Dapprima fu la pura agiografia mediatica. Salito al soglio pontificio ormai dieci anni fa, nel marzo del 2013, papa Francesco fu da subito oggetto dei più sperticati elogi da parte della stampa nostrana. Per molti anni, per la verità, qualunque sua affermazione, anche la più semplice da pronunciare, è bastata a far scattare incontenibili ovazioni, è stata trasformata in un tripudio, ha suscitato uniformi cori di entusiasmo. Ogni apertura era l’annuncio di una imminente rivoluzione!
Poi, un giorno, tutto è cambiato.
Lo spartiacque è preciso, chiaro, inequivocabile: la guerra in Ucraina.
All’avvio, il 24 febbraio 2022, dell’ultima fase del conflitto in corso, iniziato nel 2014 e le cui cause remote risalgono almeno al 1990, papa Francesco ha da subito difeso le ragioni della complessità. Noncurante della martellante propaganda di guerra, ha preso una posizione netta, affermando che “la Nato ha abbaiato alle porte della Russia” (3 maggio 2022, intervista rilasciata al Corriere della Sera). Si tratta, per altro, di una posizione che risulta netta nel contesto della russofobia dilagante, ma la lettura offerta da papa Francesco, molto più semplicemente, è del tutto rispondente al vero.
Stavolta, però, non è di certo partita la claque, anzi, gli entusiasti di prima si sono girati dall’altra parte in segno di riprovazione. Dopo tante rivoluzioni superficialmente attribuite a papa Francesco, di fronte alla posizione più rivoluzionaria del suo pontificato, o almeno di gran lunga la più scomoda, gli hanno riservato solo biasimo e silenzio.
Proseguendo coerentemente sulla stessa linea dettata dal papa, la diplomazia vaticana ha proposto una piattaforma per trattative di pace che prevedessero la partecipazione di rappresentanti della Russia, dell’Ucraina, degli Stati Uniti e dell’Ue. Poiché al tavolo delle trattative siedono i belligeranti, la proposta conseguiva immediatamente dalla lettura del conflitto in corso qualificandola come antagonista rispetto alla favoletta propagandistica dell’aggressore e dell’aggredito.
Papa Francesco si è, in una parola, messo in urto con la propaganda unipolare ultra-atlantista occidentale, semplicemente in nome di una versione veritiera degli accadimenti, delle loro cause e delle responsabilità.
La proposta è stata ovviamente ignorata. Non solo, ma in occasione della visita a Roma di Zelensky dello scorso 13 maggio abbiamo assistito alla messa all’angolo e all’umiliazione di colui che è il più verace e attivo attore di pace. Così le foto istituzionali ci riconsegnano l’immagine di papa Francesco attorniato dal presidente ucraino e dal suo manipolo di energumeni, mentre le massime autorità politiche e istituzionali italiane si sono prostrate senza provare imbarazzo a Zelesnky e al suo simbolo nazistoide cucito sulla maglia militare.
Tornando alla serva stampa, quale è stato l’effetto delle posizioni di papa Francesco sulla guerra in Ucraina? Semplice, abbiamo assistito a una vera e propria inversione a U. Il papa che per otto anni del suo pontificato aveva suscitato incontrollate ola a prescindere, viene ora, con la stessa disinvoltura, attaccato per ragioni puramente strumentali.
L’ultimo esempio lo abbiamo avuto proprio in occasione della recente visita di Zelensky. Contro papa Francesco il mainstream digitale ha lanciato una campagna per dipingerlo come disempatico verso i cagnolini, con tanto di foto di musetti strappalacrime, proprio alla vigilia della visita del banderista in mimetica. Pazzesco ma il livello è questo. Si vuole denigrare il suo impegno per la pace. L’argomento del cagnolino offeso utilizzato per scatenare la tempesta di fango contro papa Francesco è al tempo stesso futile e rivelatore. In effetti, esprime compiutamente la perfetta saldatura raggiunta tra il progressismo politicamente corretto e la nobilitazione delle pulsioni di guerra. L’ipersensibilità verso gli animali domestici è un vero cliché liberale da scambiare con l’interiorizzazione della guerra come catarsi, come lavacro di sangue purificatore in difesa dei sacri valori dell’occidente.
Notevole davvero, su tutti, il percorso di Repubblica, passata da giornale laico, a cassa di risonanza di papa Francesco, e infine a veicolo della propaganda di guerra ultra-atlantista.
Ecco il livello della serva stampa e della politica nella sub-colonia Italia: da sempre solerti quando si tratta di garantire alla Chiesa privilegi, esenzioni e prebende, si sono riorientate in modo repentino. E il brusco cambio di rotta ha una ragione semplice e una sola: sono state richiamate ai loro compiti da un potere più forte, che ha sede a Washington e le sue succursali in Europa.
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