Tra omissione e lectio magistralis di una sinistra che non legge da tempo i fatti mediorientali.
Mentre scriviamo non è ancora dato sapere se l’esercito israeliano entrerà nella striscia di Gaza dispiegando il suo potenziale militare per un attacco di terra.
La situazione è drammatica, e già intravediamo un’autentica catastrofe umanitaria. Sotto i bombardamenti israeliani vi sono oltre un milione di palestinesi, a Gaza comincia a scarseggiare l’acqua, gli ospedali sono collegati da generatori a benzina ma il carburante è in via di esaurimento, non c’è luce e gas, a metà di ottobre sono quasi 600mila gli sfollati, e difficilmente l’Egitto permetterà alla popolazione palestinese in fuga da Gaza di entrare nel paese, visto che una massiccia presenza di profughi sarebbe economicamente insostenibile senza gli aiuti dell’Unione Europea.
Numerose sono le voci discordanti in Israele, anche se lo stato di guerra dichiarato dal governo ha sospeso i diritti democratici, rinviato le elezioni politiche, e la stessa stampa viene condannata al silenzio chiedendole di supportare l’escalation militare contro Gaza.
In settimana una risoluzione bipartisan del Senato ha chiesto all’amministrazione Biden di congelare i 6 miliardi di dollari di beni iraniani attualmente detenuti in Qatar, paese che i repubblicani accusano di finanziare Hamas.
Dopo i repubblicani, anche gran parte dei democratici chiede di congelare i fondi iraniani presenti nei paesi del Golfo e la guerra economica e finanziaria è parte attiva della strategia USA e di Israele.
Negli USA, la Fondazione Wexner ha annunciato la volontà di interrompere i rapporti con l’Università di Harvard accusandola di non avere sufficientemente condannato l’attacco di Hamas a Israele. Altre università sono a loro volta nell’occhio del ciclone e i finanziatori privati chiedono loro di scendere in campo a fianco di Israele se vogliono conservare sovvenzioni e sponsorizzazioni.
Sempre negli USA numerosi giornali di area liberal hanno accusato intellettuali critici verso la politica Israeliana di aperta ostilità verso l’ebraismo. Molte università stanno pagando la loro autonomia con il boicottaggio e i tagli dei finanziamenti.
Quanto accade negli USA è emblematico di come il grande capitale internazionale, che sovente controlla anche la stampa mainstream, stia orchestrando campagne vergognose e boicottaggi atti a normalizzare il mondo accademico schierandolo acriticamente a fianco di Israele.
In Italia prosegue imperterrita la campagna di militarizzazione delle scuole e dell’università e il ministro Valditara, ingerendosi in competenze dalla magistratura, ha invocato il codice penale per studenti e studentesse che hanno intrapreso iniziative a sostegno del popolo e della resistenza palestinese.
In Inghilterra si parla da giorni di nuovo pogrom degli ebrei dimenticando i quasi seiemila morti civili palestinesi, numerosi anziani e bambini, sotto le bombe israeliane. Il primo ministro britannico Sunak afferma sulla stampa che “Israele deve difendersi in linea con il diritto umanitario internazionale”, salvo poi non ammettere che la risposta di guerra totale di Israele mira all’annientamento non solo di Hamas ma dell’intera comunità palestinese.
Questi i fatti, in buona parte documentati anche dal giornale israeliano “Haaretz” nel suo sito online tradotto anche in lingua italiana.
In Italia la campagna filoisraeliana è sempre più forte e per quanto i sondaggi siano da prendere con beneficio di inventario, essi confermano un’opinione pubblica pilotata verso la tacita accettazione delle politiche del ministro Netanyahu che fino a un mese fa era contestato nelle piazze del paese.
La solidarietà attiva della sinistra verso le istanze palestinesi è entrata in crisi da anni. Anche settori antagonisti da tempo privilegiano il sostegno ai curdi nella difficoltà di comprendere e aggiornare quanto accade nel Medio Oriente. Molte osservazioni a sinistra finiscono con l’anteporre una lettura vecchia del conflitto all’analisi oggettiva dei fatti attuali, per esempio la crisi irreversibile dell’autorità nazionale palestinese e dei settori laici della società è anche frutto di errori politici, di avere pensato che una soluzione politica fosse possibile in accordo con gli organismi internazionali in virtù dei quali fosse anche possibile la nascita di un’entità statale palestinese.
In questi anni i soli progetti sociali, l’apertura di scuole e ambulatori, sono avvenuti per iniziativa dei gruppi islamici con un’indiscutibile affermata e diffusa egemonia politica, sociale e culturale.
