La notizia è ampiamente circolata: in Gran Bretagna, la classificazione di “Mary Poppins” è passata da “film per tutti” a “film per minori di 12 anni ma solo se accompagnati da una persona adulta”. L’organismo preposto, il British Board of Film Classification (Bbfc), ha dunque stabilito che “Mary Poppins” non è più un film adatto ai bambini. Il motivo? L’asserito “linguaggio discriminatorio” del film, in particolare nell’uso del termine “ottentotti”, che viene pronunciato due volte dall’ammiraglio Bloom, veterano della Marina convinto di essere ancora al comando di una nave, riferendolo agli spazzacamini neri in volto a causa della fuliggine. Ancora all’epoca della produzione della storica pellicola, il termine era riferito alle popolazioni nomadi dell’Africa meridionale dedite alla pastorizia. In origine, il nomignolo fu loro affibbiato dai coloni olandesi con il probabile significato di “balbuziente”.
La notizia della censura imposta dal Bbfc non meriterebbe, di per sé, particolari commenti, se non fosse che si inscrive perfettamente in un umore generale e si trova ormai in compagnia di molte altre notizie simili: interventi censori e richieste di riscrittura di classici che vengono avanzate sotto l’ombrello ideologico del politicamente corretto. Si tratta di una ideologia alla quale dobbiamo fare la tara e allora non sarà operazione vana l’avvio di un ragionamento che, occasionato da una notizia qualunque, investa tuttavia il piano complessivo.
Cosa rivelano, allora, questo a altri simili interventi tesi alla rimozione? In primo luogo c’è alla base un vero zelo moralistico teso ad edulcorare la realtà nei confronti del bambino, che si vorrebbe in tal modo “proteggere”. Ma da cosa, in effetti, se non dagli aspetti conflittuali e processuali della realtà? È quanto accade tutte le volte che si pretende di riscrivere o rimuovere. Il politicamente corretto ha in sé la pretesa di dare direttamente la versione che si ritiene giusta (ma non manca un’ottima dose di ipocrisia…). Sennonché ad essere inibita in questo modo è proprio la comprensione, perché vengono rimossi gli elementi di contesto indispensabili per costruire una interpretazione unitaria. Viene eliminata la presenza tangibile del riferimento, che tuttavia è necessario proprio perché possa avvenire un processo autonomo di interiorizzazione. Si potrebbe ancora obiettare che la Bbcf non ha vietato il film ai bambini se la visione avviene alla presenza di un adulto. Rimane, però, la tendenza alla rimozione che si presenta come protezione. È su questo piano che il ragionamento deve essere esteso.
Si procede a occultare la processualità storica e dinamica, dalla quale soltanto può scaturire la comprensione. L’errore, qualunque cosa si voglia intendere con errore, deve essere lasciato dove sta perché ci si possa misurare con esso; e vanno lasciati al loro posto tutti gli elementi di contesto. La rimozione, dunque, è funzionale alla scelta di non favorire la comprensione .
In questo clima culturale plasmato dal politicamente corretto non manca nemmeno un aspetto schizofrenico. L’epoca del politicamente corretto è difatti anche quella del capitalismo digitale. I due elementi sono del resto in stretta relazione, visto che il politicamente corretto è una delle appendici ideologiche del capitalismo digitale egemone, che realizza forme di inedite di alienazione, di mercificazione dell’umano, di atomizzazione nelle relazioni e di crescenti solitudini che investono sempre più profondamente anche i bambini.
Così, mentre si esercita il moralismo della censura per “proteggere” i bambini, gli adulti a loro volta sempre più distratti e iper-frammentati nel nuovo ordine digitale non sanno fare di meglio che lasciarli soli in balìa di uno smartphone. La contraddizione è anche spicciola, considerando che l’esercizio del controllo genitoriale è infinitamente più difficile sui dispositivi mobili che sulla televisione.
Stiamo dando alle nuove generazioni un misto devastante di moralismo, illusioni e abbandono.
La schizofrenia per altro è almeno doppia, visto che il politicamente corretto pervade quello stesso occidente tecno-finanziario, razzista non soltanto nel passato, ma anche nel presente. Proprio mentre si profonde grande zelo nell’accomodare il linguaggio per non risultare discriminanti verso nessuno, si soffia secondo il momento e la bisogna sul vento feroce e ottuso dell’islamofobia e della russofobia, si affida la difesa dell’occidente ai nazisti del battaglione Azov, si guarda con sostanziale indifferenza alla pulizia etnica del popolo palestinese.
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