L’innalzamento dei tassi di interessi può essere spiegato con alcuni testi di critica marxista dell’economia che tuttavia resterebbero ostiche per molti lettori, per questa semplice ragione, anche a costo di essere schematici, proviamo a sintetizzare poche argomentazioni per andare oltre a quella nozione del potere assoluto della finanza sull’economia divenuta un luogo comune che non fa comprendere una realtà sempre più complessa e articolata
- la politica monetaria con i tassi di interesse ai minimi storici è servita in una fase economica antecedente alla Guerra Globale intrapresa dagli Usa
- le banche si sono riprese i loro spazi dopo gli anni pandemici recuperando la reddittività di tutte le funzioni di intermediazione rispetto alle imprese e alle famiglie
- sempre il sistema finanziario guarda con crescente interesse alla crisi di alcuni paesi come l’Argentina per promuovere politiche neo liberiste quali privatizzazioni, pagamenti in valuta estera, acquisizioni di aziende pubbliche, prestiti. I laboratori neo liberisti tra gli anni settanta ed ottanta nel corso del tempo si sono trasformati in terreno di caccia per le multinazionali oltre a un banco di prova per soluzioni autoritarie anti democratiche con il restringimento degli spazi di agibilità democratica e sindacale e processi involutivi della stessa democrazia borghese. Particolarmente interessante è il connubio tra populismo reazionario e liberismo economico.
- aumentando i tassi di interesse cresce l’efficienza della allocazione del capitale e spiana le porte alla progressiva, e talvolta lenta e intricata, uscita dal mercato delle imprese a minore reddittività per favorire nuovi processi di centralizzazione dei capitali.
- la ripresa dell’inflazione, pur contenuta, non è scaturita dal conflitto del lavoro contro il capitale, i salari restano infatti ancorati ad un insufficiente potere di acquisto ma piuttosto da processi speculativi attorno alle materie prime, in primis quelle energetiche e alimentari ad esempio con meccanismi finanziari sempre più complessi, e oscuri al grande pubblico
- Detto in altri termini i prezzi vengono determinati dalle speculazioni finanziarie e dagli andamenti dei titoli in Borsa che subiscono pressioni tali da determinare continue oscillazioni dei prezzi
- la disponibilità di credito negli anni pandemici ha fatto lievitare i prezzi, le imprese, con la complicità degli stati e degli organismi finanziari che non sono mai super partes, hanno aumentato i prezzi per conservare i margini di profitto e così facendo hanno provocato quella spirale inflattiva acuita dall’embargo alla Russia per la fornitura di gas e petrolio
- siamo quindi in presenza di una inflazione non determinata dall’aumento dei salari ma dalla crescita dei prezzi e dalla conservazione o aumento dei margini di profitto. Per essere chiari dobbiamo ridurre ai minimi termini la definizione dei fenomeni inflattivi: inflazione da costi (è il nostro caso) avviene quando, davanti all’aumento dei costi di produzione e delle materie prime le imprese aumentano i prezzi per salvaguardare i profitti. Poi c’è la inflazione da profitti che si ha quando le aziende decidono il rialzo dei prezzi solo per accrescere i profitti e infine la inflazione da potere di mercato in presenza di un regime da monopolio che nei fatti impedisce la concorrenza
- sulla inflazione da profitti rimandiamo ad un articolo de Il Sole 24 ore (Inflazione, perché il rialzo dei prezzi dipende più dai profitti che dai salari – Il Sole 24 ORE) della primavera scorsa ove veniva detto che il picco d’inflazione del 2022 è in larga misura attribuibile alla crescita dei margini di profitto delle imprese …..In termini meno tecnici, sembra che le imprese abbiano aumentato i prezzi più di quanto sarebbe stato giustificato dall’aumento dei costi, mentre la dinamica dei salari è stata moderata
- in questo contesto i salari hanno perso potere di acquisto anche quando i prezzi risultavano invariati
il capitale finanziario specula sul prezzo delle materie prime a tutela dei margini di profitto ricorrendo alla dinamica inflattiva che rappresenta un affare per le Banche centrali aumentando i tassi di interesse e rafforzando il potere effettivo della Finanza, una dinamica che non raggiunge mai livelli tali da determinare la crisi economica globale per favorire invece il processo di concentrazione dei capitali, la crescita dei ricavi e la reddittività delle stesse Banche. Queste ultime hanno poi diversificato il loro portafogli di titoli con un business concentrato in alcuni settori strategici. Questa analisi, approssimativa, ci permette anche di comprendere la svolta green della Ue che cerca di concentrare i propri capitali in alcuni settori e con sinergie tra imprese concorrenziali (ad esempio quelle produttrici di armi e di tecnologie avanzate.
Fonte foto: Domus Europa (da Google)