L’uccellino birichino mi dice che forse, fra qualche tempo, anche l’Arabia Saudita sarà bollata come “stato canaglia”. Non che non lo sia, anzi, se c’è uno stato che merita di essere definito tale, questo è proprio l’Arabia Saudita. Il punto è che fino a ieri era un alleato di ferro strategico per gli USA, e quindi si chiudevano tutti gli occhi fino a diventare ciechi. Ora che si è riavvicinato all’Iran, grazie alla mediazione della Cina, lo spartito ideologico-mediatico – se non ci saranno novità – sarà destinato a mutare. Del resto è risaputo che l’oro può diventare letame e viceversa in un nano secondo, in base alle diverse circostanze.
Le avvisaglie, per la verità, c’erano da tempo. Biden ha cercato di ricucire lo strappo dopo che Mohamed Bin Salman, il principe saudita, era stato accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista saudita dissidente Khashoggi. Ma questo è un “particolare” del tutto secondario se non irrilevante ai fini delle scelte geopolitiche e strategiche, dettate da interessi economici e commerciali. La questione vera è che l’Arabia Saudita, come tanti altri stati, ha capito che lo scenario geopolitico mondiale sta mutando e quindi non vuole schiacciarsi sugli USA e la NATO, da qui il riavvicinamento con lo storico nemico iraniano ma anche, necessariamente, alla Cina e alla Russia che dell’Iran sono alleati. Anche in questi termini va letta la decisione saudita di abbandonare il “Credit Suisse” al suo destino, ritirando i propri capitali anzitempo.
Naturalmente lo strappo non è definitivo e, come altri paesi come ad esempio il Brasile e l’India, l’Arabia saudita è ancora in parte nell’orbita americana, però non c’è dubbio che quanto avvenuto sia di fondamentale importanza nell’ambito dello scacchiere mediorientale. Gli USA rischiano concretamente di perdere un alleato strategico nel quadrante mediorientale.
Anche altri paesi stanno facendo gli stessi passi dei sauditi, alcuni addirittura impensabili fino a ieri. Il Ciad, ad esempio, non certo una grande potenza, per usare un eufemismo, ha deciso di estromettere la Exxon, cioè la più grande multinazionale petrolifera americana, dal paese. Dove e come avrà trovato la forza di farlo? Facile intuirlo. Vedremo quale sarà la risposta degli USA che certo non si fanno buttare fuori come se nulla fosse, a meno che la situazione non sia già compromessa…
Circa quaranta stati africani hanno partecipato alla conferenza “Russia-Africa” organizzata a Mosca, con la Cina sullo sfondo. E neanche questo è casuale. Molti paesi, fra cui tanti nell’orbita americana, hanno capito che il vento sta cambiando e mostrano di non avere più intenzione di essere dei meri satelliti degli USA. Questi ultimi stanno facendo di tutto per serrare i ranghi dell’impero. Il paradosso, ma forse neanche tanto, è che ci sono riusciti alla grande con l’Unione Europea, anche grazie alla guerra in fra Russia e Ucraina, ma non con tanti paesi del terzo mondo.
Ovviamente la situazione è ancora fluida ed è evidente che gli Stati Uniti, anche in questa occasione, cercheranno di riportare i sauditi nella loro sfera di influenza. Non a caso non abbiamo ancora visto reazioni veementi da parte di Washington e neanche dei media occidentali. Del resto per gli USA la possibile perdita tout court dell’Arabia saudita comporterebbe problemi non da poco nella ridefinizione di un equilibrio a loro non sfavorevole nell’area mediorientale.
Difficile dire quali saranno le prossime mosse e le conseguenze di questo avvicinamento saudita-iraniano ma non c’è dubbio che se dovesse rivelarsi strategico, come credo, gli equilibri in Medioriente potrebbero mutare profondamente. Tutto ciò sta a dimostrare che il peso e l’influenza nel mondo della Cina, vera deus ex machina di questa operazione, è ormai un dato di fatto. La prossima grande controversia sarà su Taiwan, strategica sia per la Cina che per gli USA. Ma questo sarà oggetto di un altro articolo.
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