmine a ciel sereno: Victoria Nuland si ritira. Oppure si è dimessa. Oppure è stata licenziata. Ufficiosamente vengono citate tutte e tre le varianti e ufficialmente da martedì sul sito del Dipartimento di Stato si legge che il sottosegretario agli affari politici lascerà il suo incarico questo mese.
“Victoria Nuland mi ha fatto sapere che intende dimettersi nelle prossime settimane dalla carica di sottosegretario agli affari politici”, ha annunciato martedì il segretario di Stato americano Antony Blinken, aggiungendo che la sua “leadership in Ucraina è qualcosa che diplomatici e studenti di politica estera studieranno negli anni a venire”.
Anche se intendeva dire esattamente il contrario, queste parole di Blinken sono in effetti una descrizione molto accurata del sottosegretario americano uscente. La sua “leadership in Ucraina” sarà infatti studiata da diplomatici e studenti, e così dovrebbero fare molti altri – compresi gli investigatori del Tribunale dell’Aia – al fine di evitare che una persona in futuro commetta tanti danni internazionali quanto la signora Nuland è riuscita a fare in Ucraina.
La “leadership ucraina” di Victoria Nuland dovrebbe essere studiata a fondo affinché non accada mai più che una potente potenza mondiale arrivi in un paese diviso e fragile, che è tenuto insieme solo da successivi cambiamenti elettorali di governi filo-russi e filo-occidentali, e che in un paese del genere sostiene un colpo di stato che non ha altro esito se non la guerra civile.
Questo è esattamente ciò che ha fatto la Nuland dieci anni fa, da allora assistiamo alle conseguenze armate della sua “leadership in Ucraina”. Nel momento in cui, alla fine del 2013 e all’inizio del 2014, fece sapere ai golpisti di Maidan che l’America era con loro, si oppose così alla maggioranza della popolazione ucraina, che nelle elezioni del 2010 (in un rapporto del 49% contro il 45,5%) aveva scelto un presidente filorusso, Viktor Yanukovich: il destino dell’Ucraina era segnato.
Questo è esattamente il più grande risultato della vita di Victoria Nuland, ciò per cui sarà ricordata: ha distrutto la possibilità che l’Ucraina sopravviva come equilibrio tra l’Est filo-russo e l’Ovest filo-europeo del paese.
Ci sono così tante prove materiali sulla sua ingerenza negli affari interni dell’Ucraina che gli investigatori non avrebbero un lavoro difficile. Chiunque abbia seguito la nascita della crisi ucraina nel 2014 – che ha portato all’attuale guerra – è ben consapevole del ruolo chiave di Victoria Nuland nello scoppio di quella crisi, dalla distribuzione di biscotti ai manifestanti sul Maidan al telefonico “fanculo l’UE”, conversazione con l’allora ambasciatore americano a Kiev Geoffrey Pyatt, in cui determinò chi sarebbe stato il nuovo primo ministro dell’Ucraina dopo il colpo di stato.
La Nuland appartiene a quei diplomatici americani che non soffrono di sottigliezza, quindi già il 13 dicembre 2013 – non appena i primi manifestanti anti-Yanukovich iniziarono a radunarsi sul Maidan – in una riunione al National Press Club di Washington, lei apertamente disse di essere favorevole a un cambio di governo in Ucraina (che è stato ufficialmente chiamato “lo sviluppo della democrazia ucraina”). L’America ha investito cinque miliardi di dollari. In seguito avrebbe ripetuto la stessa dichiarazione alla CNN.
In quei giorni di dicembre del 2013 era attiva anche sul campo. Non è stato difficile per lei andare a Kiev e distribuire torte e pasticcini davanti alle telecamere ai manifestanti armati sul Maidan: proprio quella scena rimarrà un’immagine iconica dell’ingerenza americana negli affari interni di altri paesi.
‘Unione europea? Fanculo l’Unione Europea!’
