Il 26 aprile a Roma si è tenuto il bilaterale Italia-Ucraina, circa mille imprenditori italiani e ucraini discuteranno della ricostruzione in Ucraina. Sarà presente il governo italiano e vi sarà un collegamento col Presidente dell’Ucraina.
Da notare la strana coincidenza della data: il 25 aprile si è uniti nel nome della Resistenza alla guerra e si inneggia alla pace, il 26 aprile si conferma e ribadisce che la guerra è il mezzo con cui giungere alla pace. Il bispensiero orwelliano è tra di noi.
Ancora una volta la verità è dinanzi a noi, ma l’abitudine a rimuoverla per semplicismo o carsica complicità prevale sui dati che permettono di comprendere la verità del nostro tempo storico. Lo spirito del tempo è l’integralismo del valore di scambio e del plusvalore.
I popoli muoiono in guerra, le rovine fumano, ma già ci si spartisce la ricostruzione. La verità della guerra è un immenso affare: si finanzia la guerra con le armi per poi ricostruire. Si parla di nuovo piano Marshall dimenticandosi che esso fu il mezzo con cui gli Stati Uniti colonizzarono parte dell’Europa che perse la sua sovranità politica e culturale.
Nel programma degli imprenditori la ricostruzione non riguarda solo le aree direttamente coinvolte nel conflitto, ma anche le zone da modernizzare. L’affare si allarga a macchia d’olio, si ribadiscono le giuste ed etiche ragioni del conflitto e si presenta la ricostruzione come un servizio al popolo ucraino. Nel frattempo la guerra con i suoi esiti incerti prosegue, le vittime da ambo i lati continuano a crescere ed il pericolo atomico si fa sempre più minaccioso. L’Italia che ha conosciuto le devastazioni della guerra e ha improntato la Costituzione sulla pace tace, ma al suo posto prendono l’iniziativa con la benedizione governativa le imprese.
L’intera Costituzione italiana è un inno alla pace, in ogni articolo è riaffermato in modo diretto o indiretto il valore della pace da tradurre nel quotidiano e nelle controversie internazionali, invece guerra ed affari dominano la nostra politica nel silenzio generale. Nessuna iniziativa diplomatica per fermare la guerra, ma l’Italia ribadisce la volontà di sostenere con le armi l’Ucraina e nel contempo prepara gli affari. Tutti il 26 aprile hanno dimenticato che la Costituzione con i suoi valori è il frutto di un processo di condanna della guerra. Nessun partito o corpo medio pone la questione in termini etici e politici. La Ragion cinica prevale su tutto, vi è il timore che altri possano togliere l’opportunità imprenditoriale ali italiani, per cui si cerca di arrivare per primi. La coalizione che sostiene l’Ucraina al suo interno mostra di essere divisa, o meglio ciascuna nazione risponde all’imperativo del capitale, ovvero la competizione negli affari sopra ogni cosa, per cui bisogna arrivare prima delle altre nazioni. Gli imprenditori non sono la nazione, ma ne hanno il controllo e le politiche sono curvate sui loro interessi, pertanto si schierano intorno al governo. L’interesse del popolo ucraino non è la ricostruzione ma la pace e l’indipendenza. Con la ricostruzione si può immaginare che l’Ucraina sarà nei fatti colonizzata con il consenso della sua classe dirigente.
Una nazione democratica e un’Europa libera dovrebbero favorire con ogni mezzo la pace, invece prevalgono gli interessi degli imprenditori, mentre l’Ucraina brucia. La guerra non è interesse del popolo italiano, il quale continua ad emigrare e ad essere precarizzato, mentre si aprono le frontiere per gli affari nei paesi in guerra.
Fonte foto: MISE (da Google)