Sollecitato da tempo da diversi amici e amiche che conoscono la mia criticità sulle questioni di genere rispetto al mainstream dominante, mi sono lasciato convincere a vedere il film “Barbie”.
Ho pregato un mio amico di accompagnarmi perché avevo bisogno che qualcun altro condividesse con me quelle che ero sicuro sarebbero state due ore di profondo fastidio e disagio. Per convincerlo ad accompagnarmi mi sono offerto di pagargli il biglietto. E ho fatto bene perché altrimenti mi sarebbe venuto il senso di colpa per avergli fatto spendere dei soldi oltre ad avergli rovinato la serata.
Il film è incommentabile. Non vale neanche la pena entrare nel merito della “trama”. Provate solo ad immaginare un cinegiornale di propaganda dell’epoca fascista con tutta la sua retorica, i suoi stereotipi e i suoi luoghi comuni, moltiplicateli per mille – che dico, diecimila – e trasportate tutto ciò in una sorta di soap opera in salsa rosa femminista hollywoodiana. Una specie di fiaba (femminista) – sostanzialmente la narrazione femminista che ben conosciamo perché ci viene proposta quotidianamente H24 da almeno quarant’anni a questa parte – che si realizza in tutta la sua interezza. Il mondo reale è il paradiso per gli uomini e l’inferno per le donne. Ma quando le donne prendono coscienza e conquistano pacificamente (ovviamente, la violenza è maschile…) il potere, il mondo può diventare (quasi) un paradiso per tutti e per tutte (anche se un po’ più per le seconde). Lascio naturalmente alla vostra fantasia immaginare in che modo vengono descritti gli uomini in questa specie di deiezione cinematografica.
A circa trenta minuti dalla fine ci siamo dati un’occhiata e senza bisogno di dire una parola siamo usciti dal cinema. Del resto non aveva alcun senso farsi del male fino alla fine. Dico solo che in un contesto relativamente sano un simile stucchevole e peraltro noiosissimo filmetto(filmaccio?…) verrebbe tolto dalle sale dopo un giorno. E invece sta sbancando al botteghino. Questo è il mondo in cui siamo. Non credo però che gli incassi siano direttamente proporzionali all’adesione ideologica al film. E’stato fatta molta pubblicità a questa pellicola e tanta gente è andata a vederla per curiosità. Voglio almeno crederci.
Ad alimentare questa speranza un gruppo di giovani donne sulla trentina sedute proprio dietro a me e al mio amico. Erano almeno sette/otto e sono uscite subito dopo di noi dalla sala. Quando ci siamo alzati, una di loro, rivolgendosi ad un’amica che le sedeva accanto, ha pronunciato le testuali parole:” Aò, me sa che me ne vado pure io come loro”.
Sarà perché il nostro gesto gli ha dato coraggio, oppure semplicemente perché schifate come noi, dopo due minuti sono uscite tutte dal cinema, mentre stavo ancora slegando la catena dal motorino, in tempo per commentare insieme lo scempio appena visto.
C’è ancora speranza. Non tutto è perduto.
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