Victoria Nuland di quel “tempo Maidan” sarà ricordata anche per una frase che difficilmente appartiene al vocabolario diplomatico, ma i diplomatici del suo genere ovviamente possono permetterselo. Si tratta della menzionata conversazione telefonica con l’allora ambasciatore americano in Ucraina, trapelata su YouTube (si ritiene che sia stata intercettata dai servizi russi), e la trascrizione dell’intera conversazione è stata pubblicata il 7 aprile 2014 dal quotidiano della BBC britannica.
La conversazione ebbe luogo poche settimane prima del colpo di stato, e in essa la Nuland spiegò all’ambasciatore Pyatt chi avrebbe dovuto essere nominato primo ministro ucraino, chi avrebbe dovuto essere nominato sindaco di Kiev e chi avrebbe dovuto essere nominato ministro, cioè quale dei tre principali leader dell’opposizione a Maidan potrà e chi non potrà essere il nuovo primo ministro ucraino, dopo la caduta di Yanukovich.
I tre pretendenti al trono di Kiev erano il famoso pugile Vitaliy Klitschko, il liberale di destra Arseniy Yatsenyuk e l’esponente di estrema destra Oleg Tjahnibok, leader del partito neonazista Svoboda.
“Non credo che Klitschko dovrebbe entrare nel governo. Non penso che sia necessario, non penso che sia una buona idea,” dice Nuland nella registrazione.
“Il problema sarà Tjahnibok e i suoi ragazzi”, risponde l’ambasciatore Pyatt.
“Penso che Yatsenyuk sia un ragazzo che ha esperienza economica, esperienza nel management. Lui è… ciò di cui ha bisogno sono Klitschko e Tjahnibok dall’esterno,” Nuland ha concluso il cruciverba del personale, e all’osservazione di Pyatt secondo cui l’Unione europea potrebbe avere delle idee proprie per l’Ucraina, Nuland ha usato la frase che verrà scritta in annali diplomatici: “Fuck EU!”
Dio in cielo, Nuland in terra: come lei aveva detto, così è stato. Poche settimane più tardi, dopo il violento rovesciamento di Yanukovich, Yatsenyuk fu eletto nuovo primo ministro ucraino, Klitschko divenne sindaco di Kiev e Tjahnibok e i suoi neonazisti dovettero accontentarsi di quattro posizioni ministeriali nel primo governo golpista.
“Vittoria della democrazia”
Oltre al fatto che la conversazione trapelata è stata un duro colpo per l’Unione europea – perché ha mostrato la sua insignificanza agli occhi degli americani – non si poteva più nascondere che il governo americano stava tirando tutte le fila del Maidan, con la Nuland nominata “direttore generale” del colpo di stato. Non lo ha nascosto troppo, tranne dopo il riuscito rovesciamento di Yanukovich, quando ha affermato in dichiarazioni ai media occidentali che il colpo di stato “non è stato un colpo di stato, ma una vittoria per la democrazia.
Tre giorni dopo che la BBC ha pubblicato la trascrizione della conversazione di Nuland con l’ambasciatore Pyatt, il corrispondente diplomatico della BBC Jonathan Marcus ha affermato che la rivelazione è stata “molto imbarazzante, perché mostra che gli Stati Uniti sono chiaramente molto più profondamente coinvolti negli eventi ucraini”.
“Gli Stati Uniti affermano che stanno lavorando con tutte le parti coinvolte nella crisi per raggiungere una soluzione pacifica, sottolineando che “in ultima analisi, spetta al popolo ucraino decidere del proprio futuro”. Tuttavia, questa trascrizione suggerisce che gli Stati Uniti hanno idee molto chiare su quale dovrebbe essere il risultato e stanno lavorando per raggiungere tali obiettivi”, ha detto Marcus in quel momento.
Un anno dopo, il celebre giornalista investigativo americano Robert Parry (morto nel 2018) scriveva qualcosa di più preciso su questi obiettivi americani in un’analisi pubblicata sulla piattaforma Consortium News, con sede a Washington.
