Gli sperticati omaggi e genuflessioni in morte del cavalier Berlusconi hanno destato la ribellione degli spiriti “sinistri”. Per la verità pochissimi hanno correttamente descritto quali effetti ha avuto il ventennio berlusconiano (di fatto la sua influenza dopo il 2012 è stata decisamente minore) come rientrante nel generale processo di affermazione dell’ondata neoliberista in Italia.
A questo bisogna aggiungere alcune caratteristiche dell’uomo che hanno reso questa cosa più specifica di altre, più “arci-italiana” e molto meno di respiro transnazionale. Il cavaliere è stato sempre visto con sospetto dall’élite mondiale dominante: un fenomeno troppo particolare per rientrare nel loro club esclusivo di chi si crede, bontà sua, decisore dei destini del mondo. Ma il discrimine è tutto nella sua specificità: lui faceva i suoi interessi, loro quelli della loro classe in generale.
Altro discorso meriterebbe tutta la questione giudiziaria di cui il bunga-bunga rappresenta solo il prodotto escrementizio e irrilevante di fronte alle oscure origini delle sue fortune, in primo luogo edilizie e non mediatiche, legate anche ai contatti con ambienti della criminalità organizzata. Sono questi i motivi che dovrebbero essere posti come fondamento critico della concessione, troppo leggera, del lutto nazionale.
Ma il cavaliere, secondo il femminismo “sinistro” della “Società Italiana delle Storiche”: “ha legittimato… la reificazione e la mercificazione delle donne e dei corpi femminili…esaltando la maschilità patriarcale…contribuendo a rallentare il percorso verso una società più paritaria” e inoltre, non poteva mancare, “come storiche di professione… come femministe attente ai diritti connessi alla sfera del genere… sensibili al rispetto delle identità di genere e degli orientamenti sessuali”, che a dire il vero sembra una sorta di disclaimer: guardate che non siamo donne contrarie al non-binario, queer, non siamo TERF, ma che con il caso del cavaliere non c’entra nulla.
Ma davvero Berlusconi ha esaltato la “maschilità patriarcale”: cosa ne pensano le decine di donne che lui ha messo in posizione di potere, qua e là, a cui ha concesso di essere le dominus del sistema mediatico: un caso per tutti Maria de Filippi. Ma le Gelmini, le Renzulli, le Bernini, le Carfagna, le Prestigiacomo, e via così, l’elenco è molto lungo. Ha davvero rallentato il percorso verso una società più paritaria? La (pessima) legge Gelmini è oggi il fondamento del sistema universitario nazionale di cui queste stesse (ingrate) storiche hanno probabilmente beneficiato. La legge Carfagna sullo stalking è stata la prima di una serie di leggi che hanno affrontato il problema della violenza anche psicologica sulle persone e di cui hanno usufruito moltissime donne. Bisogna anche ricordare l’epoca d’oro di Italia1 e lo sdoganamento della pornografia nella persona di Moana Pozzi, certo “mercificazione”, ma anche “liberazione” (sulla pornografia il femminismo è notoriamente diviso).
Una delle sue ultime compagne, Francesca Pascale, ha affermato di studiare da leader LGBT+ ed è unita civilmente con una donna. Simbolica è stata anche la mano nella mano di Marta Fascina con Marina Berlusconi al funerale, due donne a cui il cavaliere ha affidato importanti compiti politici e aziendali (tardivamente la cosa è stata notata anche da Concita De Gregorio). In tempi non sospetti Mario Perniola, illuminato docente di estetica, scrisse un libricino “Berlusconi o il 68 realizzato” (2011), si legge nella sinossi: Berlusconi (ha realizzato) tutti gli obiettivi da cui il Sessantotto fu pervaso: fine del lavoro e della famiglia, distruzione dell’università, deregolamentazione della sessualità, discredito delle competenze mediche, ostilità nei confronti delle istituzioni giudiziarie, vitalismo giovanilistico, trionfo della comunicazione massmediatica e oblio della storia, con buona pace del “patriarkato”.
Fonte foto: Adnkronos (da Google)