Tale incomprensione della realtà è suggerita da schemi ideologici ormai superati ma anche dall’incapacità di leggere i fatti, come nel caso degli accordi di Abramo che hanno come protagonisti Israele, Emirati Arabi, Bahrein, e con l’estensione degli stessi all’Arabia Saudita che fine a poche settimane or sono sembrava imminente.
Parliamo di accordi commerciali noti da tempo e anche finalizzati a costruire la nuova Mappa del Medio Oriente nella quale non c’è spazio per un’entità statale palestinese. I paesi sopra menzionati sono nevralgici per il controllo dei colli di bottiglia di Hormuz e Suez e la sicurezza marittima garantita è un biglietto da visita indispensabile per i traffici occidentali e per elevare questi Stati a interlocutori credibili e da sostenere. Dal 2022 Emirati Arabi e Israele partecipano al Quad dell’Asia Occidentale con India e Stati Uniti, un accordo costruito a tutela degli interessi energetici, infrastrutturali, commerciali e per la sicurezza alimentare, una porta aperta anche per il controllo dell’Africa beneficiando dell’adesione agli accordi di Marocco e Sudan.
E non sia mai che in Occidente ci si chieda cosa stia accadendo in questi paesi. Sono patners strategici affidabili e questo basta a tutela degli interessi supremi, quelli capitalistici, con l’accordo sul libero scambio che ha posto fine alla quasi totalità delle tariffe doganali sui beni commerciali, con la nascita di società e joint-venture tra Israele e Emirati Arabi, esportazioni di greggio a basso costo, investimenti degli Emirati nei porti israeliani non prima di averli privatizzati in fretta e furia. E non ci soffermeremo, solo per mancanza di spazio, sugli accordi militari tra Israele e questi paesi.
Tra le voci critiche all’operato di Israele quelle del Partito comunista di quel paese. Secondo il deputato Ofer Cassif (Hadash), “l’orribile omicidio di massa commesso da Hamas nel Sud di Israele non deve diventare una cinica scusa per la pulizia etnica. La distruzione di Gaza non riporterà indietro le vittime, ma cancellerà la loro memoria in fiumi di sangue di civili innocenti. L’esultanza per il massacro di Gaza e gli appelli alla sua cancellazione e distruzione, che equivalgono a un genocidio, sono cinicamente promossi dallo stesso governo che nei suoi fallimenti ha portato al terribile massacro nel Sud di Israele. Allo stesso tempo, le milizie dei coloni sotto la protezione dell’IDF stanno massacrando i palestinesi in Cisgiordania e facendo avanzare l’accaparramento delle terre e la pulizia etnica senza ritegno, proseguendo verso il prossimo massacro e pogrom”.
“Qualsiasi danno a civili innocenti – in Israele, a Gaza o in Cisgiordania – è un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità. La pace è sicurezza e scegliere la vita è un valore supremo che dovrebbe guidare ogni governo e ogni persona di coscienza”.
Quella coscienza invece sopita nei media italiani e alquanto addormentata anche nel variegato mondo della sinistra del nostro paese, parte della quale quando non esprime posizioni sioniste finisce con l’impartire consigli al popolo palestinese pensando di saperne di più di quanti vivono da anni sotto le bombe, tra violenze arbitrarie dei coloni, requisizioni di terre, arresti di massa attraverso il fermo amministrativo in quella prigione a cielo aperto chiamata Gaza.
Parafrasando Marx, non è la coscienza degli uomini a determinare la loro condizione sociale ma piuttosto la loro condizione sociale a determinarne la coscienza. Guardare il mondo dal salotto di casa indossando comode pantofole è lo sport preferito di tanti comunisti che assomigliano a quel cuoco immaginario che non sapeva accendere i fuochi ed era incapace di riconoscere gli ingredienti giusti. Accade sulle questioni internazionali ma anche in politica interna specie nel mondo sindacale, un vizio atavico quello di guardare il mondo dal piedistallo per nascondere la propria estraneità dai conflitti. In politica estera non mancano gli osservatori della Palestina fermi al 1982 o le anime candide della sinistra laica che preferiscono anteporre certezze occidentali e testi sacri marxisti citati a sproposito alla lettura oggettiva della realtà odierna nella quale, piaccia o non piaccia, l’islamismo è egemone tanto tra gli intellettuali quanto nelle classi popolari. E la giustificazione non potrà essere quella di addebitarne la colpa ai soldi del Quatar o alla religione oppio dei popoli. Qualche riflessione su come sia stato utilizzato il flusso di denaro cinese, europeo e russo da parte dell’ANP dovrebbe pur balenare nella testa dei salottieri marxisteggianti italiani.