“Se non hai i soldi non hai neanche l’amore”. E’ la frase pronunciata esplicitamente da uno dei coprotagonisti dell’ultimo film di Wim Wenders, “Perfect days” che ho visto proprio ieri.
Il film, per la verità a mio parere troppo lento e pesante (Wenders non è mai stato nelle mie corde..) contiene sicuramente degli spunti molto interessanti di riflessione, anche se per lo più nascosti fra le pieghe, sia di ordine esistenziale che sociologico. L’amore, la morte, la malattia, le ferite di diverso genere che la vita ci infligge, le relazioni familiari e umane, la solitudine, la condizione sociale di molti.
Nel caso dell’episodio in oggetto, il messaggio è invece reso evidente. Un ragazzo che lavora come addetto alle pulizie nei bagni di Tokio – così come il protagonista che ha un passato avvolto nel mistero – pronuncia questa frase scandendola in modo forte e chiaro e nello stesso tempo disperato. Nel contesto di un film dove tutto è sempre molto soffuso, dove ogni parola è centellinata e i toni sono sempre estremamente pacati, non può essere casuale.
Insomma “homo sine pecunia, imago castitatis”, sembra dirci Wenders, senza però approfondire la questione anche perché il film comincia ad affrontare altri aspetti, come dicevo, di natura psicologica ed esistenziale, comunque interessanti e non separabili dal contesto sociale. E infatti è ambientato in Giappone, un paese dove la solitudine, insieme a ritmi sfrenati di lavoro, di incomunicabilità sociale e umana, miete, metaforicamente e non solo, molte vittime.
Da appassionato di cinema non lo consiglierei perché, come ripeto, ho altri gusti cinematografici. Ma non c’è dubbio che i temi affrontati siano assolutamente fondati e soprattutto più che mai attuali.
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