Le elezioni regionali in Lazio e in Lombardia se fossero valutate con il quorum dei referendum sarebbero nulle. A Roma ha votato il 33%, in media i votanti si agirano intorno al 40%. Numeri che inquietano e dimostrano che la democrazia si avvia ad essere solo forma senza sostanza. Le urne sono rimaste vuote, i cittadini non votano, rifuggono le elezioni e la partecipazione.
Non è difficile comprenderne il motivo, le ragioni degli astenuti le viviamo tutti quotidianamente. Siamo invisibili, noi cittadini non siamo riconosciuti come tali, ma siamo giudicati e considerati semplici sudditi dalle oligarchie globali e locali. Essere invisibili significa aver maturato un senso di rabbiosa impotenza.
Siamo in guerra, la Costituzione che “ripudia” la guerra è offesa e stracciata, eppure la si magnifica pagando con i soldi dei cittadini chi voleva partecipare al suo cambiamento (Benigni). Le contraddizioni sono dinanzi a noi, gli invisibili sono esseri pensanti. Sanno di non contare nulla e di non essere riconosciuti come cittadini, per cui si sottraggono al baro delle elezioni, in cui programmi e partiti sono interscambiabili.
Gli invisibili con l’astensione formalizzano una rottura reciproca: i cittadini non riconoscono l’autorevolezza delle istituzioni e delle sue pratiche, in quanto rappresentate da una classe dirigente mediamente mediocre, a voler essere mugnifici.
La classe politica è ormai serva fedele degli Stati Uniti e Bruxelles, pertanto i politici ricevono il mandato dai cittadini, ma i loro referenti sono le oligarchie. Il taglio è ormai avvenuto.
La rabbia impotente degli invisibili non è la fine della democrazia, ma può essere l’incipit per una democrazia in cui la forma e la sostanza non siano scisse. La grande difficoltà nel restaurare la ”democrazia reale” consiste nel trascendere il senso di smarrimento e sfiducia divenuto maggioritario e che rafforza le oligarchie. Il disimpegno atomistico conseguente al senso di pubblica impotenza, di cui è preda il popolo al momento consolida la democrazia formale e l’oligarchica attuale.
A tale dramma dobbiamo reagire uscendo dalle nostre solitudini, riallacciando relazioni di senso ed impegnandoci per la collettività. Nei modi e nelle possibilità di ciascuno è possibile liberarci dal senso di invisibilità di cui siamo preda. Dal basso bisogna ricostruire la comunità politica, che non c’è, mediante la partecipazione. All’astensionismo comprensibile e razionale dobbiamo opporre più democrazia e partecipazione in modo da riconquistare la fiducia che in questi decenni di corruzione e decadenza ci è stata sottratta.
Gli invisibili possono cambiare la loro realtà storica, se divengono consapevoli della loro forza politica ed etica. Sottrarre ai cittadini la fiducia in se stessi e nelle relazioni politiche è il male tra di noi, il nuovo totalitarismo da vincere inocula il virus dell’indifferenza e del narcisismo con cui azzerare le relazioni politiche senza le quali nessuna civiltà degna di questo nome può sopravvivere.
Fonte foto: Giap (da Google)