L’omicidio, da parte dell’ex fidanzato, di Giulia Cecchettin come era facile ipotizzare ha finito con alimentare la solita narrazione che prende di mira l’imputato “ uomo bianco, eterosessuale ed occidentale”.
La sorella della vittima, Elena Cecchettin, ha inviato una lettera ad un giornale locale chiedendo che l’assassino della sorella non venga considerato un<< mostro>> perché << un mostro è un’eccezione”, mentre l’omicidio della sorella è l’ovvio prodotto di un contesto sociale e culturale che fa del patriarcato e della cultura dello stupro la sua intima essenza. Da qui la colpevolizzazione dell’intero genere maschile.
Secondo questa ricostruzione non siamo in presenza di una fattispecie criminale consumata da un singolo ma di fronte ad un gesto criminale collettivo. Per cui ogni uomo, secondo questa logica, deve sentirsi colpevole.
I media hanno immediatamente dato risalto a tali dichiarazioni sorvolando sull’azione criminale in sé preferendo assecondare le dichiarazioni della sorella della vittima le quali diventano la notizia oscurando l’atto criminale in sé.
Il punto è che l’idea della società patriarcale e della cultura dello stupro fa acqua da tutte le parti. La società contemporanea post moderna, liquida, fluida e precaria è esattamente il contrario della società patriarcale. Un tale modello sociale ed economico è legato ad uno specifico sistema di produzione; oggi il sistema liberalcapitalista non ha bisogno del patriarcato, anzi come sistema di relazioni sociali esso è una esternalità rispetto al libero funzionamento del mercato.
Il patriarcato è un sistema rigido che pone limiti e obblighi secondo una precisa gerarchia per cui è altra cosa rispetto all’individualismo e al conseguente relativismo etico dominante con la conseguente perdita del senso dell’esistenza e dei limiti presenti in esso. E’ possibile affermare che la società patriarcale è fondamentalmente verticale, mentre il sistema sociale contemporaneo è orizzontale. Pertanto attribuire un atto criminale come questo al patriarcato significa alimentare il nichilismo che pervade la società attuale contribuendo alla eliminazione di quel senso del limite del quale invece la Società avrebbe bisogno. Senso del limite da non intendersi come ritorno al patriarcato ma accettazione di valori condivisi che pongano al centro l’Uomo come valore assoluto non mercificabile.
Quanto espresso dalla sorella della vittima è parte integrante del pensiero femminista e di una parte del pensiero per così dire progressista che ritiene il patriarcato e la cultura dello stupro essere ancora dominanti ignorando come invece siano l’individualismo e il superamento dell’idea del limite le categorie comportamentali che pervadono la società contemporanea. Individualismo e superamento del limite sono l’ideologia del sistema produttivo liberalcapitalista il quale sta costruendo, attraverso un sapiente sistema di credenze, esseri umani asessuati, privi di identità, flessibili, fluidi e precari.
Il patriarcato e la cultura dello stupro, citando Engels che si rifà a Bachofen, traggono origine dalla nascita della proprietà privata. Da allora ad oggi il sistema produttivo è cambiato e molto. Oggi la famiglia, non essendo più l’unità produttiva e riproduttiva che ha bisogno del padre di famiglia proprietario dei fattori di produzione – tra questi in primo luogo moglie e figli – ha segnato la fine dello stesso patriarcato. Il richiamo al patriarcato si presenta come un residuo ideologico utile a quel pensiero progressista che lo utilizza per alimentare se stesso. Purtroppo il pensiero progressista è incapace di comprendere le contraddizioni presenti nel sistema perché esso stesso ha contribuito a produrlo fino al punto di esserne parte integrante.
Come dicevo siamo in presenza del tentativo mediatico di colpevolizzare il solito uomo bianco, eterosessuale ed occidentale e questo nonostante il sistema patriarcale, nell’attuale contesto, sia appannaggio delle società legate ad un sistema produttivo nel quale la famiglia patriarcale ne è ancora il fondamento. Tanto per essere chiaro fino in fondo penso alle società africane e ad alcune asiatiche dove la produzione di manodopera a basso costo è ancora fondamentale ai fini del mantenimento di sistemi economici arretrati che richiedono un forte impiego di forza lavoro. Sistemi sociali ed economici che si caratterizzano per un numero elevato di figli, con un tasso di fecondità che si aggira sui quattro e passa figli nati vivi, e per una netta divisione del lavoro con i maschi occupati in attività lavorative extrafamiliari e le donne impegnate nella cura della famiglia e nel lavoro riproduttivo.
Dire a chiare lettere che siamo in presenza di un atto criminale è fin troppo ovvio e soprattutto poco utile alla produzione di una notizia ad elevato valore aggiunto da vendere sul mercato della comunicazione. Il sistema produttivo contemporaneo ha bisogno di ridurre l’insieme delle relazioni a semplice rapporto di scambio privo di vincoli di ordine etico, per cui la fine di una relazione diventa un dramma se a quella relazione è stato attribuito un qualcosa di diverso dal semplice rapporto di scambio. La destrutturazione di una agenzia di socializzazione come la famiglia ha fatto si che l’individuo diventasse sempre più debole di fronte alle difficoltà che dovrà affrontare nel corso della propria esistenza. Venuta meno la famiglia si pensa di surrogarla con nuove materie scolastiche come l’educazione all’affettività; al solo pensiero rabbrividisco. Proposte come queste mi fanno venire in mente la società dispotica descritta da Huxley ne ” Il mondo nuovo”. Da una parte si tende a destrutturare la famiglia come agenzia di socializzazione primaria in grado di educare i figli e dall’altra si vuole imporre, utilizzando strumenti didattico–educativi, un modello di relazione svincolato dal contesto di prossimità rappresentato dalla famiglia. L’idea che ispira una tale impostazione è quella individualista e mercatista che crea ulteriori condizioni per la destrutturazione totale della società e quindi degli obblighi che ognuno di noi ha verso di essa.
In conclusione l’attuale sistema produttivo non ha bisogno del sistema patriarcale, ha bisogno di individui flessibili, fluidi e disposti ad accettare l’ idea della precarietà esistenziale come sinonimo della libertà. La narrazione nichilista fa si che l’ individuo lasciato solo si aggrappi a qualunque cosa per cui la fine di una relazione finisce con il diventare un dramma insuperabile soprattutto per chi non ha assorbito completamente la logica dello scambio, del do ut des. L’attuale società liquida e destrutturata ha bisogno di dighe, ossia di un pensiero forte. L’ educazione all’ affettività è roba di una banalità unica da non potersi sentire perché punta ad accettare la logica delle relazioni tra individui come semplice rapporto di scambio. Detto in modo diverso come semplice consumo.
Per le ragioni su esposte non mi sento affatto colpevole per un atto criminale e trovo vergognose le dichiarazioni che si sono succedute da parte di opinionisti e personaggi dello spettacolo, dichiarazioni che sono da ascrivere al sistema di scambio proprio di una società ridotta a mercato.
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