“In Ucraina, Nuland e i suoi amici neoconservatori hanno visto l’opportunità di usare le proteste violente per cacciare il presidente filo-russo Yanukovich e installare un nuovo regime ostile a Mosca”, ha affermato Parry nel luglio 2015.
“Architetti della guerra”
Tra gli “amici neoconservatori” di Victoria Nuland di cui Parry ha scritto ci sono persone a lei molto vicine, a cominciare dallo stesso marito Robert Kagan, uno dei principali “neoconservatori” americani e sostenitore dell’interventismo militare americano. Kagan è anche la mente dietro il Progetto per un Nuovo Secolo Americano (PNAC) del 1997, che gettò le basi ideologiche per le successive guerre statunitensi in Medio Oriente – inclusa l’invasione dell’Iraq nel 2003 – e il rovesciamento di governi indesiderati in paesi di tutto il mondo. .
Suo fratello Frederick Kagan è considerato uno degli architetti intellettuali della suddetta aggressione americana contro l’Iraq, e la moglie di Frederick, Kimberly Kagan – cognata di Victoria Nuland – dirige l’American Institute for War Survey (ISW), che pubblica rapporti quotidiani ai cittadini di tutto l’Occidente, compresi i cittadini croati, sulla guerra in Ucraina.
In altre parole, le stesse strutture “falchi” della politica americana che hanno brutalmente calpestato il diritto internazionale con aggressioni contro Afghanistan, Iraq, Libia e Siria, e che hanno sostenuto il colpo di stato di Kiev nel 2014, hanno “bollito” la guerra di oggi che dura ormai da due anni.
Inoltre, tutto ciò sta accadendo all’interno della stessa potente famiglia politica americana, di cui Victoria Nuland era un membro esperto di media.
“Cauta speranza”
Abbiamo detto all’inizio che la partenza (pensione, dimissioni, licenziamento) di Victoria Nuland è stata uno shock inaspettato. Molti sono rimasti sorpresi, perché fino all’ultimo giorno è stata molto attiva nella “leadership dell’Ucraina”. Il proprietario e imprenditore di Tesla, ElonMusk, ha scritto il mese scorso sulla sua piattaforma X che “nessuno sta spingendo questa guerra più duramente di Nuland”.
Un mese fa Nuland ha visitato Kiev di persona, chiedendo al presidente Volodymyr Zelenskyj di non licenziare il comandante in capo militare ucraino Valery Zaluzhny, che aveva chiesto la mobilitazione di mezzo milione di giovani ucraini. Ma l’intervento della Nuland non ha avuto successo: Zelenski ha esonerato comunque Zalužní. È stato questo il primo segno della caduta di un potente politico considerato il più grande falco della politica estera americana?
Alla fine di febbraio ha rilasciato alla CNN la sua ultima intervista importante del suo mandato, nella quale abbiamo potuto constatare che continua a mantenere la sua retorica bellicosa, affermando che dobbiamo “stringere il cappio attorno a Putin”. La storia ha scherzato su queste affermazioni, perché pochi giorni dopo si è scoperto che il cappio attorno alla Nuland si stava stringendo.
In Russia non hanno nascosto la loro soddisfazione per la caduta politica della “signora Maidan”. La portavoce del ministero degli Esteri russo Marija Zaharova ha attribuito la sua partenza al “fallimento della leadership anti-russa dell’amministrazione Biden”.
– La russofobia, proposta da Victoria Nuland come concetto principale della politica estera americana, trascina i democratici verso il basso come una roccia – ha affermato Zaharova citata dal New York Times.
Analisti indipendenti esprimono la cauta speranza che la partenza del più grande russofobo dalla politica americana possa significare che qualcosa di positivo sta accadendo a Washington, nel senso che una direzione politica più costruttiva nei confronti di Mosca potrebbe essere in fase di preparazione. È quindi necessario ridurre la russofobia ed eliminare i principali russofobi. Questa speranza è molto fragile, ma non ne abbiamo altre.
————————-
Traduzione da croato, Olga Handjal
Fonte foto: Analisi Difesa (da Google)